Digital Divide? Africa, volontariato, project management e gioia

Avere una classe dirigente che abbia visione sistemica, che sappia organizzare e gestire secondo modelli propri ma strutturati è fondamentale. Queste le motivazioni macro del progetto che Isf ha sviluppato in Congo, accanto alle quali però esistono quelle “più umane” di desiderio e soddisfazione nell’aiutare chi ha bisogno. anche con l’informatica!

Pubblicato il 15 Mar 2010

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Nel luglio 2009 Marco, Lorenzo e Felice, tre volontari di Informatici Senza Frontiere, sono andati nella Repubblica Democratica del Congo a Masi Manimba per installare il laboratorio di informatica Giovanni Paolo II del Dipartimento di Formazione Inter – Universitario.
Questa la notizia. Per molti di noi passerebbe inosservata, normale, quasi insignificante. In tutte le università ci sono laboratori di informatica, ogni studente passa fin troppo tempo in Internet. Non ci sono problematiche tecniche nell’installare una laboratorio di informatica. Un po’ di cavi di rete, qualche Pc e una connessione ad Internet.

Ma in realtà non è così. Non è così per gli studenti che fino ad allora non avevano avuto accesso a un computer e tantomeno a Internet. Non è così per le problematiche tecniche incontrate. Non è così per noi che ci siamo stati. Questo il motivo che ci spinge a descrivere il progetto e a ritenere che sia un racconto interessante fatto di persone, di incontri, di problematiche tecniche, di momenti di sconforto e gioia.
Il progetto è nato da circa due anni. Antonio Campanaro è nel Congo, a Kimbau, presso l’ospedale dove lavora Chiara Castellani (missionaria laica di cui invitiamo a leggere la biografia su wikipedia) per installare una parabola satellitare per conto dell’Alleanza degli Ospedali Italiani nel mondo. Con questa parabola è possibile effettuare consulti e refertazioni a distanza con i principali ospedali italiani. Durante questo viaggio entra in contatto con suor Joselyne Muke, suora passionista congolese e preside dell’Università di Masi Manimba con 1500 studenti. Suor Joselyne propone ad Antonio di realizzare il laboratorio: un impianto fotovoltaico per la generazione di corrente elettrica, una parabola di connessione satellitare a Internet, 30 Pc collegati in rete con videoproiettore e stampante.

Antonio accetta e comincia a cercare finanziatori per raccogliere i fondi necessari e contatta Isf per avere supporto. Grazie a vari finanziatori (fra cui l’acqua minerale Sant’Anna) Antonio trova 30.000 Euro. Isf trova, grazie ad una donazione della azienda farmaceutica Roche, 30 Pc portatili usati ma in buono stato e grazie a Unieuro e Sharp un videoproiettore, una stampante e altro materiale. Parte così la prima fase del progetto, svolta a Torino: rigenerare i Pc. Viene scelto Ubuntu (sistema operativo libero e gratuito basato su Gnu/Linux) in una distribuzione in francese (lingua parlata in Congo) e vengono caricati i software necessari all’office automation e alla comunicazione. Antonio parte all’inizio di luglio con l’obiettivo di reperire in loco il materiale necessario per l’impianto fotovoltaico. Il 23 luglio partiamo anche noi: nei bagagli 50 metri di cavi di rete, inverter per il fotovoltaico, un videoproiettore, dei mouse e una stampante. I bagagli vengono smarriti. Attesa di un giorno a Kinshasa, la capitale del Congo. Il 25 volo interno e viaggio in fuoristrada. Arriviamo e troviamo l’impianto elettrico del convento dove dovevamo dormire fuori uso. Un fulmine l’aveva fatto saltare la settimana precedente.
Passiamo una giornata a ripristinare l’impianto elettrico. Ed alla fine torna la luce. Gli interruttori, per noi così scontati, tornano a funzionare… Le lanterne a petrolio per ora tornano nel magazzino. Il 26 finalmente iniziamo a lavorare. Montiamo la parabola satellitare di ricezione e comunicazione per il collegamento a Internet. Scopriamo che l’azienda fornitrice aveva inviato una parabola con un palo su cui installarla da 3 pollici anziché da 2 pollici e mezzo: palo inutilizzabile. Piccolo disguido, una lieve carenza di qualità qui in Italia, ma un grave problema in Congo. Come fare? Forse a 200 Km qualcuno ha un palo che potrebbe andare. Partono per andarlo a prendere.

Libertà di accedere alla conoscenza!
Finalmente arriva un palo ma è da 2 pollici, occorre inspessirlo saldando in vari punti delle “toppe” di ferro. Un altro giorno di lavoro, ma alla fine riusciamo a montare la parabola sul palo.
Colleghiamo il router e un improvviso picco di corrente lo fa saltare. Questo è un single point of failure. Occorre un altro router; fortunatamente possiamo andare a prenderlo presso un ospedale dove era inutilizzato per la rottura di un altro componente. Un altro giorno passa.
Finalmente il 29 luglio iniziamo la ricerca del segnale satellitare. Obiettivo: trovare un satellite di una decina di metri a 36.000 Km di distanza muovendo a mano la parabola sia orizzontalmente sia verticalmente. Dopo due giorni e altre vicissitudini finalmente troviamo il segnale e parte la prima mail. Siamo connessi! È difficile descrivere la sensazione di libertà che abbiamo provato. Libertà di accedere alla conoscenza, di poter comunicare. Di essere in un luogo sperduto ma ora più vicino.
Il Pc e Internet sono una fonte, come un rubinetto dell’acqua, come un interruttore della corrente. Ormai per noi ci sono. Sono scontati. Ma non è così. Senza un pc collegato a Internet, non si può accedere a corsi online, non si può accedere a wikipedia, non si può accedere a giornali online, non si può comprare online, non si può mandare una mail né fare una chiamata over Ip a qualcuno lontano. Non si può…
La Repubblica Democratica del Congo è una grande nazione, ampia quasi come un quarto dell’Europa. La sua foresta è il secondo polmone di ossigeno del mondo dopo l’Amazzonia. Il fiume Congo che costeggia la capitale arriva ad essere largo 16 km. Ci sono minerali preziosissimi: tantalio, diamanti. Ma non si sa quanti siano gli abitanti, non si sa quanti siano i poliziotti della capitale, non esiste un servizio postale.

Continuare il sogno
La formazione è una delle priorità. Avere una classe dirigente che abbia visione sistemica, che sappia organizzare e gestire secondo modelli propri ma strutturati è fondamentale. Queste le motivazioni macro che ci rendono contenti, che ci fanno sentire l’utilità di questo progetto e che ci spingono a non abbandonarlo, a pensare a periodici viaggi di manutenzione e di supporto alla formazione e che ci fanno sognare di replicare questo progetto anche a Kenge, altra università vicino all’ospedale di Kimbau.
E poi ci sono gli incontri: i professori, con la loro voglia di fare; le suore che quotidianamente ci cucinano cibi italiani per cercare di farci sentire un po’ a casa; le persone comuni, povere e dignitose capaci di fare collette per i più bisognosi, gli studenti che stanno scrivendo la tesi. Persone, presenze, assenze, essenzialità, occhi che notano cose che non siamo più abituati a notare, sensazione di essere utili, di un informatica realmente al servizio dell’uomo. Ecco cosa ci siamo portati a casa.

Se questo progetto vi sembra interessante, contattateci a:
info@informaticisenzafrontiere.org.

C’è spazio di collaborazione per aziende e per persone. Per chi ha computer in buono stato da smaltire, per chi ha del tempo da dedicare, per chi ha possibilità e cuore per finanziare, per chi vuole finanziare un progetto anziché fare doni materiali, per chi, semplicemente, vuole mettersi un po’ in gioco.

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