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Dal singolo task all’intero stack IT: l’automazione estesa è la vera leva del business 

Innovazione strategica aziendale oggi significa cloud e automazione. Un binomio che diventa ogni giorno sempre più indispensabile per la sopravvivenza del business in qualsiasi settore. Automatizzare in modo esteso e definitivo l’intero stack tecnologico significa cambiare mindset, ma anche guadagnare tempo, risorse umane ed economiche, ottenere maggiore scalabilità e reattività. Compiuto il primo step, culturale, il percorso non è poi così arduo e, soprattutto, può essere personalizzato. 

Pubblicato il 05 Ago 2022

task

Non si tratta più di una semplice opzione: affidarsi all’automazione oggi è indispensabile. Per restare al passo coi competitor e il mercato, per usufruire dei benefici del cloud, per poter gestire la mole di dati inimmaginabile fino a un decennio fa. Il primo passo è quello di approcciare il tema con la giusta prospettiva.

Automazione, una “no brainer decision” per abilitare il cloud

Non c’è sistemista che, negli anni, non abbia creato degli script per gestire task ripetitivi lavorando su tutte le tipologie di sistemi informatici. L’automazione non è quindi una scelta disruptive, ma obbligata. Oggi sì, visto che i team IT si trovano a gestire un numero di applicazioni dieci volte maggiore rispetto a qualche anno fa e il loro numero non è aumentato.

Partendo da task come la gestione della configurazione, delle applicazioni e degli aggiornamenti, dobbiamo imparare a delegare alla tecnologia per liberare il tempo delle nostre persone IT. Adesso è indispensabile automatizzare e lo si può fare in modo dichiarativo, migliorando di gran lunga le performance: un risultato raggiungibile grazie a strumenti tecnologici che aumentano la qualità del dato che lavorano in modo riproducibile e deterministico. L’IT deve infatti potersi dedicare ad attività più tattiche e strategiche” spiega Gaetano La Rosa, CEO di EXTRAORDY, azienda da sempre Premier Partner di Red Hat e focalizzata sulla formazione ufficiale, acquisita da Gruppo Project nel 2021.

Da 1° Red Hat Certified Architect italiano e istruttore da oltre vent’anni, La Rosa fa poi notare come la stessa azienda aveva intercettato e “ufficializzato” questa urgente necessità ridefinendo la propria certificazione più nota, già nel 2019. Quando c on il rilascio di Red Hat Enterprise Linux 8 (RHEL8), il ruolo di un Red Hat Certified Engineer da specialista del sistema operativo, dell’erogazione dei servizi e della messa in sicurezza è infatti diventato un Automation Specialist.

L’automazione è penetrata con decisione nella workforce delle aziende che mirano a restare competitive, già in epoca pre-pandemia, ma va adottata in modo esteso. “Oggi è molto frequente trovarla implementata in alcune specifiche aree, ma con script non adattabili ad altre o con strumenti proprietari pensati solo per alcuni dispositivi. Così diventa complessa la condivisione di competenze di automazione all’interno dell’organizzazione e non si raggiunge un livello adatto ad abilitare cloud e DevOps” spiega La Rosa.

“Se il risparmio di tempo e di effort non risulta una leva abbastanza potente – prosegue – quella del cloud lo è. Solo con l’automazione, infatti, è possibile beneficiare della scalabilità infinita delle applicazioni che questo paradigma promette, una scalabilità necessaria per non “auto-limitarsi” in un mercato in forte accelerazione”.

Se ogni modello di nuvola adottato richiede almeno un livello minimo di automazione, l’hybrid cloud e il multicloud ne sono del tutto dipendenti. Anzi, per gestire la complessità infrastrutturale che introducono nei sistemi IT, richiedono spesso un passo in più: l’orchestrazione. In questo caso l’automation prende anche decisioni nella gestione delle risorse, per evitare colli di bottiglia continui.

Dall’automazione “spot” all’automazione estesa: serve cambiare mindset

Prima di guardare all’orchestrazione e allo step ancora successivo, il machine learning, è necessario estendere l’automazione dei processi a tutto lo stack tecnologico. Solo così, il team IT può dedicarsi unicamente alla generazione strategica di valore per il business.

“Come accade per gli hyperscaler, tutto diventa una commodity. È il famoso software defined IT, avviabile con l’esecuzione di un singolo comando. Un tempo per creare un sito e-commerce era necessario affittare un armadio rack con fornitura di energia elettrica e connettività, mettervi server, storage, network e firewall, configurare e installare il software. Oggi tutto è pronto con un click. Questa è l’automazione estesa” spiega La Rosa.

Lo step richiesto, a livello culturale e tecnologico, non è banale. Non lo sono, però, nemmeno i vantaggi. Migliorano la velocità e l’agilità, diminuiscono tempi e costi, aumenta la reattività a fronte di imprevisti tipici di contesti globali e settoriali turbolenti.

L’impatto positivo dell’automazione estesa si ripercuote sul business, ma anche sulla sicurezza e sulla struttura organizzativa. “Oltre che più rapido e scalabile, lo stack tecnologico diventa anche più facilmente replicabile. Questo aspetto trasforma le procedure di disaster recovery e accelera il time to market, per esempio quando si apre un nuovo punto vendita sul territorio” aggiunge La Rosa.

Proprio la GDO avrebbe infatti bisogno con maggiore urgenza di automatizzare le proprie procedure IT, come anche il retail e la distribuzione. Lo stesso vale per tutti quei settori che faticano a scalare le risorse IT, trovandosi spesso ad arrancare nel soddisfare le crescenti pretese del business. Finanza, Telco e mondo Industry 4.0 hanno invece già intrapreso in modo compatto questa direzione, traendone evidenti benefici.

Facile, crossplatform e agnostica: la strategia ideale in tre step

Lo scenario disegnato dall’automazione estesa può sembrare un’utopia per molte realtà che si sono finora approcciate con ambivalenza o diffidenza a questo paradigma. Il percorso per adottarlo in maniera graduale è però semplice e, soprattutto, può essere personalizzato.

Il primo passo è culturale e consiste nel comprendere, secondo La Rosa, che automatizzazione è sinonimo di digital transformation. “Va compresa intimamente la tecnologia cloud e DevOps, per poi passare alla definizione della strategia tramite un Hi-Level Design finalizzato a individuare obiettivi finali e status di partenza di ogni organizzazione. Solo a questo punto si può stendere e implementare un vero e proprio percorso verso l’automazione” spiega La Rosa.

Per essere efficace, deve essere facile, crossplatform e agnostica. Ciò significa dover affrontare una curva di apprendimento breve, ottenere una copertura dell’intero stack tecnologico e indipendenza da ogni operatore e fornitore, evitando lock-in.

Il passo più complesso da compiere per approdare a un’automazione estesa è il cambio di mindset. Sia da parte dei top manager che della forza lavoro. “Comprendere che il momento di disruption in cui ci troviamo richiede un nuovo paradigma nell’uso della tecnologia resta ancora per molti complesso. Sia in grandi che in piccole realtà permane la paura che l’automazione rubi lavoro.

L’interazione tra umano e tecnologia è invece un tandem indispensabile per la crescita. Il lavoro non mancherà mai per gli esseri umani ma bisogna imparare a elevarsi, delegando alle macchine i compiti ripetitivi. Sono infatti in grado di svolgerli meglio e più velocemente, in modo riproducibile e deterministico. Solo così si acquisisce efficacia, efficienza e la libertà di occuparsi di ciò che solo le persone sanno fare: business e strategia” conclude La Rosa.

Per ammorbidire questo cambiamento culturale molto più arduo nella realtà che “su carta”, Gruppo Project propone una serie di pillole digitali sull’automazione. Ospite dell’Agorà dell’innovazione “Open Talk”, La Rosa stesso farà da guida in un percorso verso il “gran finale”. Un evento fisico, previsto per il 4 ottobre, dedicato a tutte le aziende che hanno scelto di incamminarsi, di osare uscire dalla propria comfort zone per entrare nella viva competizione dei mercati, e restarci.

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