Didiy: Digital do it yourself

Il progetto “DiDIY: Digital Do It Yourself”, finanziato nell’ambito del programma europeo Horizon 2020, ha l’obiettivo di comprendere come la creatività, stimolata da stampanti 3D, schede Arduino e altre tecnologie che riportano l’attenzione sul saper fare, possa portare vantaggi agli individui, alla società e alle aziende. Lo ha illustrato a ZeroUno Luca Mari che ne ha il coordinamento come LIUC – Università Cattaneo

Pubblicato il 02 Apr 2015

DiDIY è stato uno dei primi progetti approvati con la nuova tornata di bandi Horizon2020 – dichiara con evidente soddisfazione Luca Mari, Ordinario della Scuola di Ingegneria Industriale della Liuc (Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo) e Coordinatore di DiDIY – .Abbiamo ottenuto una valutazione molto positiva grazie a una proposta fatta al momento giusto”.

Luca Mari, Ordinario della Scuola di Ingegneria Industriale della Liuc

Il progetto, che si colloca nel settore Ict all’interno del topic “Human Centric Digital Age (Hcda)”, ha come obiettivo di esplorare il fenomeno emergente della diffusione di stampanti e scanner 3D e delle schede Arduino, per proporre modelli interpretativi e linee guida che consentano di trarne il massimo vantaggio in termini sociali ed economici. Per farlo attinge da un lato al mondo delle scienze e tecnologie fisiche, dall’altro alle scienze sociali.
“Il progetto non parte dai macro sistemi, ma dagli individui, per analizzare come la creatività possa portare vantaggi non solo alle persone, ma anche alla società e alle aziende”, spiega Mari che ricorda come negli ultimi 30-40 anni, a causa della diffusione del virtuale, si sia verificato uno scollamento fra il mondo fisico e quello delle informazioni, fra il sapere e il saper fare. E aggiunge: “I ragazzi quando si scambiano messaggi con whatsapp si sentono creativi! Certamente sono creativi quando scrivono software, ma anche in questo caso manca la componente materiale. Oggetti come le stampanti 3D e le schede Arduino potrebbero rimettere insieme i due mondi e farci riguadagnare la convergenza fra atomi e bit”.
I ricercatori opereranno in contatto con il mondo dei FabLab e dei makers, con le scuole e le imprese, con l’obiettivo di produrre linee guida per i policy maker interessati a creare opportunità per una società della conoscenza.
Il progetto, della durata di 30 mesi, coinvolge, oltre a Liuc che ha il ruolo di coordinamento, altri 6 partner: University of Westminster, Ab.Acus, Manchester Metropolitan University, Free Knowledge Institute, Amerikaniko Kollegio Anatolia e Politecnico di Milano, dipartimento design.
La Liuc è l’istituzione più esposta sul livello tecnologico, con laboratori e stampanti 3D, mentre gli altri partner sono più spostati in ambito filosofico e di sociologia della tecnologia. In questo progetto metterà a disposizione le competenze sviluppate in alcuni dei propri centri di ricerca e di trasferimento tecnologico, come SmartUp (Laboratorio Fabbricazione Digitale e Institute for Entrepreneurship and Competitiveness), Lab#ID e Cetic.
Le attività, finanziate complessivamente con 2 milioni di euro che coprono il 100% dei costi (non è previsto co-finanziamento), consistono, dopo la definizione di un framework di contesto, in due work package destinati ad analizzare come la diffusione delle tecnologie 3D e Arduino stanno cambiando l’organizzazione del lavoro nell’industria e nella formazione e ricerca. Altri due work package esploreranno come cambia la società in una prospettiva di creatività e quali potrebbero essere le evoluzioni dal punto di vista delle leggi, del diritto, della responsabilità individuale, incluse le problematiche del copyright.

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