La valorizzazione del personale impiegato non ha propriamente rappresentato nel passato un elemento distintivo della PA. Le cose sono oggi cambiate? Si è andato diffondendo anche nella PA il termine di “risorse umane”, ma si tratta solo di un cambiamento di denominazione, dietro il quale permangono vecchie concezioni, oppure il dipendenti pubblici stanno realmente diventando una “risorsa”?
È in sostanza a queste domande che cerca di rispondere il libro di Antonio Cocuzza “La riforma rivoluzionaria” (Franco Angeli, 2004, 20 euro). Proponendo un’analisi delle principali politiche di riforma delle pubbliche amministrazioni che, a partire dal 1990, si sono susseguite in Italia “alla luce dell’evoluzione del ruolo svolto dalla dirigenza nel governo dei profondi mutamenti che hanno caratterizzato questo importante periodo storico, attraverso l’attivazione dei processi di leadership nei gruppi professionali finalizzati a una maggiore valorizzazione delle risorse umane”.
Professore associato di Sociologia dei processi economici e del lavoro presso la Facoltà di Scienze Sociali dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti, Antonio Cocuzza insegna inoltre Comunicazione d’impresa e relazioni industriali presso la Facoltà di Scienze Politiche della Luiss Guido Carli e Sociologia del lavoro e delle organizzazioni presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Roma Tre. È anche coordinatore del Centro di ricerca sulla comunicazione e dell’Osservatorio sulla scuola dell’autonomia della Luiss Guido Carli, e ha pubblicato diversi saggi sul queste tematiche.
In questo libro, Cocuzza avvalora la propria indagine con l’analisi dei risultati della ricerca sul tema “Luoghi di vitalità dirigenziale”, realizzata nel corso del 2002, nell’ambito della più vasta indagine sulle “Riforme amministrative e ruolo unico del dirigente: mercato delle competenze e fattori di successo”, promossa dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e dal Dipartimento della funzione pubblica. Il testo prende in esame quelle realtà amministrative che in questi ultimi anni si sono maggiormente indirizzate verso l’innovazione strategica, organizzativa e gestionale definendo un “progetto mirato di mutamento” dell’insieme dell’amministrazione e ponendo l’accento sul fatto che la sfida attuale delle pubbliche amministrazioni non è più “se cambiare”, ma “come cambiare”.
In pratica il dirigente pubblico assume un ruolo fondamentale nella gestione efficace dei cambiamenti che danno luogo, a loro volta, a una mutamento politico e amministrativo, ma anche culturale, organizzativo, gestionale e relazionale. “Infatti, – precisa l’autore – per comprendere meglio la portata esplicativa del fenomeno è necessario passare dal concetto di cambiamento, inteso come variazione di tipo quantitativo, a quello di mutamento, che presuppone una variazione sistemica e qualitativa, a volte di evoluzione dello stesso paradigma interpretativo di riferimento”.In conclusione, come dichiara lo stesso autore: “Si può affermare che con l’introduzione nel nostro ordinamento amministrativo dei principi ispirati al decentramento, all’autonomia, alla sussidiarietà, si avvia una vera riforma rivoluzionaria, in quanto si creano le condizioni per poter passare da un modello di pubbliche amministrazioni di tipo burocratico e centralistico, ad un sistema pubblico decentrato e reticolare dove prende forma un nuovo modello organizzativo di tipo telocratico [dal greco telos, insieme di strumenti per il raggiungimento di un fine/obiettivo, ndr]”