L’India “fa scuola” o per lo meno fa tendenza. Forse il mondo inizierà a farci più caso ora che un gigante come Google annuncia di volerla spalleggiare nell’estendere il suo paradigma di digital transformationin tutti i Paesi del mondo. Non tutto in un colpo, non tutto subito, non tutto perfettamente identico a come funziona nel regno di Narendra Mudi, ma quasi.
L’attenzione della big tech è sul suo nucleo tecnologico, UPI (Unified Payments Interface), un’interfaccia di pagamenti peer-to-peer e client-to-business verso o da più conti bancari. Chiunque diventa in grado di effettuarne tramite un’unica app e le terze parti possono includere tale servizio liberamente nelle proprie soluzioni.
Un vero e proprio “lubrificante” per le operazioni di trasferimento di denaro di cui Google vuole provare gli effetti in tutto il mondo, facendosene abilitatore.
UPI urbis et orbis
Ciò che colpisce di UPI sono l’estrema semplicità operativa e l’ampio bacino che riesce a raggiungere, senza pretendere alti livelli di digitalizzazione. Una “banale” utenza telefonica mobile diventa lo strumento di registrazione con la banca, consentendo trasferimenti tra due conti in tempo reale. Non è l’unica al mondo a funzionare così agilmente ma, trattandosi di un’iniziativa introdotta dal National Payments Corporation of India (NPCI) e regolata dalla Reserve Bank of India (RBI), si può ben immaginare l’enorme numero di utenti che ha già di default. Un aspetto che a Google sicuramente non è sfuggito.
Dal punto di vista tecnologico, il meccanismo in gioco si basa su specifici elementi, tutti di carattere universale. Motivo per cui viene spontaneo pensare di poterlo portare fuori confine senza incorrere in particolari ostacoli relativi all’interoperabilità.
Essenziali sono un indirizzo di pagamento virtuale, fornito dalla banca per un’identificazione univoca, il numero del conto e quello di telefono mobile. Serve anche un codice identificativo temporaneo, per effettuare operazioni poi validate con l’MPIN (Mobile Banking Personal Identification Number). L’utente deve banalmente conoscere solo l’identificativo del destinatario e può operare su tutte le banche che aderiscono all’iniziativa indiana.
Tutte quelle che non vogliono restare fuori dai giochi sono naturalmente saltate a bordo di UPI assieme a 300 milioni di cittadini che ogni mese effettuano in media dieci miliardi di transazioni. Cittadini indiani, per ora, che trovano comodo usarla anche per pagamenti transfrontalieri e per viaggiare, visto che è già disponibile in altri alcuni Paesi oltre che, a tappeto, in tutto il territorio indiano.
Grazie a Google, il numero di gradi di libertà per la scelta della meta di una vacanza all’estero con UPI saranno molto più ampi perché Google India Digital Services Limited e NPCI International Payments Ltd (l’unità internazionale della National Payments Corporation of India che supervisiona UPI) hanno annunciato di voler estendere il servizio in tutto il mondo.
Dai pagamenti ai servizi: evangelizzazione digitale made in India
A unire la società americana e l’organizzazione indiana non c’è solo il circolare della notizia di questo piano nel mondo della tecnologia. I due partner hanno firmato un vero e proprio memorandum d’intesa che, seppur senza indicare quando, spiega cos’hanno intenzione di fare.
Il primo passo sarà l’estensione completa del servizio per effettuare pagamenti per gli indiani anche fuori confine, in modo che possano sfruttare UPI ovunque vogliano viaggiare. Nella pratica, si vuol fare in modo che in ogni Paese gli esercizi commerciali siano tecnicamente in grado di offrire pagamenti UPI tramite Google Pay e altre applicazioni, proprio come oggi avviene con altri servizi di pagamento. In contemporanea, si lavorerà per realizzare tanti “cloni” di UPI, in modo che ogni area abbia un sistema di pagamento similmente funzionante. Sembra una mossa per democratizzare e diffondere i vantaggi di questa piattaforma, ma non è altro che un primo step per avvicinare più Paesi possibili alla “Digital Public Infrastructure” indiana, creata di recente per offrire servizi digitali utili ai propri cittadini. Un paradigma che l’India, senza nasconderlo, vuole esportare in tutto il mondo, distinguendosi per “generosità” e apertura tecnologica da una potenza come la Cina, convinta sostenitrice di una politica di chiusura e protezionismo.
La terza azione congiunta di Google e India riguarda le rimesse di denaro. Un obiettivo ambizioso e soprattutto promettente: è un mercato sempre più maturo e che scalpita per ridurre la dipendenza dai canali di trasferimento di denaro convenzionali. In attesa di conoscere i tempi di messa a terra, le intenzioni dei due partner sono cristalline come cristallino è il disegno che le guida. Non mancano quindi elementi per capire che è ora di studiare bene il modello indiano, se non già noto, e cercare di capirne vantaggi e compatibilità con valori e specificità “nostrane”.