Non più “se”, ma “come”. Oggi lo si può dire anche dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, asset pervasivo in qualsiasi settore, nonostante le complessità etiche e regolamentari che porta con sé. Timori, polemiche e aspre critiche non le sbarrano la porta di alcun ecosistema economico che sia desideroso di competere e nemmeno le impediscono di influenzare fortemente il mondo del lavoro.
Più AI per tutti: un ingrediente pervasivo che può elevare la forza lavoro
La crescente efficienza che l’AI è in grado di assicurare nella maggior parte dei settori fa scaturire nuove domande. Le aziende si chiedono come è possibile utilizzarla ancora meglio, soprattutto in relazione con la forza lavoro. Il desiderio è quello di migliorare il rendimento e, allo stesso tempo, la soddisfazione e l’engagement dei propri migliori talenti. Non solo IT.
Le più comuni previsioni, in primis quelle di Glassdoor, prospettano la scomparsa di oltre 85 milioni di vecchi posti di lavoro e, al contempo, la creazione di 97 milioni di nuovi altri posti. Per “vecchi” si intende relativi a mansioni manuali e ripetitive, in cui il talento e le competenze di ogni singolo dipendente non vengono valorizzate come invece accade coi “nuovi”.
Questa previsione si dovrebbe avverare entro il 2025, in modo graduale ma non così lento da non far preoccupare fin da ora CIO, team IT e team HR. Sono ancora poche, infatti, le aziende pronte per affrontare questo cambiamento. Mancano i professionisti già in grado di costruire, alimentare e tenere vive le proprie attività tramite le tecnologie innovative e, in alcuni casi, non sono neppure in arrivo.
Per ora, infatti, materie come Data Science, Machine Learning, e Artificial Intelligence restano “riservate agli esperti”, mentre dovrebbero interessare tutti, anche se a differenti livelli.
Questo richiederebbe un cambio di mindset e di formazione che in Italia, secondo Glassdoor, non è ancora avvenuto. Anche il resto del mondo non ha fatto grandi passi avanti. Questo emerge dall’Equinix 2022 Global Tech Trends secondo cui la carenza di personale tecnologicamente preparato minaccia sempre di più le attività di business in tutto il mondo.
Le 10 professioni del presente che si affermeranno nel prossimo futuro
La centralità di AI/machine learning renderanno sempre più richieste competenze “rare” come l’analisi dei dati (21%), la data protection (21%), lo sviluppo di software di sicurezza (19%) e l’analisi della sicurezza (18%).
Stringendo il focus sull’Italia, dati Glassdoor alla mano, la società ProfessionAI ha realizzato la top ten delle professioni AI più ricercate e più remunerative dei prossimi anni. Alcune devono ancora farsi conoscere, ma esistono e si affermeranno sul mercato.
Un esempio è la prima in classifica, l’Artificial Intelligence Specialist (49.700 euro) che utilizza il machine learning non per estrarre informazioni dai dati come il Data Scientist, ma per creare automazione. Non ce ne sono nemmeno un migliaio, ma le richieste anche secondo LinkedIn, potrebbero aumentare a breve e di molto.
Al secondo posto c’è il Cyber Security Specialist (40.200 euro) per rispondere alle sfide sempre più complesse di security per cui servono attività di Penetration Testing e scienza forense. A completare il podio delle professioni tech del futuro il Machine Learning Engineer (37.400 euro), una sorta di data scientist, ma con un background più informatico e skill adatte alla produzione dei modelli.
Scorrendo verso il basso della classifica si trova il Big Data Developer (35.700 euro), che deve saper operare su ambienti distribuiti e conoscere piattaforme di cloud computing. Seguono il Data Scientist (35.000 euro), colui che sa prevedere il futuro, il Mobile Developer, (34.600 euro), il Data Engineer (34.000 euro) e il Data Analyst, il “pusher” di insight per le aziende. Chiudono la top ten due profili Dev: il Web Developer, non nuovo e già più comune (45.000 professionisti), e il Full Stack Developer.