In Italia gli indicatori di qualità dell’assistenza primaria e ospedaliera rimangono al di sopra della media Ocse in molte aree, nonostante si registrino livelli di spesa sanitaria inferiori ad altri paesi ad alto reddito. Tuttavia, il Paese rimane arretrato rispetto ad altri sull’assistenza agli anziani, la prevenzione delle malattie non trasmissibili, i tempi di attesa (fonte Health at a Glance 2015).
La sfida è contenere la spesa migliorando la qualità della prestazione, missione che sembra impossibile nel Paese più vecchio d’Europa con il 21,4% dei cittadini over 65 e il 6,4% over 80. Ma il piano “Sanità 2.0” per risparmiare 7 miliardi e offrire cure migliori c’è già, assicura il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin.
Alcuni dei punti cardine sono i Centri unici di prenotazione (Cup) telematici, il Fascicolo Sanitario Elettronico (Fse), le ricette elettroniche, i certificati telematici e la telemedicina. I benefici possono valere 15 miliardi, secondo le analisi dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, se si tiene conto non solo della maggiore produttività delle strutture sanitarie ma anche dei risparmi di tempo dei cittadini.
La prima buona notizia è che il livello di spesa Ict, pari a 1,3% della spesa sanitaria pubblica, molto più bassa di quelle dei paesi più avanzati, è ricominciato a salire a partire dal 2014, da quando cioè le aziende sanitarie hanno avviato le iniziative di digitalizzazione. “La digitalizzazione dei processi verso il cittadino consente di trasformarli, eliminare quelli a basso valore aggiunto e ridurre i tempi – aggiunge Chiara Sgarbossa, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità – In questo modo si riesce anche a rispondere all’aumento della domanda da parte dei cittadini a cui non corrisponde un equivalente aumento delle assunzioni”.
Dal campo lo conferma Andrea Belardinelli, Direttore Programmazione Strategica e Innovazione dell’Azienda Ospedaliero-universitaria di Careggi (Firenze), a partire da una lunga esperienza di diffusione sul territorio in varie città toscane di totem per offrire servizi informativi e ritiro di risultati di esami: “Queste soluzioni non solo evitano la perdita di tempo ai cittadini, ma liberano risorse da assegnare ad altri servizi”.
Una seconda buona notizia è la consapevolezza diffusa della necessità dell’innovazione digitale fra i decisori del settore. Secondo un’indagine svolta dall’Osservatorio fra Cio, Direttori generali, amministrativi e sanitari in rappresentanza di 130 strutture socio-sanitarie italiane, emerge che il 61% ritiene che le tecnologie digitali debbano supportare l’innovazione e il miglioramento dei processi dell’azienda e considera il Fse (52%) l’area di innovazione più importante.
Fascicolo Sanitario Elettronico, la chiave di volta per la sanità?
L’Osservatorio Sanità ha calcolato che, grazie al Fse-Fascicolo Sanitario Elettronico, si potrebbero risparmiare fino a 1.650 milioni/anno per l’ottimizzazione dell’attività degli operatori e la dematerializzazione, fino a 350 milioni/anno dalla relazione multichannel con il cittadino, e fino a 4.930 milioni per i cittadini grazie al risparmio del tempo non dovendosi recare a ritirare i referti o fare la fila per i prelievi.
La componente più carente sembra, ad oggi, quella dell’informazione rivolta ai cittadini i quali, nella grandissima maggioranza, non ne hanno mai sentito parlare, come testimonia un’indagine Doxa per conto degli Osservatori. Anche in regioni come la Toscana, dove la sperimentazione è avanzata, l’accesso da parte dei cittadini è scarso.
“Il Fse regionale è stato un buon esercizio tecnologico che ha spinto tutte le Asl a predisporre interfacce verso i propri sistemi per trasferire al database regionale in tempo reale qualunque evento riguardi un cittadino, il quale però ha al momento una certa difficoltà ad accedere”, commenta Belardinelli. Per garantire la sicurezza è stato infatti predisposto un sistema piuttosto complesso da Pc che richiede l’autenticazione tramite smart card e presuppore un lettore. Mentre l’app, limitata agli esami fatti a Careggi (ma che potrebbe in futuro agganciare i dati del Fse), sta riscuotendo un certo successo, visto che le persone “portano i propri dati in tasca – dice Belardinelli – Se si interrompe per ragioni tecniche l’accesso all’app, ricevo centinaia di email, mentre se si blocca il Fse nessuno se ne accorge”.
L’app Careggi Smart Hospital, prevede una parte informativa open e una parte che richiede l’autenticazione sicura tramite smartphone o tablet. L’Ospedale sta sperimentando l’uso di app in diversi ambiti: l’app Prelievo amico che consente di fissare l’appuntamento da mobile o web scegliendo giorno e orario con slot di 3 minuti, evitando lunghe attese, con riflessi positivi anche sull’organizzazione interna; un’ulteriore sperimentazione riguarda l’app #anticoagulante amico, dedicato a pazienti in terapia antitrombotica.
Altri ospedali stanno effettuando sperimentazioni analoghe per migliorare le relazioni con i pazienti e con il territorio, che potrebbero avere risvolti interessanti anche nel campo della prevenzione. Ma sarà sufficiente la spinta dal basso per forzare la digitalizzazione della sanità?
La digitalizzazione del settore farmaceutico aiuta la rivoluzione tecnologica
Il settore più strettamente connesso a quello della sanità è indubbiamente il farmaceutico, che risente sia della digitalizzazione della sanità sia di dinamiche connesse all’innovazione tecnologica tipica dell’industry, che in Italia ha punte di eccellenza ma che deve tener conto delle dinamiche internazionali. Il farmaceutico italiano esporta il 73% della produzione (29 miliardi, seconda in Europa dopo la Germania) con un incremento dell’export del 71% negli ultimi 5 anni, quasi doppio rispetto della media dell’industria manifatturiera.
Un’analisi internazionale McKinsey, realizzata intervistando leader ed esperti del settore farmaceutico, sostiene che avranno successo le imprese capaci di ripensare il proprio modelli di business e operativo, tenendo conto che il settore è al centro di una profonda trasformazione per l’avvento di nuove tecnologie.
“Le scoperte scientifiche che derivano dalla genomica e dalle biotecnologie hanno risvolti su tutta la filiera, partendo dalla ricerca e sviluppo fino alla commercializzazione, considerando anche che il settore farmaceutico è altamente regolamentato”, sostiene Alberto Peralta, Cio di Astrazeneca, che mette in luce come la digitalizzazione renda possibili processi che in passato non potevano essere altrettanto efficaci come lo scambio di grandi quantità di informazioni e la collaborazione fra industria e altri attori (università e centri di ricerca). “Un altro aspetto che si osserva è la Real World Evidence [ndr: una metodologia che impone di produrre dati ed evidenze a supporto dell’uso dei farmaci, soprattutto per i più costosi] che potrebbe avere una spinta proprio in conseguenza della digitalizzazione dei processi che generano una mole di informazioni prima non immaginabile”. Questa indicazione è condivisa dall’analisi di Gartner che indica la necessità dell’It di creare grandi piattaforme Big data scientifici per assecondare i nuovi paradigmi per il farmaco. Grazie alla genomica e alla medicina personalizzata, sarà possibile definire strategie terapeutiche studiate per il singolo paziente, basate sulla risposta individuale ai farmaci e selezionare il farmaco giusto, alla dose giusta, per la persona giusta.
Altre novità che stanno per sconvolgere il life science sono, secondo Gartner:
- il nuovo potere dei pazienti digitali, che aggirano le modalità attuali di interazione e rendono necessario creare app e servizi dedicati, capaci di garantire privacy e sicurezza;
- l’evoluzione degli analytics da predittivi a prescrittivi che migliorerà il buon esito delle cure;
- il cloud che diventa una tecnologia indispensabile per abilitate l’It on Demand per l’intera infrastruttura;
- i sistemi wearable che per consentire sperimentazioni virtuali e da remoto, impongono la creazione di un’infrastruttura ed ecosistemi di partner per gestirli;
- le terapie basate sull’intelligenza artificiale e il Cognitive Computing, l’IoT applicato al settore per la produzione e la distribuzione.
In questo mare magnum di innovazione, le aziende devono scegliere su cosa concentrarsi. Secondo Peralta bisogna guardare con attenzione soprattutto ciò che può semplificare i processi intra e interaziendali, considerando in primis il cambiamento culturale che deve abilitare i nuovi modi di operare. “La mobility è un’area che si conferma importante, per permettere alle organizzazioni quella flessibilità che il contesto in continuo cambiamento impone. Spesso mobility e semplificazione vanno di pari passo – aggiunge Peralta – Le tecnologie per abilitare le soluzioni applicative evolute basate su cloud e nativamente integrabili possono rappresentare una valida dorsale per la digitalizzazione”. Le tecnologie analytics in memory rivestono un potenziale interessante per trattare grandi moli di dati.
“È da sottolineare che la definizione di una strategia informativa è alla base della corretta scelta ed implementazione delle singole tecnologie – sottolinea Peralta – Acquistare un servizio SaaS non equivale a definire una strategia informativa basata su un’architettura cloud-based, che permetta di massimizzarne il potenziale. Il settore farmaceutico, come l’intero sistema Paese ha bisogno di infrastrutture adeguate e di persone formate per essere proiettate verso il futuro Ict”.
In conclusione condividiamo, per entrambi i settori, il richiamo di Gartner: l’obiettivo del Cio dovrebbe essere promuovere la trasformazione della sua azienda dall’attuale modello bastato sul processo e su una cultura analogico-elettronica, focalizzato sull’interno a uno centrato sul paziente, sul business digitale e focalizzato sull’esterno.