Oggi si sente sempre più spesso parlare di “Data Driven Enterprise”, ma cosa significa esattamente? Romeo Scaccabarozzi, amministratore delegato di Axiante, condivide la visione aziendale sul tema, proponendo una ricetta strategica esclusiva. La società di system integration infatti ha recentemente creato la divisione Data Driven che si indirizza nello specifico a tutte le necessità di gestione, analisi e governo delle informazioni.
Come si diventa un’azienda data driven?
«Innanzitutto – esordisce l’AD -, chiariamo che non è l’azienda a prendere decisioni, ma piuttosto le persone che vi lavorano. Un’organizzazione data driven si distingue perché i decision maker al suo interno tendono a basare i ragionamenti sulle informazioni, senza effettuare scelte di pancia o dettate dalle consuetudini».
Ma come si diventa data driven? «Come spesso succede vi sono opinioni diverse in merito» dichiara Scaccabarozzi. «Alcuni ritengono che servano grandi quantità di informazioni disponibili ed elevata potenza di elaborazione; altre sostengono che si debba sviluppare soprattutto l’abilità di integrare dati e fonti differenti; taluni pongono l’accento sulla sicurezza e sulla capacità di proteggere il patrimonio informativo. L’eterogeneità di vedute circa il concetto di “data driven” impedisce alle aziende di muoversi in un’unica direzione, con efficienza ed efficacia. Dalla nostra prospettiva, invece, essere data driven significa prima di tutto aver definito una data strategy coerente e strutturata».
La data strategy come chiave per il cambiamento
Nel pensiero di Scaccabarozzi, sviluppare una strategia implica una visione lungimirante, che immagina e definisce il futuro dell’azienda nel corso degli anni, mentre il progetto ha un obiettivo circoscritto e una durata limitata, con un inizio e una fine. «La strategia – sostiene – implica che persone e opinioni diverse si incontrino per definire una direzione comune. Il nostro ruolo, con la divisione Data Driven, è supportare sia l’anima tecnologica dell’azienda che deve servire gli obiettivi strategici sia le linee di business (ad esempio, Il marketing, l’amministrazione o l’area vendite), con le loro ambizioni ed esigenze. Come consulente esterno all’azienda possiamo svolgere un importante ruolo di mediazione tra le parti, bilanciando la divergenza di interessi e opinioni».
Come ribadisce Scaccabarozzi, il vantaggio di perseguire una data strategy risiede proprio nella capacità di procedere secondo una direzione condivisa. «Chiaramente – aggiunge – le aziende affronteranno il tema in base alle esigenze peculiari e di settore. Trattando dati sensibili, la Sanità e il Banking tenderanno a privilegiare il controllo sulle informazioni per tutelare la privacy e pertanto adotteranno una strategia difensiva. Un’azienda che commercializza beni di largo consumo opterà invece per politiche più offensive. Certo, bisogna essere flessibili e pronti a eventuali adattamenti, ma è importante definire una rotta chiara dall’inizio, non dettata soltanto dai vincoli legali o dalle necessità di cybersecurity».
La data strategy, insomma, serve a valorizzare il patrimonio informativo aziendale per un decision making consapevole; pertanto non deve essere semplicemente la risposta obbligata alle imposizioni del GDPR o alle minacce degli hacker. «L’azienda – rimarca ulteriormente l’amministratore delegato – deve avere un ruolo attivo nella gestione dei dati e decidere liberamente cosa vuole ottenere dalle informazioni disponibili. La scintilla scatenante deve essere la consapevolezza che i dati possono generare valore per la mia organizzazione».
Le competenze della divisione Data Driven
Proprio nel contesto decritto da Scaccabarozzi, si inserisce la creazione della nuova business unit di Axiante con l’obiettivo di rispondere a precise esigenze aziendali. «Avevamo già in casa le competenze e le persone – precisa l’AD – ma serviva un nuovo cappello per comunicare con chiarezza la nostra mission e dare una collocazione precisa al nostro team dedicato. Insomma, se il problema è un tubo dell’acqua che perde, è normale chiamare subito un idraulico». L’obiettivo quindi era guadagnare riconoscibilità sul mercato e riunire in un’unità strutturata tutte le figure professionali che, all’interno di Axiante, si occupano di risolvere le necessità di data governance e analytics.
«Le nostre persone – sottolinea Scaccabarozzi – hanno maturato una significativa esperienza su decine di progetti specifici (ad esempio, nel campo della data integration), hanno lavorato con tecnologie leader come Informatica, Talend o Boomi, hanno non solo competenze tecniche ma anche capacità di mediazione. Ho scelto professionisti con la dote di sapere guardare oltre, ma un occhio sempre attento al presente. Le fughe in avanti infatti possono essere pericolose. Insomma, ho basato la selezione anche sulle caratteristiche personali e sulle attitudini delle risorse, che devono essere lungimiranti e capaci di cogliere il pensiero del cliente, per poi mediare e guidare la definizione della strategia, senza un approccio direttivo ma piuttosto di ascolto e sintesi delle esigenze».
Un ultima sottolineatura importante riguarda la comunicazione. «La data strategy – sostiene Scaccabarozzi – è una materia che padroneggiano in pochi, quindi deve essere declinata in un linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Bisogna evitare di utilizzare troppi tecnicismi oppure di rivolgersi solo al Marketing». La data strategy, insomma, non deve essere un elenco di procedure «da appendere in bacheca», come asserisce Scaccabarozzi, ma piuttosto una guida concreta, comprensibile e attuabile per una vera trasformazione aziendale.