Una carriera abbastanza lineare sempre all’interno del mondo IT ma con studi in Economia che gli hanno fatto apprezzare “la bellezza del settore” in modo graduale. “Mio padre avrebbe voluto vedermi affermare come commercialista, ma avevo capito già all’Università che quella non sarebbe stata la mia strada; desideravo qualcosa che mi permettesse di lavorare con la tecnologia e l’innovazione ”. Emiliano Rantucci, oggi CEO di Avanade, entra nel mondo informatico intorno al 1994/1995 occupandosi del settore delle business application, all’epoca in grande fermento in vista dell’avvicinarsi del nuovo millennio. “All’inizio non avevo certamente ben chiaro che tipo di percorso intraprendere, sono passato dalla consulenza applicativa al project management”, racconta Rantucci, “iniziando poi ad avvicinarmi al mondo delle vendite e della consulenza di tipo più strategico negli anni successivi (dal 2004 in avanti)”.
La sua esperienza come amministratore delegato inizia ben prima dell’arrivo in Avanade perché nel 2009 guida la startup Axellerate, nata da un’intuizione legata alle potenzialità di crescita di alcune tecnologie (nello specifico Dynamics di Microsoft), confluita poi per una successione di acquisizione in Capgemini. “In quel periodo ho visto più notai che clienti”, racconta con una scherzosa battuta Rantucci che in Capgemini ha intrapreso una carriera florida, fino a ricoprire la carica di Vice President nella filiale italiana.
In Avanade è arrivato per volere di Mauro Meanti, ex CEO dell’azienda italiana oggi Chief Operating Officer di Avanade in Europa: “il mio inserimento è avvenuto con un ruolo da executive ma come Head of Market Units, non come amministratore delegato. L’idea iniziale, condivisa con il management europeo, era quella di avviare un inserimento graduale ma per una serie di avvenimenti, positivi, il percorso ha subìto una forte accelerazione e tutto è avvenuto in pochi mesi”.
In questa intervista della nostra serie Vita da CEO, Emiliano Rantucci si racconta come professionista, con uno stile di leadership aperto ma severo sul rispetto dei tempi e delle priorità, e come uomo, attento alla famiglia e appassionato di corsa in montagna.
ZeroUno: Come si svolge la tua giornata “tipo”?
Emiliano Rantucci: Le mie giornate sono molto lunghe ed intense ma negli anni ho cercato di darmi delle regole, consapevole del fatto che quando le risorse dedicate al lavoro diventano troppo dispendiose (soprattutto tempo e mente) si rischia di perdere lucidità.
La cosa più importante in questo mestiere, a mio avviso, è conservare il corretto livello di concentrazione necessario a prendere decisioni. Per riuscirci è necessario mantenere un sano livello di stress senza farlo sfociare in nervosismo o eccessivo affaticamento (soprattutto mentale).
Cerco per esempio di evitare di lavorare la sera (fatta eccezione per le cene di lavoro) e di ridurre solo alle questioni veramente urgenti il lavoro nel weekend. Evito anche di scrivere e-mail in questi momenti per non innescare, anche nelle persone dell’azienda, tensioni inutili su questioni che possono essere risolte il giorno successivo o il lunedì mattina.
La sera cerco di essere sempre presente in famiglia, unico momento in settimana per trascorrere del tempo con i miei figli e mia moglie.
La giornata lavorativa tipo è poi fatta di incontri con clienti, partner e persone dell’azienda. Durante la settimana ho moltissimi meeting one-to-one, sia con le prime linee di management sia con altri manager della nostra organizzazione, per poter avere un confronto ampio e un modello di feedback efficace.
Differenziarsi sul mercato favorendo l’innovazione e gestendo progetti complessi di trasformazione
ZeroUno: Quali sono le sfide più “ardue” da affrontare?
Emiliano Rantucci: Sono sfide aziendali, legate alla capacità di differenziazione sul mercato.
Viviamo un momento storico di grandissimi cambiamenti dove la tecnologia assume un ruolo determinante, il rischio però è che ci sia un po’ di standardizzazione dell’offerta. La vera sfida è quindi riuscire a far capire all’esterno, al mercato della domanda, quindi alle imprese, quali sono i nostri valori differenzianti, non necessariamente da identificare sempre e solo nella soluzione tecnologica, ma nelle competenze distintive delle nostre persone e nel nostro dna di innovazione
ZeroUno: Quali sono gli ingredienti per vincerle?
Emiliano Rantucci: Un’importante leva sulla quale credo molto è l’identità aziendale e del brand. Desidero che Avanade venga riconosciuta come realtà con una forte identità di innovatore digitale.
Sono convinto che Avanade abbia potenzialità per un’ulteriore crescita perché è una realtà che, grazie alla capacità e alla passione delle persone che vi lavorano, riesce a coniugare l’affidabilità e la solidità di una multinazionale con la flessibilità e la voglia di innovazione di una startup.
In azienda ho visto, da un lato, realizzare progetti legati ad implementazioni di nuove tecnologie avanzate e dall’altro, governare e concludere con successo progetti molto complessi di vera e propria trasformazione che hanno Diretto impatto sul business del cliente.
Quick win per prepararsi in modo adeguato a progetti complessi
ZeroUno: Che tipo di “sensazioni” hai rispetto alla maturità dell’Italia rispetto ad alcune tecnologie, come l’intelligenza artificiale, che si prospettano fortemente dirompenti?
Emiliano Rantucci: C’è sicuramente un fortissimo interesse, in crescita, verso l’intelligenza artificiale ma le aziende hanno ancora difficoltà nel riuscire ad interpretarla nel modo corretto, in particolare rispetto al valore che può generare loro nello specifico.
L’intelligenza artificiale di per sé non ha grandissimo valore, lo esprime quando applicata a specifici contesti e può diventare enormemente pervasiva in un’azienda. I nostri clienti lo hanno capito e non ne sono spaventati, tutt’altro. Ciò che chiedono sono progettualità “quick win” per poterne capire valore (ma soprattutto potenzialità), da un lato, ma anche criticità/complessità, dall’altro, e prepararsi in modo adeguato a eventuali progettualità più complesse nel futuro.
Pazienza e disponibilità all’esperienza, ecco cosa serve ai giovani
ZeroUno: Cosa consiglieresti oggi ai giovani che si vogliono avvicinare al mondo IT?
Emiliano Rantucci: La nostra è un’azienda molto giovane con un’età media delle persone di 34 anni. Ci sono diverse “generazioni ” e molti giovani che hanno grandi aspettative.
Il consiglio che posso dar loro è di avere pazienza ed essere consapevoli che le prime esperienze di lavoro servono anche a “prendere le misure” di ciò che si è, si vuole diventare, si vuole fare… consci del fatto che non sono sole le hard skill ad essere valutate ma anche le soft skill e che queste migliorano e si affinano con l’esperienza.
Avanade è una realtà che investe moltissimo nella formazione, anche scolare, perché siamo convinti che il mondo dell’IT possa offrire ampi spazi di carriera. Con la tecnologia si può lavorare, molto bene, e ci si può divertire. Ė questo il messaggio che vogliamo dare ai giovani.