Evoluzione del CIO, dagli anni ’80 fino al 2005 su un binario strettamente tecnologico e operativo: dalla gestione dei CED ai desktop nella prima fase dell’informatizzazione aziendale. Mansioni che per troppo tempo hanno condizionato il CdA, facendo percepire il reparto IT esclusivamente come centro di costo, piuttosto che come centro di profitto. Quando la consapevolezza del potenziale dell’IT come fattore abilitante per l’innovazione e la crescita del business ha iniziato a prendere piede, il cambio di prospettiva ha portato l’attenzione sulle competenze richieste ai leader IT, in particolare ai CIO.
Evoluzione del CIO come abilitatore del business
A fare il punto sull’evoluzione del CIO un panel di head hunter in occasione della tavola rotonda “Fly like a CIO, come muoversi tra competenze e talenti”, organizzata nel corso dei Digital360 Awards e CIOsumm.IT 2024 a Lazise organizzato da Digital360 e Aused. Il focus del dibattito? Il fatto che già da tempo essere Chief Information Officer non significa più avere una solida base tecnica.
“Le competenze richieste a un CIO da tempo vanno oltre la tecnologia – ha spiegato Luca Berton, Principal della divisione IT & Digital di Chaberton Professionals -. Secondo studi di McKinsey, entro il 2025 oltre il 60% del fatturato aziendale sarà generato dalla tecnologia, portando i CIO di sedere al tavolo delle decisioni aziendali, per intercettare le esigenze del business e tradurle in soluzioni tecnologiche efficaci. Ma oggi i CIO non solo devono fare scouting delle nuove tecnologie. Con ben quattro generazioni che convivono nelle aziende (generazione della ricostruzione, baby boomer, millennial e Gen Z NdR), i CIO devono considerare le diverse esigenze e sviluppare competenze per attrarre e mantenere i talenti, motivandoli e supportandoli. Le competenze trasversali, come l’intelligenza emotiva, per i CIO sono diventate essenziali”.
La pandemia ha accelerato il cambiamento del paradigma professionale
La pandemia è stata la chiave… di svolta. Nel momento in cui le aziende hanno dovuto adattarsi rapidamente al lavoro da remoto, sono stati i CIO a risolvere sfide significative per abilitare i dipendenti a lavorare efficacemente da casa. La crisi ha accelerato la trasformazione digitale. Sul piatto l’adozione di nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale e i chatbot introdotti celermente per migliorare il customer service e ridurre i costi. Una rivoluzione che ha indotto un’evoluzione del CIO portato a combinare competenze tecniche, digitali, manageriali e di business per guidare l’azienda verso il futuro, mantenendo il valore dell’innovazione al centro della strategia aziendale.
“La linea che separa le competenze tecniche da quelle trasversali è sempre più sottile. Soprattutto, le competenze necessarie oggi potrebbero non essere quelle di domani – ha fatto notare Giuseppe Scalia, HR Advisor & Head Hunter di Key2People -. Tra le abilità emergenti, rimane fondamentale lo scouting tecnologico. Capire quale tecnologia è davvero utile per la trasformazione del business di un’azienda è una competenza strategica così come lo è la gestione dei fornitori. Il CIO deve saper orchestrare l’ecosistema dei provider in modo strategico, andando oltre il semplice procurement. Anche la definizione del miglior modello organizzativo non è più competenza esclusiva delle risorse umane, ma rientra nelle responsabilità del CIO, che devono occuparsi di definire le linee guida dello sviluppo”.
Come puntualizza il manager, istruire e motivare il team è oggi più cruciale che mai. Soprattutto in un’era multigenerazionale, in cui le aspettative dei più giovani non sono le stesse delle generazioni che li precedono. Con il 50% delle progettualità nell’area tecnologica orientate al change management, il ruolo del CIO richiede un’attenta valutazione delle competenze interne, attraverso assessment e mappature delle capacità manageriali. I percorsi di accompagnamento, come il coaching o la Skill gym, diventano strumenti essenziali per garantire che il team sia allineato e pronto a supportare le sfide future. E, laddove si identificano gap di competenze, si attivano percorsi di upskilling e reskilling. Solo quando è necessario, si procede con la ricerca di nuovi talenti.
Inserire nel radar aziendale il talent management dell’IT
Secondo una ricerca di Page Executive, in Europa è prevista una carenza di 85 milioni di lavoratori qualificati in ambito IT a livello globale nei prossimi anni, una cifra allarmante che mette in luce la necessità di strategie efficaci di attraction e di retention. Ma come farlo? A volte vanno capiti quali sono i valori che le aziende devono mettere in campo e se c’è una fasatura tra i valori dell’azienda e quelli delle persone. Il punto è cercare anche di capire come poter fare qualche cosa quando l’azienda è poco flessibile. Due esempi per tutti, l’apertura allo smart working o una gestione di NBO (Next Best Offer NdR) quando in realtà gli obiettivi non sono proprio così chiari. Con un mercato del lavoro in continuo movimento, dove 9 candidati su 10 che valutano costantemente nuove opportunità, la sfida delle aziende è dare un senso e un valore duraturo ai ruoli all’interno dei propri team IT.
“Uno degli aspetti critici evidenziati è la mancanza di una visione a lungo termine all’interno delle aziende, in particolare nel settore IT – ha ribadito Luca Danelon, Principal di Page Executive –. Spesso, le assunzioni avvengono per rispondere a esigenze immediate piuttosto che per costruire qualcosa di duraturo. Questo approccio può limitare le opportunità di crescita professionale rispetto ad altri settori aziendali, come vendite e finanza, dove i percorsi di carriera sono più definiti. Per attrarre i migliori talenti, le aziende devono offrire una chiara visibilità sui progetti futuri e su come i nuovi assunti possono contribuire al successo aziendale. È fondamentale che i candidati comprendano non solo gli obiettivi immediati, ma anche come il loro ruolo possa ridurre inefficienze e migliorare i processi produttivi. Questo approccio non solo attira i talenti, ma aumenta anche il loro coinvolgimento e la loro motivazione. La flessibilità, in particolare in termini di smart working, è ormai un requisito imprescindibile. La pandemia ha reso questo aspetto una priorità per molti professionisti, con il 55% che non considera opportunità lavorative che non offrano flessibilità, indipendentemente dall’attrattività del pacchetto salariale. Infine, è essenziale definire percorsi di carriera chiari e a lungo termine, in collaborazione con le risorse umane. Questo non solo aiuta ad attrarre talenti, ma è anche cruciale per la retention, evitando che i dipendenti lascino l’azienda”.
Ancora sottostimato il carrier path management dei responsabili IT
Un altro aspetto critico sottolineato dagli head hunter è la mancanza di chiari percorsi di carriera per le figure IT, che spesso si trovano a svolgere lo stesso ruolo per dieci anni senza prospettive di crescita. Il fenomeno è in netto contrasto con percorsi più strutturati presenti in altre aree aziendali, come le vendite, dove un impiegato può progredire da account a sales manager e poi a director.
“Le medie aziende, in particolare, sembrano soffrire di questa mancanza di visione strategica – ha aggiunto Danelon -. A differenza delle grandi aziende, dove i percorsi di carriera sono meglio definiti grazie a strutture organizzative più sviluppate, le medie imprese spesso non dispongono di un sistema efficace di talent acquisition e di retention. Questo porta a un elevato turnover, poiché i professionisti IT, non vedendo possibilità di avanzamento, sono attratti da altre opportunità di mercato”.
Le aziende devono imparare a investire nella creazione di percorsi di carriera chiari e motivanti per i loro dipendenti IT, garantendo opportunità di crescita e sviluppo professionale che vadano oltre il semplice avanzamento tecnico. È fondamentale strutturare percorsi di carriera capaci di offrire una reale progressione e soddisfazione professionale, evitando che i dipendenti si sentano intrappolati in ruoli stagnanti e che il mercato li attragga altrove.
“Mentre i percorsi di carriera della direzione commerciale sono definiti e giustificati dalla capacità dei professionisti di generare entrate dirette per l’azienda, portando clienti e denaro – ha commentato Giorgio Veronelli, Managing Director di GCH Consulting & Allen Parker Executive Search -, non esiste un processo analogo per i professionisti IT. Tuttavia, è fondamentale cambiare questa percezione e riconoscere che anche l’IT è un centro di profitto, non solo un centro di costo. In questo senso è necessario avviare un dialogo per sottolineare l’importanza strategica dell’IT e il suo ruolo cruciale nel raggiungimento degli obiettivi aziendali, sviluppando percorsi di carriera attrattivi e fidelizzanti che vadano oltre la mera retribuzione”.
Le sfide nell’Attraction e nella Retention
Attraction e Retention formano un binomio indissolubile nel processo di ingaggio e fidelizzazione del candidato. Mentre l’Attraction rappresenta la promessa che un’organizzazione fa al lavoratore, la Retention riguarda il modo in cui l’azienda mantiene quella promessa.
“La vera sfida è garantire che le promesse fatte ai clienti siano sostenibili e realizzabili – ha esordito Riccardo Spinelli, Head of Sales di Jobify -. Quando un’azienda perde una figura di livello manageriale, il costo è significativo, spesso equivalente a nove mensilità del salario del dipendente. Questo perché non si tratta solo di rimpiazzare una persona, ma di perdere know-how e dover formare un nuovo arrivato, aumentando le incognite e i rischi di insuccesso. Gli head hunter devono quindi operare come consulenti strategici. È essenziale valutare la compatibilità tra il candidato e la cultura aziendale, poiché competenze tecniche e soft skills da sole non garantiscono il successo. Senza un matching culturale, il patto tra azienda e dipendente rischia di rompersi. Un approccio efficace include studi di fattibilità e una comunicazione continua con le aziende sulle reali condizioni di mercato. Ad esempio, se un’azienda cerca un manager altamente qualificato a un costo irrealisticamente basso, è compito dell’head hunter spiegare chiaramente che i parametri devono essere rivisti per evitare aspettative che non hanno fondamento e insuccessi”.
Inoltre, un processo di ricerca candidato deve essere monitorato costantemente. Se emergono difficoltà nel trovare il candidato giusto, è cruciale informare regolarmente l’azienda, utilizzando dati concreti per spiegare le sfide incontrate. Questo approccio non solo aiuta a gestire le aspettative, ma contribuisce anche a migliorare la strategia di retention, evidenziando l’importanza di includere piani di carriera chiari fin dall’inizio.
Evoluzione del CIO: verso una leadership completa
Come sottolineano tutti gli head hunter, la prima domanda che fanno i CIO è a chi riporta la funzione in questo momento? Perché, anche se si tratta di un’azienda top brand, appena sentono che non avranno una reporting line diretta con il CEO, dicono subito grazie per aver pensato a me, ma non sono interessato, consapevoli del fatto che in quell’azienda non avranno le leve per essere efficaci e nemmeno le motivazioni a dedicare le proprie competenze ed energie.
“Questo cambiamento è stato potenziato dall’emergere di tecnologie complesse come l’intelligenza artificiale, che hanno spinto gli imprenditori a riconoscere la necessità di competenze esterne più tecniche – ha precisato Veronelli -. Oggi, il ruolo del CIO continua a trasformarsi, con un’enfasi sempre maggiore sulla compliance e la sicurezza. La leadership del team e lo sviluppo delle competenze del personale sono diventati fondamentali. Non si tratta più solo di risolvere problemi tecnici, ma di far crescere le persone all’interno dell’organizzazione, condividendo obiettivi e piani di crescita con il resto dell’azienda”.
In generale, sebbene ancora in molte aziende l’IT non sia ancora considerato un centro di profitto, il suo ruolo ha implicazioni strategiche attraverso tutta l’organizzazione, influenzando le operazioni e richiedendo l’uso di strumenti specifici che erano inimmaginabili decenni fa. L’ultimo capitolo dell’evoluzione del CIO è implementare i nuovi strumenti che abilitano l’intelligenza collaborativa tra persone e macchine.
Da tecnologia a strategia: i CIO come nuovi leader aziendali
Durante la pandemia, la capacità di garantire operatività attraverso soluzioni come il lavoro da remoto e la sicurezza informatica ha evidenziato la necessità di un CIO che non solo gestisca la tecnologia, ma che abbia anche potere decisionale, budget e capacità di strategia. Tuttavia, il ruolo del CIO è in continua evoluzione perché associato a uno sviluppo tecnologico sempre più multidimensionale in termini di competenze e di responsabilità. Basti pensare all’ingresso della GenAI che ha scaricato sui CIO anche responsabilità di tipo etico, oltre che tecnico e operativo.
“Nell’evoluzione del CIO il prossimo passo sarà quello di essere riconosciuto come un manager completo – ha concluso Stefano Ferranda di Key partners – che implica anche una maggiore attenzione a tutti i temi della leadership e della retention dei talenti. Spesso, i dipendenti lasciano i loro superiori, non le aziende, il che sottolinea l’importanza di una buona gestione e visione a lungo termine. Il CIO moderno deve essere in grado di offrire stabilità e percorsi di crescita, trasformando i giovani sviluppatori di oggi nei potenziali leader di domani.
In futuro sono certo che i CIO assumeranno ruoli ancora più centrali, fino a diventare amministratori delegati, ridefinendo il panorama aziendale dei prossimi anni”.