Nella relazione tra fornitori e utenti di Ict, un rapporto al quale, come ZeroUno, abbiamo sempre prestato la massima attenzione (vedi anche la “cover story” ad esso dedicata sul numero dello scorso aprile), la fiducia dell’utente nei confronti del fornitore occupa una posizione fondamentale, a nostro parere superiore a quella che si può valutare in rapporti analoghi relativi all’acquisto o alla fruizione di altri beni o servizi. Gli aspetti sui quali si fonda questa fiducia sono, in massima parte, gli stessi sui quali si fonda un qualsiasi rapporto altamente fiduciario, come ad esempio quello che possiamo avere con l’istituto finanziario o l’assicurazione alla quale affidiamo i nostri risparmi: storia e immagine di solidità e serietà dell’azienda; informazioni e raccomandazioni di persone di cui a nostra volta ci fidiamo sulla qualità dell’offerta; rapporto con chi gestisce il nostro contratto. Uno però è peculiare dell’It, ed è la procedura di approvvigionamento del software. Abbiamo parlato di “approvvigionamento” anziché “acquisto” perché, come si sa, mentre l’hardware si compra, affitta o noleggia come un qualsiasi altro bene aziendale, dal capannone al macchinario, il software non sempre è in vendita. Quello che normalmente si paga è il permesso (la ‘licenza’) di poterlo usare. Secondo contratti che, per uno stesso prodotto, possono avere, e solitamente hanno, diverse modalità e prezzi ancora più diversi.
Per valutare come le aziende utenti percepiscano le procedure relative ai contratti di licenza software e allo scopo ultimo di consolidare quella fiducia da parte dell’utente che è, alla fine, il più potente strumento di penetrazione e mantenimento del mercato, Microsoft (www.microsoft.com) ha svolto lo scorso marzo un’indagine in tre paesi europei, Regno Unito, Germania e Italia, su 400 Cio e It manager (di cui 100 in Italia) responsabili degli investimenti It di società con oltre mille dipendenti. Oggetto delle ricerca era appunto la loro visione sui processi e sui problemi di approvvigionamento del software. Vediamo in breve i principali risultati che sono stati resi noti, premettendo (e già questo è un dato significativo), che le differenze di risposta tra manager inglesi, tedeschi ed italiani sono, tranne in qualche caso, poco rilevanti. Si tratta quindi di un problema globale.
Le difficoltà dell’utente
Delle otto poste agli intervistati (vedi riquadro) le domande 1 e 2 servono a posizionare il problema. Si chiede infatti di elencare in ordine di importanza le tre aree in cui, con l’espansione della funzione e dei compiti dell’It nell’impresa, i rapporti con i fornitori sono diventati più complessi e quelle i cui problemi possono maggiormente rallentare l’implementazione di nuove tecnologie. Come è intuibile, le aree dove il rapporto è più critico sono il testing e l’integrazione delle nuove tecnologie con le infrastrutture e i sistemi esistenti; seguono a poca distanza la sicurezza e, sorprendentemente dopo due aree così vitali per la funzionalità stessa dell’It, l’approvvigionamento del software. Quest’ultimo, che è al terzo posto in Germania e UK, sale addirittura al secondo in Italia. Ovviamente, passando alla seconda domanda, le difficoltà nell’area dell’integrazione sono anche quelle che più frenano l’adozione di nuove tecnologie; seguono la carenza di formazione e supporto del personale (una voce che non figura nel primo elenco in quanto il problema del training non sta nella difficoltà dei rapporti con i fornitori ma nel difficile reperimento degli skill necessari) e, ancora, l’approvvigionamento del software. Interessante notare come il problema dei contratti di licenza, che se vogliamo è di tipo amministrativo, pesi nel frenare lo sviluppo dell’It con valori simili a due aspetti ‘core’ come l’integrazione tecnologica e la formazione delle risorse. Ciò vale soprattutto in Italia, dove con un ordine di preferenze del 69, 68 e 62% rispettivamente per l’integrazione, il training e i contratti di licenza, i tre problemi sono, nell’agenda dei Cio, quasi allo stesso livello di priorità.
Accertato che le procedure di approvvigionamento del software sono diventate più complesse nel tempo e che possono frenare i nuovi progetti It, le risposte alle domande 3 e 4 quantificano il problema. Si dichiarano infatti completamente o parzialmente d’accordo con la prima affermazione (domanda 3) oltre l’80% degli intervistati (l’84% in Italia); e sulla seconda (domanda 4) i consensi sono di poco inferiori (il 73% in media e il 78% in Italia).
Le successive domande 5, 6 e 7 esplorano, sempre chiedendo il livello di accordo/disaccordo con la questione posta, tre aspetti specifici del problema. Il primo riguarda la chiarezza con la quale, nei contratti di licenza, il fornitore definisce le proprie responsabilità e l’effetto che ciò ha sulla fiducia dell’utente nei suoi confronti. Questa viene giudicata scarsa dal 77% degli italiani e dal 72% degli inglesi. I tedeschi sono un po’ meno diffidenti (65%), ma non si sa se perché tendenzialmente più fiduciosi nei rapporti d’affari o semplicemente perché i loro contratti sono più chiari.
Sulla domanda 6, che riguarda la flessibilità dei contratti, il giudizio è unanime: per oltre l’80% degli intervistati (82% in Italia) i contratti sono rigidi. Così rigidi da rendere a volte difficile ottenere l’“ok” dai dipartimenti legali e finanziari dell’impresa utente. Non sorprende pertanto il livello di consenso ottenuto dalla proposta oggetto della domanda 7, per la quale un maggior grado di flessibilità e responsabilità nei processi di licensing alzerebbe il profilo della funzione It nell’impresa. L’82% dei tedeschi e addirittura il 92% degli italiani sono d’accordo, e se gli inglesi si fermano al 68% è solo per l’elevato numero di indecisi. Va detto che l’alto livello degli indecisi e il basso livello dei valori estremi (completo accordo e completo disaccordo) caratterizzano tutte le risposte provenienti dal Regno Unito. Understatement britannico o semplicemente maggior prudenza dei Cio inglesi?
Il peso della funzione It nell’impresa è oggetto infine dell’ottava e ultima domanda, con la quale si chiede di scegliere, tra tre possibili obiettivi di miglioramento dei rapporti con i fornitori software, quello più adatto ad accrescere il valore dell’It in azienda. Gli obiettivi proposti sono: velocità dei tempi di definizione e chiusura dei contratti; riduzione dei costi dei contratti stessi; semplificazione delle forme di contratto e delle condizioni. Le risposte a tale domanda separano abbastanza nettamente il nostro Paese dagli altri due. Per i tedeschi, e ancor più per gli inglesi, è infatti la rapidità nel definire e chiudere un contratto il valore determinante (con preferenze del 58 e 69% rispettivamente), mentre costi e modalità seguono più o meno a pari merito, con preferenze (valore medio dei due paesi) rispettivamente del 45 e 42%. In Italia invece la riduzione dei costi è al primo posto, con il 66% dei voti, superando sia la rapida definizione dei contratti (53%) sia soprattutto la loro semplificazione, le cui preferenze crollano al 24%. Sono i nostri Cio più attenti al risparmio o sono i nostri contratti software più cari che altrove?
Microsoft: una riflessione va fatta
Sulla ricerca, su ciò che ne è emerso e sulle conclusioni che se ne possono trarre abbiamo voluto parlare con Pierluigi Mazzuca (nella foto in basso a sinistra) direttore della divisione Customer Consumer
Experience and Services di Microsoft Italia. E la prima domanda, che, come si suol dire sorge spontanea è perché l’indagine, che a quanto risulta a Microsoft è la prima di questo genere (o almeno la prima della quale siano stati resi noti i dati), sia stata voluta e quali risultati il numero uno del software si aspettava di ottenere da una tale verifica.
“Il punto di partenza, non tanto della ricerca in senso stretto quanto del fatto che una riflessione sul tema del licensing andasse fatta – risponde Mazzuca – sta nella considerazione, basata su elementi di conoscenza che avevamo già, che il licensing non è più un aspetto accessorio all’utilizzo del software ma è diventato un nodo che rischia di rallentare la sperimentazione e l’adozione di nuove tecnologie del software e quindi di inficiare l’uso dell’It come asset aziendale”. Infatti, poter sperimentare, oltre che utilizzare, nuove soluzioni è vitale per ogni impresa che dall’It si aspetti un vantaggio competitivo: “Se non si dimostra con un test che una soluzione funziona sarà difficile che l’azienda la vada ad adottare su larga scala”. Un secondo aspetto, che è più direttamente legato alla ricerca, era quello di capire in maniera più precisa in che termini la complessità del licensing veniva percepita dall’utenza. Un problema importante soprattutto nelle aziende dalla struttura articolata e geograficamente estesa, la cui comprensione, osserva Mazzuca, “avrebbe aiutato a meglio calibrare le proposte di offerta esistenti”.
Da questo punto di vista i risultati ci sono stati, rivelando ad esempio (grazie anche a un supplemento di ricerca condotto specificamente per l’Italia, ma i cui dati per ora restano riservati) come la percezione della complessità sia più marcata nelle aziende del midmarket, quelle cioè che, secondo la metodologia Microsoft, hanno tra i 200 e i 500 Pc.
“In questa fascia d’imprese, probabilmente per il fatto di non avere strutture di acquisto del calibro di quelle di una grande banca – prosegue Mazzuca – l’idea che l’approvvigionamento del software sia un problema e crei difficoltà è più evidente”. Diventa chiara quindi, anche se, come dice il nostro interlocutore, “bisogna leggere un po’ tra le righe”, la percezione che sulla flessibilità dei modelli di licensing i fornitori debbano ancora lavorare. E parliamo di fornitori in generale perché una cosa prevedibile, ma non così ovvia, emersa dalla ricerca è che i problemi di complessità dei contratti valgono per tutti, anche se la dimensione e la gamma d’offerta del gigante del software li rende più evidenti. “Ma esiste anche un’altra dimensione della complessità – prosegue Mazzuca – che è figlia della flessibilità. Nel senso che più opzioni vengono date più il licensing si complica. Ad esempio, il solo fatto di offrire la licenza software in acquisto o in noleggio raddoppia tutte le opzioni e crea un ulteriore fattore di complessità operativa derivante dal fatto di stabilire volta a volta quale scelta sia più conveniente”.
Bisogna riscuotere fiducia
Le ricerche di mercato si fanno, come ovvio, per acquisire conoscenze utili a indirizzare le attività aziendali. Al di là quindi del sapere come stanno le cose, quali risultati si sono ottenuti da questa indagine?
“La cosa a mio avviso più rilevante – risponde Mazzuca – è l’avere avviato con i clienti, e in particolare con quelli di media dimensione di cui si è detto, un contatto più diretto, che avviene tramite delle strutture dedicate, con un approccio che si può dire di tipo consulenziale, per definire le caratteristiche e la qualità dell’offering”. Si tratta quindi di un’attività che va a servizio sia dell’utente sia, soprattutto, del canale, dato che, parlando di aziende midmarket, è poi quest’ultimo che, oltre a stabilire il primo contatto, conduce la trattativa. E oltre al contatto legato alla trattativa vi sono campagne d’informazione su nuove modalità d’offerta mirate a specifiche fasce d’utenza.C’è infine un importante aspetto che riguarda il ritorno d’immagine, dato che la ricerca in sé e le azioni che ne sono e ne saranno la conseguenza hanno certamente influito su quella che Mazzuca chiama “trustworthiness”, che è poi la capacità di riscuotere fiducia: “Proprio su quei clienti dove riusciamo a fare queste attività, a dare queste spiegazioni… dove riusciamo insomma a parlare, abbiamo di recente misurato un aumento degli indicatori relativi alla fiducia riposta nella nostra tecnologia e alla propensione al riacquisto. Si tratta di un tipo di valutazione che è evidentemente complicato tradurre in valore di business, ma che è certamente un fattore altamente positivo”.
LE OTTO DOMANDE POSTE AI CIO
Le domande poste ai 400 Cio e It manager di Regno Unito, Germania e Italia nel corso dell’indagine svolta da Microsoft sui processi e sui problemi di approvvigionamento del software
1. Alla luce dell’espansione dell’It in azienda, indicare le tre principali aree dove i rapporti con i fornitori sono diventati più complessi.
2. Indicare le tre principali aree le cui problematiche sono maggiormente in grado di rallentare l’implementazione di nuove tecnologie.
3. Indicare il proprio livello di accordo/disaccordo con l’affermazione: “In linea con l’espansione dell’IT nella mia organizzazione,
l’approvvigionamento del software è diventato un processo sempre più complesso”.
4. Indicare il proprio livello di accordo/disaccordo con l’affermazione: “Abbiamo trovato il software che meglio risponde alle nostre esigenze
ma la sua implementazione è rallentata dalla complessità del processo di approvvigionamento”.
5. Indicare il proprio livello di accordo/disaccordo con l’affermazione: “Nei contratti di licenza del software il grado di responsabilità
del fornitore non è esposto chiaramente e ciò può minare la mia fiducia in una trattativa”.
6. Indicare il proprio livello di accordo/disaccordo con l’affermazione: “La scarsa flessibilità dei contratti può rallentare il processo
di approvvigionamento del software in azienda, in particolare per quanto riguarda il reparto finanziario e quello legale”.
7. Indicare il proprio livello di accordo/disaccordo con l’affermazione: “Un maggior grado di flessibilità nel processo di approvvigionamento
del software può contribuire ad elevare il profilo dell’It all’interno dell’organizzazione”.
8. Tra la velocità, l’economicità e la semplicità dei contratti, selezionare la voce che si ritiene possa migliorare il valore dell’IT in azienda.