Crescita, reattività, persone risultavano, da uno studio globale realizzato da Ibm nel 2004 [1], le tre priorità indicate dai Ceo. La terza priorità veniva però considerata come il principale impedimento per la realizzazione delle prime due. In uno studio realizzato nel 2005 [2], rivolto ai responsabili delle risorse umane (Chro) viene confermata la preoccupazione (dichiarata da più della metà degli intervistati) per l’inadeguatezza delle risorse umane a supportare gli obiettivi di crescita e di reattività indicate dai Ceo.
“Se i Ceo e i Chro ritengono che le persone e i talenti siano cruciali per la crescita e la capacità di reattività dell’azienda al mercato, non lo manifestano”, è una delle conclusioni preoccupate che emergono dall’analisi. Le organizzazioni infatti non solo non misurano nè premiano la leadership degli executive e delle funzioni Hr per i risultati nei programmi sui talenti, ma neppure misurano le persone rispetto a obiettivi, pure considerati strategici, come l’aumento di flessibilità, la capacità di reattività e l’orientamento alla crescita. Soltanto un terzo dei responsabili delle risorse umane intervistati ha ricevuto bonus legati alla crescita del personale chiave e meno di un terzo è stato valutato in base alla capacità di trattenere in azienda il personale esistente. Le metriche che i responsabili del personale mostrano più frequentemente al top management sono relative al numero di persone, alle attività di training e al turn-over, mentre meno della metà delle aziende misura l’efficacia delle iniziative e dei programmi relativi al capitale umano in termini di impatto sul business o ritorno sull’investimento.
Ma l’aspetto più grave è che il 60% dei Chro che operano nei mercati maturi non conoscono i talenti e le competenze presenti nella propria azienda. La conseguenza più immediata si verificherà, secondo gli analisti, quando andrà in pensione in blocco la generazione dei nati nel dopoguerra, che detengono oggi la maggiore esperienza e le principali competenze. Le aziende che operano in mercati maturi (Nordamerica, Europa, Giappone ed Australia) rischieranno dunque nei prossimi anni di perdere ulterioriormente competività nei confronti delle aree emergenti in quanto, non essendo in grado di individuare gli skill in uscita non potranno neppure pianificare la necessità di competenze nel prossimo futuro. I direttori del personale che operano in mercati in crescita ed emergenti, come le aziende dell’area Asia-Pacifico (Giappone escluso), hanno manifestato una maggiore flessibilità nella ricerca di nuovi addetti, in anticipo sulle esigenze di mercato, e dichiarato un’età media più bassa del personale. Eppure non mancano indicazioni in positivo che dovrebbero spingere a mettere in atto azioni adeguate: le aziende con l’80% o più dei dirigenti coinvolti in programmi di sviluppo del management vantano ad esempio redditività quasi tripla rispetto a realtà dove questa percentuale è inferiore al 60%.
Giunge dunque a proposito un’indagine svolta da Istud [3] che analizza quale contributo possa offrire l’Ict all’evoluzione della funzione Hr, attraverso l’esame della letteratuta internazionale, case history famose e interviste a specialisti della Funzione Risorse Umane di grandi aziende italiane e multinazionali operanti nei principali settori industriali. L’indagine conferma il ritardo (di circa due anni) delle realtà italiane rispetto a quelle europeee e nordamericane nell’introduzione delle nuove tecnologie in ambito Hr.
In termini di adozione di tecnologie e di strumenti, risulta generalmente presente una Intranet, sistemi di reclutamento online, formazione a distanza, mentre la massima diffusione di soluzioni di Ict è stata riscontrata nelle attività di Amministrazione del Personale. Il grado di adozione risulta, come ovvio, strettamente correlato alla cultura organizzativa di ogni singola azienda: le aziende più innovative sono più disponibili all’adozione di sistemi It avanzati, quantomeno per immagine. Nelle realtà più complesse ed articolate anche a livello internazionale la tecnologia viene vista come una necessità anche in termini di comunicazione, mentre nelle realtà meno complesse, abituate per tradizione o tipologia di attività a privilegiare il contatto diretto, l’uso di nuove tecnologie viene percepito spesso “troppo freddo”, sia per la comunicazione che per la gestione delle risorse umane.
La conclusione a cui giunge la ricerca è che l’introduzione della tecnologia può svolgere un duplice ruolo. Il più immediato è la capacità di generare maggiori efficienze nei processi amministrativi per liberare energie che consentono alla funzione Hr di dedicarsi ad attività a maggior valore aggiunto (di tipo strategico) e rispondere meglio alle richieste in forte evoluzione provenienti dai clienti interni, fornendo servizi personalizzati, grazie anche alle soluzioni Ict. Ma al tempo stesso l’introduzione della tecnologia può essere anche l’occasione per la funzione di riprogettarsi in modo più coerente con la richiesta di sostegno strategico proveniente dalla linea.
Le cinque principali sfide interne
Le metriche relative alle persone che l’ufficio HR riporta al business
Fonte: Ibm Business Consulting Services
[1] “IBM Global Ceo Study 2004”
[2] “IBM Global Human Capital”, Ibm Business Consulting Services
[3] “Nuove tecnologie (ICT) e nuove competenze per la funzione risorse umane: finalmente verso un ruolo strategico?”, ricerca di Istud