Il lavoro di sensibilizzazione avviato dalla task force di esperti in innovazione e nuove imprese che ha messo a punto il documento di indirizzo Restart Italia ha senz’altro anche il merito della crescente attenzione alle startup innovative; il successo è stato poi favorito da un gruppo di lavoro interministeriale che ha dato continuità all’attività nonostante il cambio di governo. Ne abbiamo parlato con Alessandro Fusacchia, oggi capo di gabinetto del Miur del governo Renzi e in precedenza coordinatore della task force nominata dal Ministero dello Sviluppo Economico. “In questo campo era necessario definire una policy organica che intervenisse in campi come il mercato del lavoro, la giustizia, il fisco, non solo attraverso leggi, ma anche con altre misure più snelle”, dice Fusacchia, ricordando il percorso seguito. Le proposte contenute in Restart Italia, dopo l’approvazione del Governo, sono state sottoposte a consultazione pubblica con il duplice obiettivo di raccogliere nuove idee ma anche di creare consapevolezza e la pressione sociale necessaria per riuscire a farle partire. “Dovevamo far capire alle istituzioni che non era un tema minoritario, ma sentito da tanti settori del Paese decisi a puntare sull’innovazione per il rilancio”, spiega Fusacchia.
La scommessa ha funzionato e oggi anche l’Italia comincia a essere un paese per startup. Fatte le prove generali, lo stesso metodo è stato utilizzato per il piano Destinazione Italia, un’occasione anche per completare la componente internazionale sulle startup, all’interno di un obiettivo più generale di aumentare l’attrattività del Paese: “In un mondo globalizzato, attrazione di investimenti significa crescita ed è l’opposto di delocalizzazione: per non far fuggire all’estero il Made in Italy, si deve far entrare il mondo in Italia”, si sostiene nel documento. Un ragionamento che vale anche per le startup che altrimenti, per poter crescere, sono costrette a emigrare per trovare i capitali.
“Destinazione Italia è stato pensato come un progetto strutturato per attrarre gli investimenti dall’estero; per questo obiettivo sono necessarie misure che vanno a beneficio anche delle imprese italiane e della loro competitività e che facilitino la vita agli investitori, italiani e stranieri, intervenendo su una serie di materie come burocrazia, certezza del diritto e degli aspetti fiscali, mercato del lavoro, giustizia civile e amministrativa”.
Il progetto Destinazione Italia, con 50 misure puntuali, specifiche e realizzabili, è stato discusso con gli investitori internazionali, le imprese italiane, gli attori economici e sottoposto a consultazione pubblica. In oltre due mesi ha raccolto 30mila proposte e l’indicazione di 10 priorità. Lo scorso dicembre è stato rivisto e riadottato dal Consiglio dei ministri che ha anche tradotto in decreti legislativi le prime 7 priorità inserite nel cosiddetto decreto Destinazione Italia, trasformato in legge a febbraio. Fra le misure che compaiono nel piano Destinazione Italia ve sono alcune che non richiedono provvedimenti legislativi, ma un coordinamento fra ministeri come la definizione di una struttura dell’Agenzia delle Entrate per interloquire con gli investitori internazionali o la possibilità per le Pmi (e dunque per le startup) di emettere titoli (in modo semplificato e defiscalizzato) per reperire capitali sul mercato in alternativa al credito tradizionale. È infine in via di completamento il “visto startup”, un percorso agevolato per persone altamente qualificate che vogliono venire in Italia per investire o lavorare in startup.