I consumatori sono disposti a pagare di più per avere una migliore esperienza di acquisto, è quanto emerge dallo studio condotto da Capgemini dal titolo “The Disconnected customer: what digital customer experience leaders teach us about reconnecting with customer” che, in sintesi, ha rilevato uno scollamento tra la visione delle aziende e i consumatori in merito alla customer experience. La ricerca – che è stata svolta su 450 senior executive di 150 aziende e oltre 3.300 clienti di aziende in tutto il mondo appartenenti a diversi settori quali utility, beni di largo consumo, retail, retail banking e servizi internet – ha evidenziato infatti che nonostante i 3 quarti delle aziende intervistate ritengano di mettere la clientela al centro delle proprie scelte strategiche, solo il 30% dei consumatori concorda con questa affermazione.
Più nello specifico, tra i risultati si legge che utility e aziende di beni di consumo sono le meno allineate con i clienti, d’altra parte, in generale, solo tre imprese su dieci (delle 125 che hanno preso parte allo studio) soddisfano le aspettative dei clienti.
Per quanto riguarda il restante 70%, il ritorno legato a una migliore esperienza è piuttosto alto, 8 clienti su 10 (81%) affermano infatti di essere disposti a spendere di più per una miglior customer experience. Addirittura, 1 cliente su 10 (9%) dichiara di essere disposto a raddoppiare la spesa. I clienti in India (89%) e in Cina (95%) sono più propensi a riconoscere una miglior customer experience spendendo di più, mentre in Germania (61%) e Olanda (72%) vale l’esatto contrario.
Quanto è importante il digitale per la customer experience
Per i clienti, il digitale è fondamentale per soddisfare le loro aspettative. Per poter creare un indice Digital Customer Experience (DCX), il Digital Transformation Institute di Capgemini ha valutato le organizzazioni sulla base di 80 criteri diversi legati alla digital experience, che vanno dall’abilità nell’individuare e aggiornare i dati personali alla customizzazione di prodotti e servizi per i dispositivi mobili. Maggiori sono i criteri digitali impiegati da un’impresa e maggiore è il loro grado di sviluppo e più elevato sarà il punteggio nell’indice DCX. Nell’analizzare la propensione dei clienti a spendere di più e nell’elaborazione del NPS (Net Promoter Score che indica la predisposizione del cliente a raccomandare un prodotto o un servizio di una data azienda) , Capgemini ha evidenziato che per ogni singolo punto guadagnato nell’indice DCX i clienti sono disposti a spendere lo 0,6% in più con una data azienda e, di conseguenza, anche l’NPS aumenta di 5 punti. La ricerca mostra che l’indice DXC è fortemente correlato all’NPS di una società (coefficiente di correlazione: 0,73). Inoltre, lo studio ha evidenziato che, negli ultimi 5 anni, le società nella top ten dell’indice DCX hanno registrato un aumento del 16% del prezzo azionario, mentre le ultime 10 hanno visto il loro prezzo azionario salire in media solo del 6%.
In pratica, nello studio emerge che meno di 2 imprese su 10 (19%) stanno rispondendo alle esigenze del cliente in termini di customer experience. Per quelle che invece riescono a soddisfare il cliente, esistono sfide sia a livello organizzativo che a livello tecnico. La rapida evoluzione del contesto tecnologico (56%) e l’aumento delle aspettative del cliente (57%) vengono indicate come alcune fra le sfide più importanti dell’area IT, superiori all’integrazione di diverse piattaforme (38%) o a una scarsa interfaccia utente (32%). Questo sta a indicare che, nonostante molte aziende abbiano fatto propri i fondamentali del digitale, l’inarrestabile evoluzione della tecnologia rappresenta uno dei maggiori problemi. Le imprese parlano anche dell’assenza di un budget dedicato alla customer experience (41%) e la proprietà interna dell’esperienza digitale del cliente (35%), sottolineando il fatto che molte realtà non attribuiscono un ruolo chiave al digitale e non lo ritengono uno strumento per dare impulso alla competitività e alla crescita.