“L’Alba del Pianeta delle Macchine. Come la trasformazione digitale e il progresso tecnologico in atto stanno ridisegnando la società in cui viviamo”. È questo il titolo completo degli Incontri Ict 2016 che la Community Finaki organizza quest’anno dal 16 al 19 giugno a Baveno. Un tradizionale momento di confronto, giunto alla 16ma edizione, che riunisce i Cio delle principali aziende italiane e organizzazioni della Pubblica Amministrazione. ZeroUno, che ormai da anni sta contribuendo al progetto Finaki in Italia, ha incontrato Gloria Gazzano, Presidente del Comitato di Programma di Finaki 2016, che ci spiega il perché di questa scelta.
ZeroUno: Quali sono le motivazioni che hanno spinto il Comitato di Programma Finaki 2016 nella scelta di questa tematica?
Gloria Gazzano: In uno scenario futuro caratterizzato da macchine che apprendono in autonomia senza più rendere conto all’uomo della loro evoluzione (supermacchine) e dall’assenza di enti centrali responsabili di emettere regole, certificazioni e sanzioni, tanto che lo stesso Mario Draghi arriva ad affermare che gli owner dei protocolli e dei formati per lo scambio dei dati sono i nuovi banchieri centrali, i Cio rappresentano forse l’ultimo baluardo rispetto al “pianeta delle macchine”, hardware o software che siano.
Se è vero che nessun ente singolo (neanche importante come la Banca Centrale Europea) ha la forza per fronteggiare la completa decentralizzazione e la liquidità che probabilmente ci aspettano, con tutte le implicazioni sociali che ne conseguono, è possibile che una “alleanza” dei conoscitori e detentori delle leve di governo della tecnologia possa dar luogo alla massa critica necessaria a controbilanciare il possibile sgretolamento delle forme sociali che conosciamo. Senza creare allarmismi ingiustificati o delineare scenari apocalittici che probabilmente non si verificheranno, Finaki, come di consueto, vuole chiamare a raccolta i Cio per avviare una riflessione serena sull’evoluzione in atto, valutarne le implicazioni e i rischi, organizzare e individuare gli strumenti che consentano a tutti noi di mantenere la rotta anziché subire passivamente le correnti in arrivo.
Con il pragmatismo che da sempre contraddistinge gli incontri Finaki, i Cio saranno chiamati a discutere sulle tecnologie che già oggi lasciano intravedere lo scenario descritto: tra queste la Blockchain introdotta a livello accademico da Satoshi Nakamoto nel novembre 2008, oggi applicata alle transazioni finanziarie attraverso Bitcoin, ma potenzialmente estendibile ai diversi tipi di smart contract e smart propreties; il collaborative working esteso a tutto l’ecosistema produttivo composto da partner, fornitori, clienti ed utenti; e ancora il cognitive computing e il machine learning, che cambiano radicalmente il rappporto uomo – macchina e al tempo stesso danno la possibilità all’uomo di prendere decisioni complesse in tempi brevi utilizzando il risultato di elaborazioni sofisticate eseguite su enormi volumi di dati. Da qui le implicazioni, già attuali per i Cio, di individuazione e crescita delle competenze necessarie per sfruttare queste opportunità. Non ultima, avremo la possibilità di trattare le implicazioni della Industry 4.0, quella definita dalla diffusione dei sensori a bordo dei macchinari e sui prodotti stessi che faciliterà il controllo del processo produttivo e della qualità. Nella Industry 4.0 e dell’IoT avremo bisogno di competenze per programmare, gestire, manutenere i software che governano la produzione e, ancora una volta, torneremo ad occuparci di occupazione e di competenze.
ZeroUno: Il dibattito sull’etica della scienza, caratteristico del secolo scorso, si va spostando sull’etica della tecnologia. In quale modo i Cio possono “fare la differenza” in un processo di trasformazione i cui impatti sociali ed economici non sono facilmente prevedibili? Quali sono gli interrogativi che si deve porre chi in azienda, porta questa tecnologia in vari modi disruptive?
Gazzano: Penso che il Cio, in quanto esperto di tecnologia, debba avere una visione il più possibile neutrale e libera da motivazioni etiche, ritengo invece che sia suo compito fondamentale: avere una visone chiara della trasformazione in atto tenendosi costantemente aggiornato sulle evoluzioni tecnologiche e sulle possibili implicazioni sociali; definire la strategia per portare le nuove tecnologie in azienda condividendone con tutte le funzioni aziendali di riferimento l’impatto sociale ed etico; sviluppare nuovi strumenti di governance per cavalcare l’evoluzione tecnologica e non esserne travolto.
ZeroUno: Trasversale a tutti i Workshop degli Incontri Ict 2016 è l’evoluzione del modello organizzativo dell’IT. Qual è dunque il percorso di trasformazione delle organizzazioni che può abilitare questa rivoluzione?
Gazzano: La cultura e la competenza digitali sono senza dubbio un fattore chiave per giocare un ruolo attivo nel processo di innovazione in corso. È evidente che i “nativi digitali” hanno un vantaggio su chi la digitalizzazione la sta vivendo in una fase più matura della propria vita professionale e sociale, ma è altrettanto vero che non possiamo permetterci di lasciare ai margini i “non nativi digitali”.
Da tempo sostengo che la parola chiave in questo percorso sia “contaminazione”, parola che possiamo declinare in modo diverso a seconda del contesto di applicazione; una contaminazione positiva che presuppone anche che chi ha una maggiore familiarità con il digitale “trascini” chi di familiarità ne ha meno.
In senso più ampio chiamo contaminazione la base del “collaborative working”, per la sua natura di mettere assieme competenze diverse per risolvere un certo problema. E il collaborative working è proprio uno dei temi dei nostri workshop: lo tratteremo nel senso più ampio possibile, proprio per sottolineare che abbiamo bisogno di lavorare in modo collaborativo lungo tutta la catena del valore; ci aspettiamo che la comtaminazione avvenga tra fornitori, clienti, aziende, utenti.
Se guardiamo all’interno del perimetro aziendale, abbiamo bisogno che la contaminazione avvenga tra le diverse funzioni di business e It, proprio per mettere a fattor comune punti di vista ed esperienze diversi.
Il modello si estende anche all’innovazione del processo di delivery dell’IT: l’IT Bimodale, che va tanto di moda, al di là dei tecnicismi comunque importanti, è un modo per costringere IT e Business a lavorare assieme su un dato progetto da subito e fino alla conclusione del progetto stesso.
Questa contaminazione più o meno spontanea può non essere sufficiente per abilitare la trasformazione. Veniamo così al tema del “change” che può essere a sua volta per certi versi innovativo: iniziamo a vedere esperienze di aziende che offrono stage di alfabetizzazione digitale a un pubblico eterogeneo. Potrebbe essere da stimolo anche per avviare una collaborazione più concreta tra aziende e isitituzioni pubbliche.
ZeroUno: In questo processo trasformativo articolato e complesso quale può essere il supporto dei vendor? Il confronto con l’offerta ha da sempre rappresentato uno degli elementi caratterizzanti della Community Finaki. Qual è l’elemento di riflessione, il messaggio che vorrebbe lanciare ai vendor che parteciperanno all’incontro di giugno?
Gazzano: Quello che ci aspettiamo dai fornitori è che diventino sempre più portatori di innovazione, non solo nelle singole tecnologie, ma anche nelle forme di collaborazione allargata e nei metodi di lavoro.
Naturalmente l’innovazione tecnologica in senso stretto è il punto di forza dei vendor, ma nel contesto che stiamo vivendo assume rilevanza crescente la capacità di fare network anche dal lato dell’offerta: mi riferisco agli ecosistemi dell’innovazione di cui fanno parte centri di ricerca, università, startup ecc. rispetto ai quali i vendor tradizionali possono fare da pivot e giocare un ruolo concreto nel “mettere a terra” il potenziale di innovazione. Per quanto riguarda i metodi di lavoro, si stanno diffondendo gli Hackathon, momenti di full immersion dedicati a un tema prevalentemente informatico ma non solo: diverse aziende stanno sperimentando la tecnica dell’hackathon anche al di fuori delle Direzioni Ict; i vendor possono aiutarci ad organizzare hackathon stimolando le riflessioni con i loro contributi. Oppure operare come “shadow accelerator”, cioè verticalizzare la tecnologia esistente su tematiche specifiche dei singoli clienti, o sviluppare soluzioni dedicate che possono essere messe a punto in laboratori congiunti; e ancora promuovere modalità analoghe ad Xprize [organizzazione nata per incentivare innovazioni tecnologiche radicali in vari campi, www.xprize.org, ndr] per creare uno spirito competitivo su tematiche di interesse per le aziende allargando la base dei potenziali attori che vengono coinvolti nei processi di innovazione. Insomma, di cose da fare ce ne sarebbero…
Sono tutti esempi che fanno leva sulla capacità di lavorare assieme, di portare al tavolo punti di vista diversi, di “contaminare” e di fare network: ci stiamo già muovendo nella direzione della network society.