“Il rapporto fra investimenti in Ict e Pil è per l’Italia inferiore di quasi 2 punti rispetto alla media europea; ciò si traduce in un gap di 25 miliardi l’anno di mancati investimenti – afferma Elio Catania, neo-presidente di Confindustria Digitale – Eppure è da più parti ormai riconosciuta una correlazione diretta fra investimenti in Ict, produttività e crescita economica”.
In Italia si è assistito a una riduzione negli investimenti (fra il 5% e il 6% nel 2013) proprio nei settori che più avrebbero bisogno di digitalizzazione come le Pmi e la Pubblica Amministrazione, con i suoi bisogni di semplificazione e di efficienza. “Nel nostro Paese, si è aperta dall’inizio degli anni 2000 una divaricazione rispetto al resto d’Europa, come se non avessimo compreso che le tecnologie web hanno rimesso in discussione modelli di business e di servizi al cittadino”, spiega Catania, evidenziando la contraddizione fra questi ritardi, la nostra leadership in Europa nel mobile consumer e la presenza di imprese di eccellenza che hanno basato il loro successo proprio su un’elevata intensità tecnologica. È da questi ultimi fatti positivi che si deve partire per guardare con ottimismo alle opportunità che i finanziamenti europei possono offrire.
“Horizon pone grande enfasi sulle Pmi, per le quali, come sappiamo, non è però facile incorporare innovazione: spesso non ci sono persone interne in grado di trasformare le tecnologie in business e altrettanto frequentemente mancano le risorse economiche per rivedere i processi – precisa Catania – È dunque necessario stimolare la domanda facendo capire alle Pmi che proprio grazie alle tecnologie possono diventare più competitive. Questo è un terreno su cui come Confindustria Digitale siamo e saremo sempre più impegnati”.
Per migliorare la capacità del Paese di attrarre i fondi europei serve soprattutto cooperare di più fra le organizzazioni, pubbliche e private, responsabili della presentazione dei progetti. “Dobbiamo soprattutto evitare, come nel precedente FP7 (VIII Programma dell’Unione Europea per la ricerca e innovazione che copre il periodo 2007-2013), di riportare a casa meno dell’8% a fronte del 14% di investimenti. Un buon obiettivo potrebbe essere raccogliere 12 miliardi di euro”, avverte Catania.
Si tratta in pratica di dimezzare il gap fra quanto l’Italia investe nella ricerca europea e quanto riesce a riportare nel Paese attraendo almeno l’11-12% degli investimenti globali nei prossimi due anni; si potrebbe così riuscire nel 2020 a riprenderci almeno quanto abbiamo versato.
“Auspichiamo dunque la collaborazione sinergica fra Miur e le aziende di Confindustria Digitale guardando da subito al biennio 2015-16, visto che per il 2014 è ormai tardi – suggerisce Catania – Si dovrebbe identificare anche per l’Ict un comitato di programma per fornire contributi immediati per orientare le scelte. È importante che i programmi integrino le esigenze dell’industria ma è altrettanto importante che il governo italiano si impegni con una verifica annuale sull’andamento dei fondi che riusciremo ad acquisire per correggere il tiro in corso d’opera”.
Le possibilità per l’Italia sono favorevoli, viste le aree su cui si concentreranno i finanziamenti, come big e open data, cloud infrastructure, wireless, cyber security, per le tecnologie abilitanti; salute, smart city, istruzione e formazione, e-government, per quanto riguarda i settori applicativi.
“Come Confindustria Digitale, dopo una prima fase in cui abbiamo contribuito alla definizione dell’Agenda Digitale Italiana, siamo ora fortemente impegnati ad aiutare la Pa e le Pmi a trasformarsi con l’aiuto dell’Ict, a partire dai buoni esempi”, conclude Catania.