27 gli anni di Mark Zuckerberg, Ceo di Facebook. E 24 ore il tempo che ci ha messo per decidere di chiamare Kevyn Systrom, Ceo di Instagram, applicazione che permette di scattare foto, applicare filtri ed effetti speciali e condividere le foto su numerosi servizi di social network (tra cui Facebook, Twitter, Foursquare, Tumblr, Flickr, Posterous…), dopo averne visto i risultati finanziari: Instagram, società con 13 dipendenti, ha una strepitosa valuation attorno ai 500 milioni di dollari. Zuckerberg ne ha offerti 1000, un miliardo tondo sia pure diviso in soldi e in azioni, e ha chiuso l’affare. ‘Incidentalmente’ ha avvisato il suo board solo dopo, a cose fatte.
Cosa ha fatto scattare in modo così fulmineo Facebook? Certamente più che i risultati di Borsa, dicono i bene informati, il rilascio dell’App Instagram per Android a inizio aprile, che ha scatenato qualcosa come 5 milioni di download in sei giorni portando di colpo Instagram a una base di 35 milioni di download al tempo dell’acquisizione da parte di Facebook.
Due le facili deduzioni: l’importanza decisiva per il futuro del mercato mobile e il conseguente desiderio di Zuckerberg di controllare direttamente i servizi Instagram e di non lasciarli in mano a concorrenti del calibro di Google o Twitter.
Fino a poche settimane fa la Instagram App era messa gratuitamente a disposizione dall’iTunes Stores di Apple, dunque “solo” per iPhone, iPad e iPod Touch con sistema operativo Ios 3.1.2 o superiore. Ma dal 3 aprile funziona anche per tutti i dispositivi “non Apple” che supportano Android 2.2 o superiore: è proprio questa sua tracimazione al mercato “open” che è valsa all’App Instagram il gradino di 5 milioni di download in una settimana.
Tra gli addetti ai lavori suscita scalpore la disinvolta modalità con cui Mark Zuckerberg si è mosso. Così come il sito di Facebook nelle sue prime versioni ha a lungo mostrato la scritta “una produzione di Mark Zuckerberg”, è ancora fortissima l’impronta personale del suo giovane Ceo anche in una società ormai quotata sui 100 miliardi di dollari. Ma non c’è da stupirsi; a differenza della maggior parte dei Ceo fondatori, Zuckerberg controlla direttamente il 28,5% delle azioni di “Classe B” (azioni non scambiate in Borsa riservate ai fondatori, manager e agli alti dirigenti che siedono ai vertici della società e consentono agli azionisti particolari diritti di voto – ndr) e grazie ad accordi con altri investitori e Venture Capital presenti nel board arriva a controllarne indirettamente il 57%, una percentuale che non potrà che crescere man mano che gli azionisti di Classe B faranno prese di profitto (sfruttando, per esempio, particolari diritti di prelazione sul passaggio ad azioni di Classe A allettati dagli ampi profitti in Borsa).
Notevole perciò l’agilità decisionale di Facebook (o meglio, di Zuckerberg) rispetto alle acquisizioni cui siamo abituati ad assistere, con settimane se non mesi investiti in schiere di avvocati e banchieri coinvolti per scrutinare un deal prima di procedere. Corre voce che il negoziato tra Zuckerberger e Systrom si sia ridotto a raggiungere un accordo su “che percentuale di Facebook potesse valere Instagram”. Contro il 2% che Systrom proponeva, Zuckerberger lo ha convinto che l’1% era una valutazione più realistica, e l’accordo di 1 miliardo di dollari è stato cosa fatta.