A dicembre 2008 Micro Focus ha presentato in Europa i risultati di un’indagine, intitolata “Safeguarding the Corporate It Assets” gestita in collaborazione con la Business School internazionale Insead. La ricerca è nata a seguito di uno studio realizzato l’anno precedente insieme a Kpmg dal quale era emerso che all’interno dei report annuali delle aziende, nella maggior parte dei casi, non comparivano gli asset It aziendali.
Approfondendo quindi questo aspetto, Micro Focus ha effettuato circa 450 interviste tra Cio, Cfo e direttori Hr, nel Regno Unito, in Francia, Germania, Italia e negli Stati Uniti, confermando sostanzialmente i dati emersi dall’indagine precedente: meno della metà degli intervistati aveva provato a valutare gli asset It; il 60% di loro non conosceva il valore dei propri software (non tanto economico quanto la sua validità all’interno dell’organizzazione).
Analizzando meglio la situazione dal punto di vista degli skill, è emerso poi un dato che, secondo Micro Focus, dovrebbe preoccupare le aziende: molte organizzazioni stano focalizzando l’attenzione su skill orientati alle nuove tecnologie (soprattutto quelle del Web 2.0) a discapito di alcune professionalità da sempre considerate business-critical per l’evoluzione aziendale (come sviluppatori, sistemisti, ecc. capaci di operare nel “cuore” delle infrastrutture It).
Un dato interessante emerge però dalle interviste effettuate ai Cfo che hanno dichiarato (il 60%) come, in un momento di recessione come quello attuale, risulti maggiormente prioritario avere in azienda skill in grado di modernizzare i sistemi It esistenti piuttosto che disporre di esperti di elevato profilo focalizzati solo sulle nuove tecnologie.
“Nel 2007 Micro Focus aveva rilevato come l’It fosse un asset aziendale “dimenticato” – dice Stephen Kelly (nella foto), Ceo della società -. Il passo importante che devono fare oggi le organizzazioni di tutto il mondo, a nostro avviso, non è quello di concentrare tutta l’attenzione sulle ultimissime tecnologie, ma assicurarsi di avere al proprio interno le risorse necessarie a mantenere ed evolvere i propri sistemi informativi centrali. Trascurare di salvaguardare questi asset, equivale a produrre un danno al business, soprattutto oggi dove l’esigenza di “rivedere” i propri investimenti It si fa maggiormente sentire. Sappiamo tutti che le tecnologie Web 2.0 hanno un’enorme potenzialità per l’evoluzione di qualsiasi tipo di azienda, ma queste non devono andare a discapito della protezione e dell’evoluzione degli asset It esistenti”.
Figura 1: Tecnologie rilevate come business-critical all’interno delle organizzazioni: il grado più alto è, naturalmente, attribuito ai sistemi core
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Sistemi core a rischio
Come vengono valutati gli asset It delle aziende? I due terzi degli intervistati (circa il 60%) valuta i propri sistemi core e i data base come business-critical, contro il 38% circa che valuta come tali le applicazioni di nuova generazione (figura 1).
In Italia, il 47% degli interpellati ha sottolineato come risulti piuttosto critico trovare skill in grado di mantenere e salvaguardare gli asset software considerati core per lo sviluppo del business.
Eppure, nonostante il valore dei sistemi core sia riconosciuto a livello globale, Italia compresa, i direttori Hr del nostro Paese hanno dichiarato che i budget stanziati per il reclutamento di nuovi skill It sono quasi tutti utilizzati nella ricerca di competenze legate alle nuove tecnologie (tipicamente in ambito web 2.0, programmi basati su Java, social network, ecc). Più della metà degli intervistati (53%) ha dichiarato, infatti, che attualmente la richiesta di personale It è orientata su questo tipo di professionalità (solo il 37% ricerca competenze sui sistemi core intesi come applicazioni sviluppate “in house” o molto customizzate per le quali sono necessarie quindi competenze specifiche).
Figura 2: Livello di confidenza circa il reclutamento e il mantenimento in azienda degli skill It necessari a salvaguardare i sistemi core
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Trend confermato anche dai Cfo che, in generale, ritengono indispensabili i sistemi core aziendali specifici per le loro operations (i sistemi customizzati, per i Cfo, risultano più importanti, con un vosto medio di 4, in una scala da 0 a 5, delle applicazioni Erp il cui voto è 3,2). Ed è forse per questa ragione che solo il 13% dei Cfo a livello globale ritiene che all’interno delle proprie organizzazioni ci siano gli skill necessari a salvaguardare, per il futuro, i sistemi core esistenti (figura 2): ritenendo indispensabili i sistemi sui quali stanno già lavorando, con soddisfazione, ed essendo tali soluzioni sviluppate “ad hoc” per l’esercizio delle loro funzioni, temono che con il tempo diminuiscano, all’interno dello staff It, le persone in grado di mantenere tali sistemi e sui quali apportare migliorire e modifiche.
In aggiunta, solo il 13% dei Cfo italiani si dice soddisfatto del livello di investimento indirizzato ai sistemi core e ai database (più o meno in linea con il dato medio globale che si attesta all’11%).
Così come i direttori Hr, anche i Cfo, temono che la ricerca del personale dedicato all’It sia focalizzata più su competenze legate a tecnologie web 2.0 a discapito dei sistemi core già presenti in azienda. Il 40% dei Cfo italiani dichiara che la propria azienda, nella selezione di nuovi skill, tiene conto sia delle competenze It sia delle abilità di business (per comprendere e supportare le strategie aziendali) ma, entrando nello specifico delle tecnologie, si privilegiano persone con capacità in ambito web 2.0. Cosa che sembra non soddisfare i Cfo che, paradossalmente, a livello globale, sono proprio loro, come si diceva, a credere che gli investimenti debbano essere maggiormente indirizzati alla ricerca di professionalità in grado di ottimizzare le strutture esistenti e di modernizzarle (e questo è possibile proprio grazie alle nuove tecnologie).
Figura 3: Tipologia di skill ricercati nelle aziende: in UK, Usa e Germania l’attenzione agli skill focalizzati sui sistemi core è maggiore rispetto a Francia e Italia
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AAA Core It skill cercasi
Analizzata la situazione e individuata una certa urgenza nel focalizzare maggiormente l’attenzione sui sistemi core, pur non escludendo la scelta legata alle nuove tecnologie basate sul web 2.0, l’indagine rivela tuttavia un certo disinteressamento al reclutamento degli skill necessari. Benché la ricerca di skill orientati alle nuove tecnologie sia comune un po’ a tutti i Paesi, in Uk, Usa e Germania l’attenzione verso i sistemi core e i database è maggiore rispetto ad Italia e Francia (figura 3).
Figura 4: Reclutamento degli skill It: solo il 29% dei Cio crede si stiano cercando le persone "giuste" per la salvaguardia dei sistemi core
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Non solo, alla domanda “Ritiene di reclutare sufficienti risorse It focalizzate sui sistemi tradizionali ritenuti core (basati su Cobol, Cics, ecc.)”, la maggior parte degli intervistati a risposto “No” (figura 4). Solo il 29% dei Cio intervistati crede che la ricerca sia ben indirizzata e che ci siano le risorse necessarie a salvaguardare i sistemi centrali. Il 57% dei Cio italiani interpellati conferma il trend di ricerca orientata a skill con competenze su web 2.0 e tecnologie di social networking (solo il 33% dichiara una ricerca orientata verso competenze sui sistemi core). Tuttavia, in relazione al livello di confidenza circa le strategie adottate per mantenere e gestire i sistemi core e gli skill presenti in azienda, i Cio hanno di certo una visione più ottimistica rispetto a Cfo e direttori Hr: il 56% dei Cio mondiali (53% di quelli italiani) crede ci siano skill sufficienti e strategie appropriate al riguardo.
Unico neo, resta dunque, un po’ per tutti, il reclutamento. La preoccupazione è che ci si concentri troppo sulle nuove tecnologie, trascurando “il vecchio” che però è core e funziona.
Hr: verso una nuova evoluzione
Presentati i risultati della sesta edizione di Barometro Hr, la ricerca sulle tendenze delle Risorse Umane realizzata da CSC: clima aziendale, ricambio generazionale e riorganizzazione sono le sfide 2009 dei direttori hr
È un quadro di forti aspettative quello che emerge dall’ultima indagine di CSC, denominata Barometro Hr: per il 2009 gli intervistati (un panel di 150 direttori Hr di aziende europee – l’81% con oltre 1000 dipendenti – prevalentemente del settore industriale e dei servizi) individuano come prioritari il controllo del clima aziendale (55%) e l’implementazione delle politiche di Integrazione (40%), anche se pensano che la propria funzione abbia un impatto sull’evoluzione dell’organizzazione e della cultura inferiore rispetto a quello esercitato da altri dirigenti e/o funzioni (solo il 43% si ritiene soddisfatto del proprio posizionamento interno).
Nei prossimi due anni il 53% del panel prevede che ci sarà un radicale cambiamento nella propria organizzazione e che questo avverrà principalmente attraverso la riorganizzazione del lavoro (38%). È l’internazionalizzazione uno dei principali motivi che inducono al cambiamento : per il 42% è la concorrenza internazionale, per il 40% è la necessità di conquistare mercati esteri. Ma è sul fronte del ricambio generazionale che i direttori del personale focalizzano la loro attenzione: se per il 42% è un’opportunità, per il 27% è fonte di difficoltà, soprattutto perché il 51% indica come prioritario per l’azienda una maggiore mobilità professionale e il 35% un maggiore trasferimento di competenze.
Sul fronte tecnologico l’indagine rivela che il 72% degli intervistati si dichiara soddisfatto della tecnologia in uso, soprattutto per la capacità di fornire nuovi servizi. Pur se ritenuti soddisfacenti (dal 67%), la disponibilità dei dati gestionali, l’affidabilità dei dati e l’aumento della produttività continuano ad essere percepiti come fattori chiave sui quali andrebbe meglio focalizzata l’attenzione. In particolare, andrebbero informatizzate meglio le funzioni di paghe e contribuiti e di amministrazione del personale (entrambe citate dal 34% degli intervistati e classificate tra le prime priorità di intervento).
Risorse umane: da "centro paghe" a motore aziendale
Il successo di un’organizzazione viene prima di tutto dalle persone; ne consegue che la funzione Hr vada assumendo un ruolo sempre più strategico al servizio del business. Lo sa bene Byte, società specializzata nell’ambito delle soluzioni e servizi per l’amministrazione, la gestione e lo sviluppo delle risorse umane, che nel 2008 ha registrato un +4% di fatturato (chiudendo l’esercizio con oltre 46 Milioni di Euro). In un recente convegno organizzato dalla società si è discusso del ruolo del direttore del personale e dell’evoluzione che tale funzione sta compiendo in questi ultimi anni. Giovanni Costa, professore ordinario di Organizzazione aziendale presso la Facoltà di Economia dell’ Università di Padova e Martina Gianecchini, ricercatore di Organizzazione aziendale presso la stessa facoltà, autori del libro “Risorse Umane. Persone, relazioni e valore”, sottolineano come la crisi sia una buona occasione per testare il senso dell’affermazione ricorrente secondo cui le risorse umane sono un investimento. Al punto che qualcuno, notano gli autori nella prefazione del libro, parla di capitale umano e propone di metterle nello stato patrimoniale. Durante il convegno è stato più volte sottolineato come, purtroppo, in questo periodo di grandi cambiamenti il direttore delle risorse umane sia invece
spesso chiamato a considerarle prosaicamente un costo. “Per restare competitivi in momenti di turbolenza e in contesti difficili – dice Roberto Gamerro (nella foto), amministratore delegato di Byte – le aziende si indirizzano verso progetti mirati dai costi sostenibili e dai risultati ottenibili in tempi brevi. Che non significa solo fare scelte tecnologiche ma compiere un “salto di qualità” dal punto di vista riorganizzativo e di ottimizzazione dei processi. In questo contesto, giocano un ruolo fondamentale le funzioni Hr, non più “semplici” gestori delle buste paghe ma veri e propri “motori aziendali”, capaci di guidare il personale secondo le strategie e gli obiettivi del business”.
Cosa non semplice certo, soprattutto quando le fasi del cambiamento sono contaminate da fattori come budget limitati e, spesso, anche da carenza di competenze specifiche. Ma, come sottolinea Gamerro, “Oggi le soluzioni ci sono e vanno incontro a molteplici esigenze”. Lo dimostrano i numeri di Byte: +15% dei servizi in outsourcing; +250% di soluzioni offerte in modalità SaaS con una previsione di crescita superiore al 20% anche per il 2009. (N.B.)