Con un grandissimo salto rispetto al 2007, durante quest’ultimo anno il Web 2.0 si è affermato come esperienza pressoché quotidiana per il 69% degli americani online (Forrester Research). Con un buon 50%, anche il nostro paese si posiziona nei primissimi posti in Europa e ciò che più colpisce è come negli ultimi 12 mesi gran parte di questa crescita sia stata possibile non tanto grazie all’adozione massiva da parte dei giovanissimi, quanto all’ingresso improvviso di quel segmento di popolazione compreso tra i 35 e i 54 anni, quegli stessi individui che spesso ricoprono ruoli di rilievo all’interno delle organizzazioni.
A questa esplosione così dirompente nel mondo consumer non poteva non seguire una corrispondente impennata nell’attenzione riservata dai manager ai potenziali benefici che il Web 2.0 può garantire dentro l’azienda, tanto da creare un nuovo mercato tecnologico che, sempre secondo Forrester, nel 2013 varrà la bellezza di 4,6 miliardi di dollari. Di fronte a queste cifre e a due anni dallo sdoganamento del termine Enterprise 2.0, grandi e piccoli vendor non sono rimasti a guardare e hanno messo in campo strategie e prodotti che in molti casi non hanno precedenti nell’ambito del software enterprise tradizionale.
Tra i protagonisti nel mondo dell’offerta nessun leader
Un buon punto di partenza per la nostra analisi è il Magic Quadrant di Gartner, il noto documento che analizza il mercato ed evidenzia posizionamento, caratteristiche, punti di forza e debolezza dei maggiori attori in circolazione. Dati i moltissimi produttori coinvolti e la variabilità dello scenario, sarebbe impossibile anche solamente riportare una lista esaustiva. Ci limiteremo pertanto ad analizzare solamente le tendenze principali di questa nuova area tecnologica, partendo dalle strategie e dalle peculiarità di alcuni dei protagonisti.
Per sgombrare subito da dubbi questa riflessione, quest’anno, come già successo nel 2007, non emergono chiaramente leader nel mondo del social software. Sorpresi? Non dovreste. L’Enterprise 2.0 è un dominio sotto i riflettori, ma ancora turbolento e immaturo. Nuovi prodotti continuano a nascere e altri a sparire o venire acquistati nel tentativo di fornire un migliore supporto nella creazione e condivisione della conoscenza, nel lavoro di gruppo, nello sviluppo di comunità online e relazioni informali. Questa fase esplorativa è confermata anche dall’importo piuttosto basso dell’investimento medio che varia tra i 30.000 e i 70.000 dollari per le applicazioni all’interno dell’azienda e tra i 100.000 e 200.000 dollari (hosting e community management compresi) quando si tratta di interagire con i propri clienti. Le soluzioni più in voga si arricchiscono di un insieme sempre più ampio di funzionalità, ma nessuna sembra ancora in grado di coprire ogni esigenza e le iniziative oggi in campo si concentrano per lo più su specifici dipartimenti o problemi, riuscendo difficilmente a raggiungere l’azienda intera.
In questo scenario di massima, Ibm con Lotus Connections e Microsoft con Sharepoint Server 2007 rappresentano al momento la scelta di molti utenti. Dalla loro parte una capacità di esecuzione globale e comprovata, una credibilità altissima, una base installata difficilmente eguagliabile e una solidità che tranquillizzano i responsabili It e che potrebbero presto spingerli nella ristretta cerchia dei leader. Microsoft sperimenta da anni una crescita importante nella penetrazione di mercato grazie a un insieme piuttosto completo di funzionalità che spaziano dalla condivisione di documenti e alla creazione di portali a competenze più marcatamente sociali come blog, wiki, forum e chat. Ovviamente l’integrazione con gli strumenti di produttività personale, meeting online, invio di mail e comunicazione della stessa Casa rappresentano un vantaggio difficile da colmare per i concorrenti. Anche la piattaforma Connections di Ibm, specialmente se affiancata a Quickr per l’utilizzo dei wiki, rappresenta al momento una delle soluzioni più complete, mature e usabili sul mercato. Frutto di anni di ricerca ed utilizzo interno, la proposta di Ibm mette a disposizione capacità di social bookmarking, una collaborazione centrata sulle attività, blog, profili personali e ricerca. Ma l’attenzione verso il social software non è certo una novità per l’azienda di Armonk e un rinnovato interesse per il software as a service tramite il progetto Bluehouse segnerà l’accesso ai benefici dell’Enterprise 2.0 anche per quei milioni di piccole e medie aziende tra 5 e 500 dipendenti. Cosa manca a questi due protagonisti per essere annoverati tra i leader? Innanzitutto una maggiore completezza delle funzionalità, una più elevata spinta all’innovazione e flessibilità, release più frequenti e una capacità ancora più profonda di capire e magari anticipare le tendenze del social software.
Proprio queste caratteristiche, insieme a una provenienza decisamente 2.0 e a una invidiabile capacità di legare la propria roadmap alle richieste degli stessi clienti, differenziano invece i visionari dell’Enterprise 2.0. Qui troviamo Jive Software, Atlassian e Socialtext, tre agguerrite realtà internazionali che hanno contribuito a plasmare questo mercato e che vedranno spalancarsi l’accesso ai leader indiscussi non appena la ricchezza di idee e funzionalità sarà bilanciata da una pari costanza e solidità nel delivery.
Atlassian Confluence fonda le proprie radici nel mondo dei wiki, dove, facendo leva su un marketing attento alla rete, il riutilizzo di componenti open-source e un pricing estremamente competitivo, ha saputo candidarsi nell’olimpo delle piattaforme di collaborazione, knowledge sharing e scrittura collaborative più apprezzate al mondo. La recente integrazione con Microsoft Sharepoint ed Office ne ha confermato il posizionamento di primo piano, abbattendo ancora di più le barriere di ingresso dei dipendenti Nel mondo del software sociale. Come Confluence, anche Socialtext nasce come soluzione per gli enterprise wiki, caratterizzandosi per il grande numero di clienti, le installazioni aziendali di ampie dimensioni e una comunità di clienti e partner capace di garantire supporto e storie di successo in quantità. Anticipando l’evoluzione dell’offerta che si è avuta in questi ultimi mesi di crisi economica, la versione 3.0 Socialtext ha però saputo cambiare faccia, affiancando alle potenzialità di collaborazione una homepage personalizzabile, il social networking, la capacità di gestire fogli di calcolo e un look & feel estremamente accattivante. L’ultimo dei visionari è Jive Software con la sua doppia proposta basata su Clearspace e Clearspace community, uno stesso prodotto utilizzabile sia dietro il firewall che verso l’esterno dell’azienda. Senza alcun timore reverenziale verso le più blasonate Microsoft ed Ibm, la soluzione di Jive può vantare diverse migliaia di clienti e comprende un po’ tutti gli oggetti tipici dell’Enterprise 2.0, dai wiki ai blog, dal social networking alla gestione di progetti, da gruppi e sottospazi alla possibilità per gli utenti di usare estensivamente i tag, votare i contenuti e mantenere un proprio profilo personale. In Clearspace, la ricchezza di funzionalità si sposa poi con un accurato utilizzo degli standard, una facile integrazione con i sistemi già presenti in azienda ed una customizzabilità in grado di accontentare anche il più esigente degli utilizzatori.
Approcci originali ma ancora privi di maturità
Certamente la lista delle tecnologie da prendere in considerazione non dovrebbe esaurirsi qui. Molti dei rimanenti attori, come MindTouch, Telligent, Blogtronix , ThoughtFarmer, Leverage Software possono vantare approcci originali, ben applicabili all’interno di ambiti specifici o su settori verticali, ma ancora privi di quella maturità, spinta innovativa e completezza tipici delle aziende finora citate. Una menzione speciale va a Drupal, la soluzione open-source d’eccellenza nel social software, ricchissima di moduli aggiuntivi e animata da molteplici comunità di supporto che l’hanno utilizzata per realizzare migliaia e migliaia di community consultabili liberamente. Proprio l’open-source, grazie al supporto commerciale fornito ad esempio da Aquia, rappresenta oggi un’alternativa che vale almeno la pena di considerare nella definizione della propria strategia di introduzione dei social media.
Da questa lunga carrellata rimangono certo fuori nomi eccellenti come Cisco, maggiormente orientata verso la comunicazione in tempo reale e le conferenze sul web, Oracle, con il suo nuovissimo Beehive e i prodotti acquisiti insieme a Bea, Sun, principalmente focalizzata sui portali grazie alla partnership con Liferay e Google, le cui soluzioni mostrano ancora una forte connotazione consumer.
Nel mare magnum di nomi, funzionalità e tipologie diverse di offerta, alcuni segnali certo stanno emergendo con prepotenza. Il lato tecnologico dell’Enterprise 2.0, come tanti altri domini prima di lei, va velocemente verso la commoditizzazione. Il settore è sempre più appetibile per i player di mercati adiacenti come l’Eai (Enterprise Application Integration), l’Ecm (Enterprise Content Management) e l’Enterprise Search, mentre il proliferare di nuovi prodotti sta saturando velocemente la richiesta, tanto che nei prossimi anni è atteso un crollo significativo dei costi delle licenze pari anche al 50% del loro valore attuale. Infine sempre più clienti preferiscono suite complete ai prodotti troppo verticali, come risposta alle forti preoccupazioni sui costi e tempi necessari per l’integrazione tra oggetti diversi e con i sistemi già presenti in azienda.
Alcune storie di successo
Andando oltre la tecnologia, ciò che invece continua pericolosamente a rimanere spesso assente è una attenzione concreta verso change management e coinvolgimento degli individui all’interno di questo nuovo concetto di azienda. Proprio questo salto culturale e comportamentale, molto più dei dettagli informatici, è il reale motore degli enormi benefici promessi dall’Enterprise 2.0, come mostrato in molte delle storie di successo del nostro paese.
È ormai famoso a livello internazionale il caso “Sul Campo” di BTicino che già da alcuni anni fa leva su comunità di pratica e social network per supportare la forza vendita nel condividere informazione aziendali, diffondere esperienze e best practice, localizzare gli esperti e capitalizzare i feedback provenienti dalla rete su prodotti e concorrenti. Qui tramite un attento coinvolgimento sia del top management che degli utilizzatori finali e un focus su benefici concreti, si è raggiunto un livello di accesso settimanale superiore al 98%, migliaia di messaggi nei forum ed un patrimonio di conoscenza aziendale costituito da circa 5 mila documenti.
Un esempio molto più recente, ma forse ancora più sorprendente è quello di Lago, Pmi di arredamento di design che, grazie a una cultura giovane, aperta e informale ha saputo utilizzare in modo proficuo quasi tutti gli strumenti del web 2.0 compresi blog, foto, video, wiki e gestione progetti. Sotto l’abile guida di Nicola Zago e tramite il committment di una proprietà intelligente e creativa, i social media si sono tramutati nell’arma ideale per confrontarsi con concorrenti più blasonati, veicolando in maniera fresca i propri prodotti e coinvolgendo direttamente sia i dipendenti che i rivenditori in una conversazione in grado di migliorare i processi, supportare le vendite, diffondere il brand e fornire risposte tempestive agli utilizzatori finali. E per chi ancora non fosse convinto della concretezza del fenomeno Enterprise 2.0, basti pensare come tra gli altri nomi contagiati da simili iniziative nel nostro paese compaiano organizzazioni come Intesa Sanpaolo, Telecom, Cisco, Schering-Plough, Vodafone, il Comune di Venezia e la Regione Veneto, Indesit, Eni, Mediolanum, GE e tanti tanti altri. Insomma, se siete ancora tra coloro che si apprestano a bloccare l’accesso dei dipendenti a Facebook, il nostro consiglio è piuttosto: “Provate a mettere da parte le paure e iniziate a pensare a come utilizzare questa ondata che viene dal web per portare il vostro business verso nuovi ed inattesi traguardi!”.