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Digital transformation reale solo con un’automation integrale e integrata

Una vera automazione aiuta a conoscere meglio cosa avviene all’interno dell’azienda, fase per fase. Ricavando dati da ogni singolo processo e correlandoli con l’AI in modo anche “meno banale”, si estraggono insights utili sia per l’IT sia per il business. Ogni area può, in verità, beneficiarne, ma esiste un “prezzo” da pagare. Non il costo del prodotto, ma il coraggio di un cambiamento profondo e diffuso. Un cambiamento di mindset, di organizzazione e di strategie, oggi in ogni caso inevitabile per continuare a competere.

Pubblicato il 16 Nov 2022

Digital transformation

Produrre sempre più velocemente, ma in modo customizzato. Mantenere alta la qualità, nonostante la crescente carenza di competenze specifiche. Queste sono le principali sfide che trovano un’ideale risposta nell’automazione. Il rischio è però quello di adottarla senza sapere cosa ci aspetta realmente: una vera e propria rivoluzione interna, organizzativa, culturale, tecnologica e di business.

Prima di intraprendere questo percorso, investendoci, è fondamentale comprenderne l’impatto e portare tutti i livelli della workforce “a bordo”. Serve infatti un approccio top down, per iniziare, ma per proseguire si effettua uno switch verso quello bottom up, necessario per cogliere e ottimizzare tutta la ricchezza interna, di conoscenze, competenze ed esperienze.

Una rivoluzione da compiere integrando tecnologie e competenze diverse

Innescare un processo di automation significa “prendere il ‘cuore’ di alcuni processi e capire come funzionano nello specifico per renderli standard, in modo che siano integrabili e gestibili con minor effort possibile” spiega Fabio Natali, Tech Sales Open Source di Kyndryl. E sottolinea l’importanza di mettersi sempre in gioco: “mai avere la presunzione di star applicando un processo perfetto, migliore di quelli standard globali o implementati dalla community. È un approccio di chiusura che limita l’innovazione”.

Se la parola “standard” può far temere un appiattimento dei processi propri di un’azienda (e una conseguente perdita di valore) Natali spiega come l’automation, al contrario, possa valorizzarne le specificità. “Può sembrare in apparenza una contraddizione, ma in ogni processo sia industriale, sia manifatturiero, esiste un core standard che si può standardizzare. Solitamente ne costituisce la maggior parte dei passaggi e si integra con quelli specifici, aggiunti on top. Standardizzare quindi non significa banalizzare, ma inserire logiche di integrazione per essere tecnologicamente sempre evoluti. Solo così è possibile potenziare e valorizzare le parti più customizzate”.

Questo imponente cambiamento che ogni azienda oggi è chiamata a valutare per restare sul mercato, sottintende la presenza di nuovi strumenti tecnologici. L’evoluzione repentina del loro mercato va verso una dimensione orizzontale che favorisce e l’automazione e ne potenzia l’impatto. “I primi strumenti erano focalizzati su un solo task, oggi sono sempre più estesi rispetto al panorama che l’automazione deve affrontare. Non esiste una competizione però: le aree di sovrapposizione creano valore aggiunto, il massimo risultato si raggiunge adottandone alcuni e integrandoli. Dato che l’automazione dei processi li controlla in modo molto granulare, è necessario sia supportata da strumenti in grado di integrare attività molto eterogenee tra loro. È essenziale per evitare silos che annullerebbero il valore di questo approccio” spiega Natali.

Dall’automation nuovi dati per asset di business innovativi

L’automation costituisce il cuore di quella digital transformation che spesso rischia di essere interpretata come una semplice e frammentata evoluzione di singoli iter aziendali. “Quando la si effettua invece in modo completo e profondo, si diventa in grado di raccogliere i propri dati e di valorizzarli per potenziare il business. L’automazione permette proprio questo: controlla e registra quello che succede nei processi e lo analizza. È vitale per ricavare dai dati generati da processi, insights utili per tutte le aree di un’organizzazione” precisa Natali. Se ne riescono a ricavare di particolarmente preziosi dai processi più virtuosi, quelli spesso meno analizzati perché “filano liscio”. Proprio per questo motivo, possono costituire un esempio e un’ispirazione per capire come ottimizzare quelli meno performanti.

Automation diventa quindi, come intesa da Natali, un sinonimo di importante trasformazione. “Non riguarda solo i CTO, anzi sono i CIO a giocare un ruolo fondamentale per implementare e indirizzare al meglio questo cambio a livello di information che diventa anche culturale e operativo. Oltre che per gestirlo relazionandosi con le altre aree su cui impatta: tutte, a partire però da finance e marketing”.

Chi sceglie di compiere questa evoluzione, deve dimenticare i silos organizzativi. Un’automation “ben fatta” fa infatti collaborare i verticali e “sblocca” il valore interno con un approccio basato su condivisione e co-creazione. Natali spiega come sia finito “il tempo dei super tecnici: ora conta il saper lavorare in squadra. Cambia anche il modo stesso di pensare i processi: prima venivano creati e poi su pensava a come gestirli, ora si parte dal disegnare l’iter di automazione adatto per farlo. Ciò permette di ricavare ogni volta asset di business innovativi per l’azienda”.

Diversity e collaboration motori dell’automation: il prodotto resta un attuatore

Per ribaltare così nettamente il punto di vista, è necessario un forte commitment manageriale, “ma poi è necessario che tutti siano coinvolti, motivati e intraprendenti nell’adozione dell’automation. La vera ricchezza arriva infatti dall’operatività”. Una ricchezza che aumenta assieme al livello di diversity della forza lavoro. I nuovi talenti possono portare entusiasmo, curiosità e idee su come implementare tecnologicamente le logiche di automazione.

Le figure di esperienza sono a loro volta essenziali per applicarla in modo concreto ed efficace per il business dell’azienda, attingendo alla conoscenza delle sue specificità maturata negli anni. “Devono adottare la nuova logica dell’automation ma sono essenziali per personalizzarla, evitando che si perdano quei punti di forza ‘proprietari’ che permettono distinguersi sul mercato”.

Di fronte all’intensità e alla trasversalità del cambiamento che sottende a un’automation reale ed efficiente, non mancano timori e perplessità. Osservando il panorama italiano, Natali ha notato “una spinta di focalizzazione sul prodotto e la prevalenza di un approccio disgregato da cui l’azienda non riesce a trarre valore”.

Per “correggere il tiro” a processi di automation già innescati e iniziarne di altri, Kyndryl sceglie di proporsi come trusted advisor. Natali spiega meglio questo ruolo: “Di fronte alle varie offerte di prodotti e strumenti, aiutiamo a spostare l’attenzione sul processo nella sua interezza, sfruttando le tecnologie dei vari vendor per valorizzare le virtuosità dei diversi modelli. Il prodotto è un semplice attuatore, la nostra mission è introdurlo nell’azienda trasformandola completamente, ma in una logica sostenibile. Sia dal punto di vista dell’impatto economico che della tempistica di implementazione da parte dei team operativi”.

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