Cominciamo dal principio, ossia dalla definizione di whistleblowing che, tradotto alla lettera, significa ‘suonare il fischietto’. Si tratta di una pratica già in uso negli Stati Uniti e in Gran Bretagna tramite la quale si offre ai lavoratori la possibilità di segnalare, in forma anonima e in sicurezza, eventuali frodi, irregolarità, comportamenti non consoni all’ambiente professionale rilevati durante l’attività lavorativa all’interno della propria azienda, nonché possibili pericoli o rischi che possano in qualche modo danneggiare i clienti, i colleghi di lavoro, gli azionisti, il pubblico o l’immagine e la reputazione dell’azienda stessa.
È uno strumento legale [molti paesi, tra cui anche l’Italia, hanno adottato leggi che impongono ai datori di lavoro di proteggere i dipendenti che segnalano condotte illecite – ndr] che in alcuni paesi, già collaudato da diversi anni, ha assunto il ruolo di essenziale componente per un efficace programma di compliance.
“Parliamo dell’opportunità di effettuare segnalazioni inerenti i più svariati ambiti, dai possibili danni ambientali alle negligenze mediche, da illecite operazioni finanziarie a casi di corruzione, per ipotizzare i casi più gravi, ma anche di ‘semplici’ violazioni del codice etico aziendale o di mancato rispetto di alcune comuni regole comportamentali nei luoghi di lavoro”, dettaglia Matteo Giudici, fondatore e Ceo di Proactive Compliance Technologies, start up che esce dal mondo della ricerca del Campus Universitario di Savona (dove ha tutt’ora sede la società) il cui obiettivo è ‘sfruttare’ il whistleblowing per consentire alle aziende di rendere proattiva la propria strategia di compliance.
“La resistenza a pratiche di questo tipo è di tipo culturale – spiega Giudici – perché di fatto vengono percepite come azioni immorali: ‘fare la spia’ è un atto socialmente deplorevole”. Ecco perché deve essere garantita la massima tutela del lavoratore, le segnalazioni devono poter rimanere anonime e le informazioni essere trasmesse in totale sicurezza dal punto di vista della protezione dei dati. Risposte che arrivano dalla tecnologia, come quella sviluppata dalla start up lanciata da Giudici che propone alle aziende eWhistle, un software che integra funzionalità per ‘tradurre’ il whistleblowing in strumento di compliance aziendale. “Il nostro obiettivo primario è fornire alle società private e agli enti pubblici gli strumenti per incrementare la qualità, la produttività e l’efficienza dei loro sistemi di compliance”, specifica Giudici, anche se ammette che, per ora, la loro focalizzazione riguarda “l’ambito privato, soprattutto realtà medio-grandi dove esiste un codice etico ed è già radicata la cultura che tale codice porta con sé”.
eWhistle permette ai dipendenti di un’azienda di inviare segnalazioni anonime tramite una semplice connessione ad internet con qualunque dispositivo e con garanzia di non rintracciabilità da parte del datore di lavoro (grazie a rigidi protocolli di criptazione dei dati); inoltre abilita una interazione bidirezionale tra azienda e segnalante (sempre nel più assoluto anonimato), utile laddove siano necessarie maggiori informazioni e chiarimenti rispetto a determinate segnalazioni.
Le funzionalità della soluzione (fruibile anche in modalità SaaS tramite la piattaforma Azure di Microsoft e accessibile da qualsiasi dispositivo), consentono di sfruttare eWhistle come vero e proprio “sistema di gestione della compliance perché permette di tracciare e gestire l’intero processo delle segnalazioni anonime, comunicando gli eventi rilevanti agli organi competenti i quali dovranno prenderli in carico e gestirli e monitorarli adeguatamente mettendo in atto tutte le eventuali azioni correttive necessarie”, spiega in conclusione Giudici. “I vantaggi vanno ben oltre la scoperta tempestiva di eventuali frodi o violazioni, perché lo strumento diventa il mezzo per il rafforzamento della compliance e dei sistemi di controllo interno”.