Attualità

Lavori del futuro, ecco le competenze digitali che servono alle aziende

Quali caratteristiche devono avere le nuove professioni digitali? Qual è la situazione attuale e come ci si deve organizzare per rispondere alle esigenze future? Alcuni spunti interessanti sono emersi nel contesto del progetto Professioni 2020 realizzato da Più-Professioni Intellettuali Unite

Pubblicato il 24 Gen 2019

Claudio-Antonelli

Il progetto Professioni 2020, Più-Professioni Intellettuali Unite (cui aderiscono numerose associazioni di categoria e che si pone l’obiettivo di creare le condizioni per una collaborazione di successo tra professionisti, imprese, istituzioni e società civile) si è focalizzato sulle nuove competenze digitali che caratterizzeranno i lavori del futuro.

“Il progetto Professioni 2020 si è svolto nel 2018 – ha raccontato Claudio Antonelli, presidente Più e presidente del Comitato Scientifico di Confassociazioni, in occasione dell’incontro organizzato per restituire i principali segnali colti sul mercato in merito alle competenze ICT (e non solo) necessarie per il prossimo futuro – e si è posto l’obiettivo di esaminare l’impatto sul lavoro professionale riconducibile alla trasformazione digitale in atto. Colgo l’occasione per sottolineare che il progetto non si è concluso, ma proseguirà per approfondire queste tematiche fondamentali per affrontare lo sviluppo delle nuove competenze”.

foto di claudio antonelli
Claudio Antonelli, presidente Più e presidente del Comitato Scientifico di Confassociazioni

Professioni 2020 consiste in un’indagine e un’analisi qualitativa relativa alle professioni del futuro e alla formazione necessaria per consolidare i processi di digitalizzazione nelle varie aree aziendali. Sono state svolte circa 50 interviste telefoniche e nei mesi scorsi si sono tenuti workshop di confronto tra gli addetti ai lavori (tra questi l’incontro che ha coinvolto Cio ed esperti IT proprio per approfondire le peculiarità relative all’area professionale IT).

“Abbiamo studiato il fenomeno nella sua situazione attuale – ha spiegato Antonelli – con un gruppo di lavoro multidisciplinare. E siamo in grado di riportare tutta una serie di indicazioni relative in particolare alle trasformazioni che stanno avvenendo in 4 aree professionali: oltre a quella ICT e digital, nel marketing, nella supply chain e procurement, nelle risorse umane”.

Quale rapporto tra uomo e macchina in futuro?

Entro il 2022 intelligenza artificiale e robot creeranno 133 milioni di posti di lavoro, a fronte dei 75 milioni che si andranno a perdere proprio a causa dell’utilizzo di queste nuove tecnologie. Sono dati dell’ultimo rapporto del World Economic Forum dal titolo “The future of job 2018” ai quali si aggiunge il fatto che mentre nel 2018, in media il 71% delle ore lavoro è stato svolto da umani e il 29% dalle macchine, entro i prossimi 4 anni la proporzione si assesterà su 58% – 42%.

“Non è detto – ha specificato a questo proposito Angelo Deiana, presidente Confassociazioni – che ci si riferisca ad attività di fascia bassa, direi tutt’altro. In alcuni grandi studi legali degli Stati Uniti, per esempio, il compito di verificare quali e quando si sono svolte cause simili tra loro è già affidato oggi a Ibm Watson; gli algoritmi sono e saranno sempre più protagonisti nel mondo del trading e così via”.

Foto di Angelo Deiana
Angelo Deiana, presidente Confassociazioni

Se le macchine saranno sempre più in grado di occuparsi di tutte le attività ripetitive che quotidianamente svolgiamo, non sono però ancora capaci di acquisire soft skill che caratterizzano le persone, quali le abilità di problem solving, la creatività, l’intelligenza emotiva, la capacità di negoziazione e così via.

Le competenze digitali necessarie per 4 aree aziendali

“La digitalizzazione è ancora in una fase emergente, in poche organizzazioni – secondo quanto emerso nel quadro di sintesi compiuto da Antonelli – hanno pianificato azioni organizzate orientate alla trasformazione aziendale nel suo complesso secondo una visione organica. Sicuramente siamo in una fase di discontinuità che sta facendo aumentare la consapevolezza della necessità di un cambiamento. E questo vale soprattutto per alcune funzioni e divisioni aziendali, ne abbiamo prese in considerazione 4”.

Foto di Andrea Provini
Andrea Provini, presidente di Aused-Associazione Utilizzatori sistemi e tecnologie dell’informazione
  1. Il fattore critico che sta spingendo le divisioni IT a innovare i propri processi è determinato dal time to market: in quest’epoca di forte competitività non ci si può permettere di arrivare tardi, servizi e progetti vanno realizzati in tempi brevi e devono garantire un veloce ritorno degli investimenti. “Sono però convinto – ha aggiunto Andrea Provini, presidente di Aused-Associazione Utilizzatori sistemi e tecnologie dell’informazione – che ci debba essere continuità rispetto al passato: le nuove nuove competenze che sempre più serviranno [data analyst, cyber security specialist, designer engineer, social media specialist, ndr] devono essere innestate nella realtà aziendale per evitare che si verifichi un gap tra aspettative e realtà”.
    Foto di Michele Anzivino
    Michele Anzivino, direttore della rivista Approvvigionare
  2. La digitalizzazione è necessaria per incrementare i risultati di business e creare valore per le aziende. Questo è particolarmente vero in ambito supply chain, un’area aziendale che per definizione riguarda tutta l’organizzazione e si interfaccia con il mercato. La sfida della digital innovation a tal proposito è quella di compiere una integrazione completa tra tutti i soggetti coinvolti, dal fornitore al cliente finale. “Grazie a software e applicazioni che consentono di gestire e monitorare tutti i flussi di scambio di dati – ha specificato Michele Anzivino, direttore della rivista Approvvigionare – diminuirà sempre più la necessità di figure che si occupano di data entry, contabilità, back office e segreteria ma, parallelamente, aumenterà l’esigenza di capacità di analisi di dati, di statistica, meccatronica, risk management, di controllo di filiera. Resteranno fondamentali soft skill che, tipicamente contraddistinguono le persone, ossia la flessibilità, le abilità relazionali e di problem solving…”.
    Foto di Antonio Margoni
    Antonio Margoni, founder & partner Media Consulting
  3. “Il calo degli investimenti pubblicitari sulla carta stampata e il contestuale aumento dell’advertising online – ha osservato Antonio Margoni, founder & partner Media Consulting – testimoniano la mutazione profonda che è avvenuta nel mondo del marketing e della comunicazione. Le evoluzioni tecnologiche che, nel tempo, hanno abilitato questa trasformazione sono state: la diminuzione del costo dello storage, il continuo aumentare della velocità delle Tlc,la sicurezza, i big data e così via”. A fronte di tutto ciò le competenze di cui questi settori hanno bisogno sono e saranno sempre più: dai content manager agli esperti SEO, dai social specialist eccetera.
    Foto di Renato Bisceglie
    Renato Bisceglie, vice presidente Più
  4. In un contesto aziendale sempre più veloce e imprevedibile da vari punti di vista, dal mondo delle risorse umane arrivano interessanti suggerimenti. “La tecnologia – ha specificato Renato Bisceglie, vice presidente Più – promuove e per certi versi impone nuovi modi di lavorare, ma anche diversi stili di leadership rispetto a quelli cui eravamo abituati. Lo smart working richiede di andare oltre le logiche di controllo e determina la necessità di lavorare per obiettivi”. “Se la trasformazione digitale – ha aggiunto Laura Torretta, consigliere AIDP Lombardia – Associazione Italiana Direzione del Personale – porterà a lavori del futuro diversi da quelli cui siamo abituati, allo stesso tempo, le organizzazioni devono essere sostenibili, ossia garantire occupazione e benessere al proprio interno” e ciò significa importanti sfide per le risorse umane: riqualificazione, formazione continua…
    Foto di Laura Torretta
    Laura Torretta, consigliere AIDP Lombardia

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