La riduzione della spesa si potrebbe considerare un risultato positivo, ma analizzandone la composizione emerge che la maggior parte, soprattutto a livello locale, viene assorbita dalla manutenzione corrente, per infrastrutture hardware e software sempre più obsolete. “La spesa corrente effettiva, è di circa 10 miliardi per mantenere un sistema vecchio e frammentato”, ha ribadito Agostino Ragosa, direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale nel corso del dibattito seguito alla presentazione del rapporto. Anche se dunque la spesa decresce resta bassa la qualità e grande la frammentazione: quasi il 60% delle banche dati delle amministrazioni centrali non sono integrate fra loro né con quelle delle amministrazioni locali.
È in questo contesto che va ad inserirsi l’azione del Commissario per l’attuazione dell’Agenda Digitale, Francesco Caio, che nel suo intervento ha ribadito la scelta degli ormai noti tre progetti prioritari (identità elettronica per il cittadino, anagrafe digitale e fatturazione elettronica) con obiettivi e tempi di attuazione ben definiti da utilizzare come modelli da estendere ai futuri progetti e dato rassicurazioni sullo stato di avanzamento.
La scelta di partire da alcune priorità definite è stata valutata positivamente anche da Linda Lanzillotta, Vicepresidente del Senato: “Per superare una frammentazione istituzionale ormai insostenibile, valuto positiva la centralizzazione della governance per alcuni progetti di sistema, come identità e anagrafe digitali, fatturazione elettronica, interoperabilità”, ha detto, ricordando la necessità di una contabilità unica che eviti, come accaduto di recente, che lo Stato non sia in grado di stabilire la propria situazione debitoria nei confronti dei fornitori privati. “Eppure lo stato potrebbe farlo, grazie all’articolo 117 della Costituzione [che gli assegna competenza esclusiva di “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale”, ndr]. Ma fino ad oggi ha subìto l’imposizione locale che ha portato a una gestione opaca dei bilanci”.
“Mi ha colpito che il presidente del consiglio abbia affermato che la digitalizzazione è la riforma dello stato”, ha commentato Paolo Gentiloni, deputato Pd, aggiungendo: “Indica consapevolezza e una scelta strategica che finora ha prodotto diverse norme, la principale il decreto sviluppo 2.0 da cui sono nate norme importanti il cui stato di attuazione è ancora arretrato”.
Per realizzare l’obiettivo della pervasività del digitale svolgono un ruolo importante gli aggregatori della domanda come Consip, le centrali regionali di acquisto, le società It in-house delle pubbliche amministrazioni, che rappresentano un’opportunità di qualificazione della domanda da parte delle amministrazioni, ha sottolineato Domenico Casalino, amministratore delegato di Consip: “Fare una gara è un processo complesso e rappresenta uno dei principali ritardi nella realizzazione dei progetti: in Italia dal bando alla stipula passano in media 15 mesi mentre in Germania 7; noi dobbiamo lavorare su 700 articoli (fra norme contrattuali e attuative) mentre per la Germania ne bastano 80”, ha precisato Casalino ricordando che il modello basato sulle società It in house delle pubbliche amministrazioni come committente, pur non risolvendo la complessità delle procedure di gara, è il più efficiente nell’attivazione della domanda privata. È infatti l’unico in grado di proporre una domanda intelligente (che risponde cioè alle reali esigenze delle amministrazioni) sfidando il mercato sul terreno dell’innovazione. La società in house va però vista come interfaccia fra la domanda delle amministrazioni e l’offerta, non come erogatore di servizi.
“Va invece evitata la distorsione di uno stato imprenditore che, attraverso le società in house, eroga servizi It a imprese, cittadini e Pa, spesso in modo inefficiente, attività che ha penalizzato in passato l’industria Ict italiana e disincentivato quella internazionale”, ha aggiunto, concordando con la posizione di Lanzillotta che aveva sostenuto: “Nell’impossibilità di svolgere le funzioni anche per assenza delle professionalità necessarie e incapacità di cambiare rapidamente, le società in house dovrebbero diventare agenzie regionali, come snodo dell’agenzia nazionale per concentrare le richieste e fare da interfaccia fra domanda e offerta”.