Hr: affrancarsi dall’operatività quotidiana

Contributo all’innovazione richiesto dai vertici aziendali e comportamento della funzione Hr, priorità IT per una gestione più efficace delle risorse umane: per capire qual è l’orientamento delle aziende italiane, abbiamo interpellato alcuni operatori IT specializzati nell’area human resources.

Pubblicato il 19 Nov 2012

Il recente Osservatorio ‘Hr Innovation Practice del Politecnico di Milano mette in luce diverse tendenze interessanti in atto nella funzione Risorse Umane delle aziende italiane. In primo luogo il contrasto tra le richieste di contributo all’innovazione del business provenienti dal vertice aziendale e l’effettivo orientamento di questa funzione, in gran parte dei casi ancora concentrato su attività amministrative e operative; in secondo luogo, le priorità d’investimento in It del direttore Hr, che si focalizzano nelle aree performance management, formazione e skill management, Hr Business Intelligence (peraltro usata in modo parziale e solo su dati di costo), amministrazione, comunicazione interna e workforce management. Aspetti che abbiamo voluto approfondire con aziende che operano nell’It per l’area Hr: Adp, Data Management Hrm, Engineering e Intesys.

Nicola Uva, Business Development Director di Adp

“Se la direzione Hr non riesce a contribuire all’innovazione perché oberata dalla quotidianità amministrativa, è un problema per l’azienda – osserva Nicola Uva, Business Development Director di Adp -. Alcune l’hanno superato, altre no, e non è detto che le aziende grandi siano messe meglio: dipende dalla cultura aziendale, da chi guida l’area Hr e dalle scelte fatte in passato in questo dipartimento”. L’unico modo per liberare risorse e dedicarsi anche alle attività Hr più avanzate e al supporto al business, continua Uva, “è delegare almeno una parte delle incombenze amministrative a un outsourcer: una condizione necessaria, ma non sufficiente”. Esattamente sulla stessa linea il parere di Luca Maria Scanu, direttore generale di Data Management Hrm: “Anche secondo nostre ricerche, le direzioni Hr che riescono ad andare oltre la quotidianità operativa sono oggi una minoranza, il 22%: una leva importante in questi casi è l’outsourcing, che consente ai direttori Hr di sgravarsi di molte incombenze e riorientare persone e spazi su attività con più valore aggiunto”.

Outsourcing Hr, tra il dire e il fare…

Luca Maria Scanu, direttore generale di Data Management Hrm

Nella realtà italiana però l’outsourcing per ora resta limitato all’area paghe e contributi, o poco più. Uva di Adp infatti prima di tutto distingue Hr amministrativa e Hr gestionale, che comprende le attività più avanzate di sviluppo del personale: “Nel primo caso l’outsourcing è consolidato e può comprendere tutto il processo; nel secondo si sta diffondendo la tendenza a ricorrere al software-as-a-service per la soluzione It, mantenendo in casa il presidio del processo. Per i sistemi di Hr gestionale, il dipartimento Hr spesso non coinvolge l’It interno, e si rivolge a un fornitore esterno, e l’It in molti casi non si oppone, fatti salvi il rispetto degli standard di sicurezza e l’integrazione con il resto dell’It aziendale, perché l’Hr è vista come un’area molto specialistica e complessa da supportare”.

“I servizi più diffusi sono l’elaborazione della busta paga e delle presenze (circa 80%), mentre pochi si avvalgono delle funzioni evolute e pochissimi dell’outsourcing dell’intera area Hr (Bpo) – osserva Scanu -. In Europa la situazione è diversa: culturalmente c’è più propensione a scelte strategiche internazionali che si traducono in cessioni, acquisizioni e joint venture, e queste richiedono alla funzione Hr una velocità nel gestire i cambiamenti organizzativi e nell’adattarsi ai cambiamenti di organico, che solo il ricorso a servizi esterni può dare”.

L’evoluzione logica, continua il direttore generale di Data Management Hrm, “è che presto i direttori Hr dovranno pensare a un outsourcing di quarta generazione, che riguardi tutti i processi della loro funzione: recruitment, assunzione, cedolini, formazione, mappatura delle competenze, percorsi di carriera e naturalmente payroll e presenze. Sarà un passo obbligatorio, dovuto alle tendenze in atto dal posto fisso alla fedeltà, con stabilità solo per i lavori più operativi e un forte turn over per i restanti livelli”.

Talent management e business intelligence

Quanto alle priorità It in area Hr, “più che di singole soluzioni – sottolinea Uva – parlerei solo di talent management, che le comprende tutte: performance management, skill management, recruitment, formazione, pianificazione delle carriere sono tutte componenti interdipendenti della valorizzazione dei talenti”. Le aziende oggi non possono gestire nello stesso modo tutto il personale, continua il business development director di Adp Italia, e concentrano le attività Hr di sviluppo solo sui talenti. “Persino nella piccolissima azienda l’imprenditore valorizza le persone che ritiene più capaci, certo non con strumenti sofisticati basati sull’It ma in modo informale: il talent management basato sull’It non esiste praticamente nelle aziende sotto i 200 dipendenti, è poco diffuso (sotto il 10%) nelle aziende tra 200 e 500 dipendenti, anche se si intravede un trend che comincia proprio dal performance management, mentre oltre il 50% delle aziende sopra 500 dipendenti ha un processo strutturato e strumenti It a supporto”.

La conclusione del Politecnico di Milano sulla Hr Business Intelligence, da una parte definita come priorità, dall’altra usata in modo parziale, trova d’accordo tutti: “Oggi i report sono poco diffusi in area Hr e riguardano solo il costo del lavoro – riconosce Uva -: è un problema dovuto anche al fatto che all’It aziendale sono state indicate come prioritarie per la Bi altre aree, come vendite e logistica, per cui se la direzione Hr vuole strumenti di Hr Analytics sofisticati in breve tempo, per esempio per capire il rapporto tra risultati di business di una certa unità e gli skill che più hanno contribuito a tali risultati, deve rivolgersi all’esterno”.

“Il management Hr non ha ancora una visione completa e tempestiva della sua funzione – conferma Scanu -: la stessa gestione del budget dei costi, e in particolare dei costi del personale, in moltissime aziende è ancora basata su semplici fogli di calcolo, anche perché i dati chiave sono difficili da reperire e non sempre gli strumenti It sono adeguati. Da questa situazione si esce adottando un’applicazione software collocata ‘on top’ rispetto ai diversi sistemi gestionali, in grado di assumere in automatico i dati da questi, predisporre report e coordinare le strutture coinvolte nel processo di budget con funzioni di workflow”.

Largo alle piattaforme social

Passando alle tendenze più innovative che cominciano a emergere, “come ho detto, nell’Hr gestionale è già diffuso il SaaS per le sole soluzioni It, ma notiamo un interesse a esternalizzare attività o interi processi – spiega Uva -: l’offerta propone nuovi servizi, per esempio di fornitura di report e analytics periodici come servizi, o di interi processi, come quello di valutazione (performance management) che, se è delegato all’esterno, sgrava l’ufficio Hr di una notevole incombenza”. In ambito di comunicazione interna invece “si stanno diffondendo velocemente strumenti di social collaboration, riprendendo in parte idee da Facebook, Twitter, LinkedIn, per esempio instant messaging e gruppi d’interesse”. Un aspetto quest’ultimo confermato da Scanu: “Le tendenze in atto nelle aziende richiedono sistemi di People Centered Computing, che agevolino i percorsi decisionali: noi stiamo lavorando a un portale del dipendente che – oltre ai servizi amministrativi tipici oggi disponibili online in self-service – punta fortemente sulle caratteristiche collaborative dei social media, sempre però mirate a precisi obiettivi di business”.

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