Attualità

Digitalizzare tradizioni “a rischio estinzione” per salvarle e diffonderle: l’Europa inizia dalla seta

Nella sua accelerazione continua, l’innovazione incrocia l’antica Via della Seta e digitalizza il patrimonio serico europeo. Un modo, l’unico, per salvarlo e renderlo fruibile per sempre e a un bacino di utenti più ampio e vario. Questa è la mission di Silknow, un progetto europeo, con partecipazione italiana, che ha creato un telaio virtuale 3D e una mappa interattiva spazio temporale con oltre 40.000 contenuti da “navigare”. Se si aprisse al contributo di terze parti, potrebbero aumentare esponenzialmente: una sfida di interoperabilità. 

Pubblicato il 23 Nov 2022

progetto digital humanities

Molto prima che l’idea di computer fosse anche solo concepita, le schede perforate erano utilizzate nei telai Jacquard per creare la seta. Più avanti, il commercio di questo tessuto ha favorito fortemente lo scambio di innovazioni e invenzioni tra Paesi che, senza di esso, mai avrebbero instaurato il dialogo. La tecnologia sembrerebbe quindi aver maturato un “debito” nei confronti della tradizione serica. Ora lo estingue con un progetto europeo che ne digitalizza il patrimonio materiale e immateriale e ne permette la fruizione immersiva 3D, salvandolo da una scomparsa quasi certa.

Si chiama Silknow e consiste nella creazione di un sistema computazionale super intelligente per migliorare conoscenza, fruizione e conservazione del patrimonio europeo legato alla seta. Una missione ambiziosa e, soprattutto, fortemente (e inevitabilmente) multi e interdisciplinare, perseguita solo grazie alla stretta collaborazione creatasi all’interno del team. L’Italia partecipa con esperti di storia e di ingegneria informatica dell’Università di Palermo, che contribuiscono al mix di competenze ottenuto facendo confluire il mondo tech (ICT, analisi del testo, elaborazione delle immagini, big data, stampa 3D) e quello storico-manufatturiero (semantica, storia dell’arte, terminologie, tecniche di fabbricazione e conservazione di tessuti).

Nuove tecnologie per democratizzare antiche conoscenze

Focalizzandosi per ora sul periodo dal XV al XIX secolo, Silknow applica la ricerca informatica alle esigenze di utenti diversi (musei, scuola, turismo, arte, media…) per migliorare la comprensione, la conservazione e la diffusione del patrimonio serico europeo. Prima ancora lo vuole conservare: con l’inesorabile cambio generazionale e la rapida industrializzazione entro pochi decenni potrebbe essere a rischio di estinzione. Grazie alla sua capacità di collegare in modo concreto e fruttuoso digitale e tradizione, democratizzando l’accesso alla conoscenza, ha conquistato uno degli “Europa Nostra Awards 2022”, riconoscimento prezioso per chi fa progetti di digital humanities

Gli obiettivi di Silknow vanno oltre la divulgazione diffusa della tradizione serica e impattano in svariati campi. La principale missione è quella di fornire alle istituzioni/musei legati alla seta risorse ICT che permettano loro di aprire la loro “ricchezza nascosta”, migliorando la conservazione dei dati digitali. Questo aprirebbe le porte a servizi turistici innovativi e potrebbe fornire nuovi stimoli ai designer moderni oltre che potenziare l’attività di R&S+I nella stampa 3D per l’industria tessile.

Silknow agisce anche dal punto di vista educativo, dedicando alle scuole unità didattiche in formato digitale e incoraggiando la produzione e la condivisione di contenuti che contribuiscano ad una migliore conoscenza delle Vie della Seta.

Figura 1: La mappa interattiva ADASilk per navigare nel tempo e nel mondo della seta europeo

Virtual Loom e ADASilk: un telaio virtuale e la mappa interattiva della seta

Tutti questi “buoni propositi” si traducono in due potenti strumenti digitali, concreti, funzionanti e potenzialmente esportabili e estendibili. Sfruttando riconoscimento visivo automatico, visualizzazione spazio-temporale avanzata e accesso multilingue arricchito da dati digitali, sono stati creati un telaio virtuale 3D e una mappa interattiva “serica”. Il focus è rimasto sulla ricerca di contenuti digitali in banche dati eterogenee, multilingue e multimodali.

Il primo output si chiama Virtual Loom e “clona” le tecniche di tessitura antiche, per renderle definitivamente tramandabili. Basandosi su record di cataloghi esistenti, fornisce rappresentazioni 3D dei tessuti a livello di filato e mostra tecniche antiche di produzione della seta e manufatti simili a quelli di una volta. È accessibile gratuitamente on line, a chiunque.

Figura 2: Il telaio virtuale con cui “toccare con mano” tessuti di un tempo

Il motore di ricerca che contiene al suo interno la mappa interattiva si chiama invece ADASilk, acronimo di Advanced Data Analysis for Silk heritage, ma anche omaggio alla matematica Ada Lovelace. Per ora contiene con 40.000 voci relative al mondo della seta e rappresenta una vittoria nella sfida all’interoperabilità dei dati. Una complessità inevitabile in progetti in cui, come questo, confluiscono diverse collezioni.

Collegato ad ADASilk, anche un thesaurus multilingue, frutto del lavoro degli storici che hanno individuato con pazienza un dizionario di termini in 5 lingue che definiscono elementi e tipologie di tessuti, spaziando in tutto ciò che riguarda questo dominio applicativo. Un prezioso elemento per il motore di ricerca, un progetto esportabile anche in altri campi in cui la varietà di terminologia ostacola il dialogo, anche all’interno dello stesso idioma.

Superato il problema delle parole, il team si è concentrato sul riconoscimento immagini, il cuore tecnologico di ADASilk. “È stato molto complesso determinare come rappresentare la similarità dal punto di vista algoritmico. Abbiamo dovuto comprendere i criteri adottati dagli storici e poi ‘tradurli’ per insegnarli alla macchina. Abbiamo sottoposto loro coppie di immagini che secondo l’algoritmo erano associabili e, grazie ai loro feedback, man mano siamo riusciti a insegnargli a ragionare ‘da storico’. È stato un lavoro duro, ma abbiamo individuato un metodo che oggi può risultare valido anche in altri contesti simili” spiega Valeria Seidita, ricercatrice universitaria dell’Università di Palermo che ha partecipato a questa fase.

Un’altra sfida tecnologica, che ha visto stavolta primo e unico protagonista l’ateneo italiano, è stato il testing. “Abbiamo coinvolto oltre 200 utenti, spaziando in tutte le tipologie possibili e sottoponendo loro un questionario sviluppato con l’approccio SUS (System Usability Scale) per indagare la soddisfazione dei naviganti. Con i colleghi spagnoli, abbiamo ideato algoritmi matematici che permettono di capire se cancellare possibili risposte incoerenti, per arrivare a un feedback finale realistico. Sono emersi molti suggerimenti utili che hanno aiutato il team di Silknow a migliorare l’algoritmo di riconoscimento immagini, realizzato dalla Germania, e la parte di deep learning, seguita dalla Slovenia” racconta Seidita.

Figura 3: Virtual Loom potrebbe diventare accessibile anche a ipovedenti e non vedenti

Più ricco, inclusivo e collettivo: il futuro di Silknow nel nome dell’interoperabilità

Anche se, ufficialmente e per ora, il progetto Silknow risulta concluso, chi come Seidita ci ha lavorato sa che potrebbe proseguire. Sia dal punto di vista della conservazione del patrimonio e della sua diffusione inclusiva, sia da quello delle tecnologie, sempre al servizio della storia e dell’arte. Per prima cosa si potrebbe facilmente estendere ADASilk ad altri domini applicativi, utilizzando gli strumenti già sviluppati. Doveroso sarebbe poi migliorare il Virtual Loom per includere anche utenza con disabilità, partendo da non vedenti o ipovedenti. La realtà virtuale e la stampa 3D permetterebbero, per esempio, di ricreare un tessuto da toccare, quello “di una volta” ora sparito oppure quello conservato in teche perché fragile e raro.

Dal punto di vista delle tecnologie, Seidita vede davanti a sé una grossa ma importante sfida: una versione 2 di ADASilk dove gli utenti diventano anche contributor autonomi e diretti della mappa.

“Si tratta di inserire la possibilità di integrare dati e materiali anche di terze parti. Ora sono disponibili solo le funzioni di fruizione e di comparazione, ma è necessario passare dallo staff per aggiungere elementi. Sarebbe una svolta per questo progetto, un’opportunità per i tanti collezionisti e appassionati e un guadagno per tutti, ricercatori compresi. Aumenterebbe in modo importante la quantità dei contenuti” spiega Seidita. L’apertura a contributor esterni comporta una serie di sfide informatiche: ciascuno utilizza un proprio linguaggio, ha un background specifico e inserisce elementi con modalità diverse. Il software deve saperli tradurre per poter applicare algoritmi di machine learning, creando una sorta di ponte tra la nostra intelligenza e quella artificiale.

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