Attualità

Dal chip shortage alla sovrapproduzione: cosa succede nel mondo dei chip

Le fabbriche di semiconduttori potrebbero esaurire le code di ordini nel corso dell’anno e dover far fronte a eccessi di produzione. Il caos generato dalla pandemia rivela le fragilità strutturali della filiera dei chip a cui i governi occidentali provano a porre rimedio

Pubblicato il 22 Mar 2023

produzione chip

L’allarme dei mesi passati è rientrato. La penuria di semiconduttori che aveva causato tante preoccupazioni e ritardi nelle supply chain globali dell’informatica, beni di consumo e mercato auto si è in parte attenuata e promette di risolversi già entro l’anno. Stando ai dati dell’ultimo sondaggio condotto da KPMG e Global Semiconductor Alliance tra 150 executive delle principali aziende di semiconduttori, il 65% dei rispondenti è sicuro che il problema sarà risolto entro quest’anno, mentre per il 20% sarà necessario attendere il 2024. Per il 31% dei partecipanti lo shortage di componenti è destinato a mutarsi in un surplus quest’anno e per il 36% entro tre anni.

Al netto dei fermi e delle ripartenze delle fabbriche e dei mercati vissuti negli ultimi due anni a causa della pandemia, il mercato dei chip è caratterizzato da carenze e sovrapproduzioni cicliche. Dopo il picco di domanda registrato nello scorso anno, i grandi costruttori di chip, tra cui TSMC, Samsung e Intel, hanno rivisto al ribasso le previsioni di vendita per l’anno in corso. Mentre da una parte continua a tenere la richiesta di chip nel settore auto, dall’altra cala quella su smartphone e computer. Dopo il boom generato da sistemi per telelavoro e teledidattica le vendite di computer sono crollate nell’ultimo trimestre 2022 del 28% (fonte IDC) portando a -15% il calo annuale rispetto allo scorso anno.

Benché apparentemente superata, la crisi ha rivelato la vulnerabilità della supply chain globale dei chip e i rischi sistemici derivanti dall’eccessiva concentrazione dei produttori. “La dipendenza delle catene di valore internazionali da specifiche aree geografiche, principalmente asiatiche, fa registrare ritardi e allungamenti dei tempi di consegna dei componenti, oltre a un incremento dei costi di trasporto”, ha affermato Luciano Pini di ANIE Componenti Elettronici, dicendosi comunque ottimista per l’industria elettronica italiana: “un settore che si dimostra essere tra i più dinamici e in crescita, grazie alle sfide green dell’elettrificazione e delle rinnovabili che richiedono digitalizzazione massiva”.

Le cause strutturali degli alti e bassi nel mercato dei chip

Il chip shortage non nasce con gli stop-and-go industriali della pandemia, ma da sempre accompagna l’innovazione digitale creando problemi ciclici di disponibilità e prezzo. Più volte le fabbriche di semiconduttori si sono trovate impreparate di fronte alle bizze del mercato e a problemi di pianificazione.

Intorno alla metà degli Anni ’90, la crescente domanda di memorie per i computer dotati di interfacce grafiche è stata la causa di una carenza di memorie RAM e CPU, con impennate dei prezzi di queste componenti seguite a distanza di pochi anni da crolli e consolidamenti aziendali. In tempi recenti, i mercati delle CPU grafiche (GPU) e memorie flash Nand sono stati rispettivamente impattati dalla domanda di sistemi per il mining delle crittovalute e dallo sviluppo dello storage a stato solido (SSD).

Un altro problema riguarda l’eccessiva concentrazione delle produzioni che rende le filiere hi tech poco resilienti nei confronti d’incidenti e disastri a livello locale. Nel marzo del 2021, per esempio, l’incendio all’edificio N3 dello stabilimento Renesas di Naka in Giappone ha fermato per tre mesi la produzione di semiconduttori per il mercato automotive, causando ritardi a catena nelle consegne delle auto dei principali marchi mondiali. L’incidente ha rivelato come da un’unica fabbrica provenisse ben un terzo dei chip impiegati nel settore auto. Già nel febbraio dello stesso anno, l’eccezionale tempesta che ha investito il Texas (e dal Texas proviene il 12% dei chip prodotti negli USA) aveva creato carenza di componenti a causa dei danni subiti dalla fabbrica di Infineon Technologies.

Bolle di domanda e di offerta sono conseguenza dei lunghi tempi (3-4 anni) necessari per progettare e mettere in produzione le fabbriche di chip. Ridurre di pochi micron la tecnologia di produzione dei chip costa moltissimo, richiede pianificazioni pluriennali, investimenti miliardari e un forte azzardo nel prevedere lo sviluppo della domanda nel futuro.

Il rischio geopolitico e l‘intervento dei governi

Sulla continuità delle filiere dell’high tech prendono oggi sempre più corpo i fattori geopolitici e l’intervento dei governi per la tutela delle produzioni strategiche. Le moratorie USA verso le società cinesi nel campo delle telecomunicazioni (le importazioni dalla Cina in questo settore valgono il 30% delle importazioni UE) e, negli scorsi mesi, all’export verso la Cina delle tecnologie per produrre chip sofisticati non saranno senza conseguenze per alcune filiere di prodotti di consumo.

Un maggiore rischio per l’approvvigionamento di semiconduttori verrebbe comunque da eventuali crisi che coinvolgessero Taiwan o il Sud Corea. Taiwan è il primo produttore di chip con il 60% del mercato globale, seguita dal Sud Corea con il 19% (fonte Truenumbers). La taiwanese TSMS, da sola, produce il 90% dei chip attualmente più avanzati, prodotti con tecnologia da 7 nanometri.

Dopo anni di disinteresse, i governi hanno scoperto il valore strategico dei chip per le filiere industriali nazionali e lo sviluppo economico. Con il Chips and Science Act, il 20 agosto scorso il presidente USA Joe Biden ha attivato una linea di aiuti da 53 miliardi di dollari per le imprese di settore che vogliono aumentare le loro capacità produttive all’interno degli Stati Uniti. Il 15 febbraio di quest’anno, il Parlamento Europeo ha approvato con l’European Chips Act, un piano da 43 miliardi di euro per raddoppiare dal 10 al 20% entro il 2030 le quota di produzione in Europa. Si aggiunge all’iniziativa “Impresa comune Chip” per rafforzare l’ecosistema d’innovazione e di ricerca europeo nei semiconduttori.

Finanziamenti governativi miranti a ridurre la carenza delle produzioni di semiconduttori promettono di scongiurare nel futuro i problemi di carenza e di dipendenza dalle fabbriche situate nell’area asiatica. La necessità di favorire le produzioni locali potrebbe però porre in secondo piano l’innovazione, frenare l’approdo delle tecnologie più sofisticate ai mercati consumer, generare forti sovrapproduzioni nel caso dovesse tornare il tempo sereno nelle relazioni internazionali.

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