Guardare a un mondo in trasformazione

Adp porta il paradigma social all’interno dei sistemi Hr, realizzando da un lato partnership con i principali network già sul mercato per integrare le informazioni e dall’altro creare, per alcune aree di collaborazione, modelli proprietari che emulano i social, facendosi carico delle problematiche di sicurezza e compatibilità.

Pubblicato il 28 Giu 2013

Nell’indicare come le imprese possano trarre benefici dall’onda social all’interno della gestione delle risorse umane, Nicola Uva, Business development director di Adp, premette la necessità di integrazione con le aree di innovazione che l’azienda sta sviluppando. Si parla di cloud, in particolare di personal cloud, rivolto al singolo dipendente, di un cloud rivolto all’azienda che includa una logica di processo; di logica big data, capace di integrare le informazioni di cui l’Hr già dispone con la dimensione social; di mobile, che consente l’utilizzo in mobilità degli applicativi da parte del singolo dipendente; di anagrafica unica per tutti i sistemi (System of record) in grado di interagire con i sistemi esterni, social network compresi.
Per mettere a punto una soluzione che arricchisca la gestione Hr con questa dimensione, Adp ha seguito due percorsi: analizzare come l’azienda possa trarre beneficio dai social network già diffusi; emulare alcuni meccanismi tipici di questi per portarli all’interno dei sistemi Hr.
Nel primo caso si sono analizzate le funzionalità dei principali social network, a partire da LinkedIn, il più diffuso a livello professionale. “Spesso le aziende non conoscono o non utilizzano le informazioni sulle esperienze e le conoscenze del dipendente prima del suo ingresso in azienda – porta ad esempio Uva – Ma per farlo basta sincronizzare le informazioni con il curriculum LinkedIn”.

Nicola Uva, Business Development Director di Apd

Il secondo percorso parte dall’idea che la logica social aiuti a integrare la “vera” struttura organizzativa con quella “ufficiale” statica, quella degli organigrammi. “Quest’ultima è disegnata a tavolino, mentre quella vera, che di fatto opera, è un’organizzazione liquida – dice Uva – È importante per l’azienda conoscerla e tenerne traccia, andando così a raccogliere e mettere insieme le persone su un argomento o un progetto, creando team virtuali che operano insieme per un certo progetto e poi si disperdono”. Per farlo in modo efficace servono strumenti che mettano l’azienda in grado di guidare un processo di organizzazione parallelo, che in ogni caso esiste, anziché subirlo.
Si tratta di un’esigenza destinata a crescere nel tempo con significativi impatti sull’organizzazione, visto che, secondo le previsioni internazionali che ci ricorda Uva, il numero dei lavoratori remoti aumenterà dall’attuale 15% al 40-50% in 10 anni e crescerà anche il numero dei lavoratori non subordinati, non solo per necessità ma spesso per scelta, dall’attuale 20% al 40-60% nei prossimi 20. Il paradigma social sembra il più adatto per gestire questa evoluzione, che vedrà sempre più l’interazione fra persone distanti non solo geograficamente ma anche come lingua, cultura, rapporto di lavoro. Un ulteriore driver sarà l’arrivo in azienda dei nativi digitali, che si aspettano di poter usare anche nell’ambito lavorativo gli strumenti di comunicazione e collaborazione a cui sono abituati nella vita personale.
“Anche in Italia c’è interesse per queste soluzioni sia da parte dell’It, che le guarda però con preoccupazione per le problematiche di sicurezza e compatibilità, sia da parte dell’Hr che già ha accettato gli strumenti di collaborazione sui portali”, conclude Uva.

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