La velocità e la pervasività con cui certi fenomeni come la consumerizzazione It, la mobility e il social networking hanno ormai invaso gli ambiti professionali e aziendali (con un impatto significativo direttamente sui risultati di business) nascono dall’avvento e dalla diffusione del web che ha completamente sovvertito le regole di comunicazione delle aziende grandi e piccole e, di conseguenza, la professione di chi è chiamato a informare il mercato e a interagire con esso. Sono le considerazioni che Gianni Di Giovanni riporta dopo una decennale esperienza in Eni come Direttore Comunicazione Esterna (dal 2005) e Ceo di Agi – Agenzia Giornalistica Italia, società di proprietà al 100% di Gruppo Eni che Di Giovanni è stato chiamato a guidare, dall’inizio del 2013. Per replicare i successi della comunicazione digitale sperimentata e consolidata in Eni; esperienza che Di Giovanni ha anche deciso di cristallizzare in un libro, “La casa di vetro”, scritto insieme a Stefano Lucchini, anch’egli in Eni dal 2005 come Direttore Relazioni Internazionali e Comunicazione.
“Rispetto a qualche decennio fa dove la comunicazione era un lusso e solo determinate organizzazioni, soprattutto internazionali, si strutturavano con una line of business dedicata – invita a riflettere Di Giovanni -, oggi anche le realtà più piccole e meno strutturate hanno compreso come la comunicazione possa diventare leva di business e come anche gli aspetti di reputazione possano rivelarsi strategici per guadagnare vantaggio competitivo”.
Gli strumenti tecnologici hanno certamente contribuito alla maturazione e alla diffusione di una ‘cultura della comunicazione aziendale’ che, come dicevamo, ha subìto un’impennata dalla metà degli anni Novanta in poi, quando il web ha sovvertito le regole tradizionali per trasformare tutto in un ‘mondo digitale e interconnesso’. “Oggi l’impresa è trasparente, visibile agli occhi di tutti – commenta Di Giovanni -. Inevitabile dunque che al centro di qualsiasi strategia di comunicazione vi sia l’utente (cliente, partner, azionista ecc.) dal cui giudizio dipende ormai la reputazione, e quindi la credibilità, dell’organizzazione stessa”.
Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione digitale, infatti, non ha accresciuto solo il volume delle informazioni trasmesse, ma anche la rete di relazioni che le imprese intrattengono con il mondo esterno. Uno scenario nel quale se è vero, da un lato, che sono cresciute le sfide, è anche vero, dall’altro, che la digitalizzazione ha consentito di raggiungere nuovi livelli di efficienza e razionalizzazione dei costi. “Basti pensare alle campagne di comunicazione che un gruppo internazionale presente in oltre 90 paesi come Eni deve realizzare – porta ad esempio Di Giovanni -. Fino a qualche anno fa i messaggi andavano declinati in modo molto personalizzato con il ricorso a testimonials locali a seconda delle diverse realtà. Oggi la globalizzazione e la digitalizzazione hanno sovvertito queste regole consentendo alle aziende di distribuire i propri messaggi in modo uniforme sui vari paesi (con conseguente efficienza di processo e contenimento dei costi). La criticità, oggi, è più che altro legata all’identificazione dei messaggi più efficaci da veicolare attraverso le nuove tecnologie (pensiamo per esempio ai Tweet di 140 caratteri)”.
La comunicazione oggi deve catturare l'attenzione degli stakeholder su qualsiasi device connesso (Pc, smartphone o tablet che sia), attraverso nuovi strumenti come le app mobili e i servizi digitali. “In quest’ottica diventa di assoluta rilevanza la relazione tra il Cmo o il direttore Comunicazione e il Cio – enfatizza Di Giovanni -. Oggi nel momento stesso in cui si costruisce un progetto di comunicazione rivolto a uno specifico stakeholder, si stabilisce la tecnologia più adatta all’attuazione della strategia e questo non può avvenire se alla base non c’è un collegamento e un’interazione costante (fin dalle fasi ideative) tra Cmo, Cio e aggiungo anche Ceo, dato che la comunicazione, come accennato, rappresenta sempre più un tassello determinante per il business”.
E proprio per questo valore, Di Giovanni sottolinea un aspetto importantissimo di questa ‘rivoluzione digitale’: “la governance dei progetti, soprattutto in questo momento dove il diffondersi dei social media alza il livello di rischio a causa delle innumerevoli fonti di dati e informazioni non sempre attendibili”.
“In Eni siamo dei grandissimi sostenitori dei Big data analytics perché, anche sul piano della comunicazione, ci permetteranno di conoscere meglio i nostri clienti e di indirizzare in modo ancor più mirato e puntuale i messaggi – conclude Di Giovanni -. Per ora stiamo pensando a come capitalizzare e integrare l’esperienza sul fronte della comunicazione con le nuove potenzialità dei social analytics nell’ambito delle carte fedeltà e all’interno degli Eni Shop; l’obiettivo è riuscire a dare all’utente fidelizzato maggiori servizi e informazioni”.