“La scelta fra economia e salute è un falso dilemma”, esordisce Angel Gurria, Segretario Generale – OECD, nel suo intervento che apre il convegno Trasformazione digitale e sviluppo sostenibile: due obiettivi italiani ed europei che vanno perseguiti insieme, svoltosi nell’ambito dell’edizione estiva di Forum PA 2020 e coordinato da Carlo Mochi Sismondi, Presidente – FPA, dove indica anche la falsa contrapposizione fra ripresa vigorosa e sostenibilità, ricordando che “le politiche che metteremo in atto oggi daranno forma al futuro dei prossimi decenni”. In particolare, quelle pubbliche avranno un ruolo centrale nel plasmare il futuro. “Lo Stato dovrebbe fornire supporto e capitali per favorire la transizione verso settori in espansione, mentre le tecnologie digitali saranno fondamentali per accelerare una ripresa resiliente e sostenibile”. Non a caso i governi più maturi digitalmente si sono rivelati i più preparati a reagire prontamente alla pandemia.
La situazione italiana e il ruolo della PA per una ripresa sostenibile
Secondo le stime OECD, come conseguenza della pandemia, il PIL italiano potrebbe contrarsi del 11,3% (fino a -14% in caso di una seconda ondata del virus), mentre la disoccupazione potrebbe raggiungere il 12,4% entro il 2020, con una aumento delle disuguaglianze, causate anche dalla difficoltà di sfruttare le competenze digitali.
L’Italia, secondo Gurria, dovrebbe lavorare per una ripresa equa, basata sul digitale, mettendo rapidamente in atto quattro azioni, per le quali può contare sul supporto dell’OECD:
- implementare la digitalizzazione più rapidamente e su scala più ampia del passato;
- lavorare sul digital divide tra regioni e gruppi demografici;
- favorire lo sviluppo di competenze e l’apprendimento inter-generazionale immettendo nuove risorse; oggi la popolazione della PA italiana è la più anziana dei paesi OECD analizzati;
- ridurre la complessità amministrativa e migliorare l’efficacia del sistema giuridico, azioni prioritarie per la crescita Pil (OECD, aprile 2019).
Enrico Giovannini, Portavoce dell’Alleanza Italiana per lo sviluppo sostenibile (ASVIS), invitando a guardare le analisi OECD, in grado a suo parere di offrire una visione sistemica, indica nella PA un fondamentale motore di cambiamento: frenandolo o accelerandolo.
Serve a suo parere considerare quattro elementi in direzione di una “resilienza trasformativa”:
- per migliorare la qualità del capitale umano si deve smettere di copiare i bandi precedenti ma pensare alle competenze tecniche necessarie, non solo di tipo digitale;
- utilizzare la distanza imposta per mobilitare l’intelligenza collettiva, utilizzare il tempo per immaginare come ad esempio dovremo cambiare se lo smart working dovesse continuare;
- trasformare i processi autorizzativi, come il decreto semplificazioni ha iniziato a fare, mettendo in gioco la responsabilità dei dirigenti;
- trasformare la legislazione sulla gestione dei dati e superare l’approccio puramente difensivo per arrivare a una sorta di Schengen dei dati.
“La consapevolezza nella PA che in questa fase si stia costruendo l’Italia dei prossimi decenni è solo parziale, con grandi differenze fra livelli locali e centrali”, sostiene, indicando in alcune città e regioni una maggior capacità di cogliere l’opportunità.
Gli eterogenei attori dello sviluppo sostenibile abilitato dalla trasformazione digitale
Fra coloro che hanno messo in campo una strategia, c’è la Regione Veneto, come conferma la testimonianza del Segretario Generale e Responsabile sviluppo sostenibile, Ilaria Bramezza: “Tutte le regioni sono chiamate ad elaborare una propria strategia per contribuire al raggiungimento dei 17 obiettivi nazionali individuati nell’Agenda 2030. Il Veneto ha elaborato un programma organico di sviluppo sostenibile, anche grazie ai finanziamenti del Ministero dell’Ambiente”.
Per definire il programma sono state messe in atto una serie di azioni per il coinvolgimento dei cittadini (in particolare i giovani), dei soggetti economici, della ricerca…
Sono previste azioni per bilanciare la crisi in ambiti come la trasformazione digitale, il rafforzamento dei sistemi socio-sanitari, la transizione green, attraverso lo sviluppo di nuovi modelli di produzione e consumo.
“Non è un libro dei sogni: ma gli obiettivi sono già approvati e finanziati e si prevede la misurazione della qualità della strategia attraverso indicatori di impatto – ricorda Bramezza – È il punto di partenza di un percorso di 10 anni che prevede non solo la misurazione ma la rivalutazione della strategia sulla base dei risultati”.
Secondo Paolo Venturi, Direttore di AICCON, la transizione implica una trasformazione radicale che deve partire dall’innovazione sociale: “Il valore non deve solo essere ripartito ma prodotto diversamente; non si devono solo fornire indicatori al governo ma cambiare la governance, includendo una pluralità di soggetti della società civile che hanno garantito lo sviluppo del benessere, soprattutto in Europa”. Sarebbe un errore ignorare i 14 milioni di persone che lavorano nel no-profit, gli 82 milioni di volontari e i 2,8 milioni di organizzazioni e imprese sociali. “Non si può lasciare in panchina quanto c’è fra stato e mercato – sottolinea – Il vero tema è allora il ruolo della tecnologia per abilitare nuove governance che includano la società civile”.
Stefano Epifani Presidente Digital Transformation Institute e autore del libro “Sostenibilità digitale”, sposta l’attenzione sulla centralità del digitale: “La sostenibilità non può fare a meno della trasformazione digitale”.
A suo parere ci dobbiamo focalizzare su come usate il digitale per supportare i processi di ripresa in modo che siano sostenibili e su come la diffusione del digitale abbia cambiato il contesto che va reso sostenibile.
Non basta dunque puntare l’attenzione sui Green data center o stigmatizzare tecnologie come blockchain considerate troppo energivore, senza guardare al bilancio complessivo. “La vera opportunità è la sostenibilità digitale, una dimensione di sistema che interagisce con gli altri sistemi e li ridefinisce”, sottolinea.
Interessante a questo punto capire come i technology vendor interpretino il proprio ruolo di attori di sostenibilità.
Gianmatteo Manghi, Direttore Commerciale, Cisco Systems Italy, dichiara: “Come azienda e verso i clienti, con un ruolo fondamentale della PA come regolatore e fornitore di servizi di pubblica utilità, siamo impegnati su tre fronti”. Il primo riguarda la definizione di processi produttivi e prodotti più sostenibili, il secondo il supporto a modalità di lavoro davvero smart, in mobilità e in ufficio, il terzo lo sviluppo di applicazioni verticali nel settore energetico. “La digitalizzazione delle infrastrutture abilita il telecontrollo e l’automazione distribuita per elettricità, acqua, rifiuti…”, spiega.
Fabio Funari, Sales Director Public Sector & CSR Country Lead, Dell Technologies Italia, ricorda il percorso verso la sostenibilità intrapreso fin dal 2013, con un programma di sviluppo sostenibile 2020 lanciato dal fondatore Michael Dell. “Sono stati raggiunti tutti gli obiettivi indicati nel programma, come la riduzione consumo energetico dei prodotti, un maggiore uso materiale riciclato e packaging riciclabile, energia da fonti rinnovabili nella supply chain – sottolinea – Il nuovo piano che si pone obiettivi ancora più sfidanti per i prossimi 10 anni per sfruttare tecnologie che ancora non sono sul mercato”.
Per Fabio Alghisi Sales Manager, Nutanix, coniugare tecnologia e sostenibilità è parte del Dna della sua azienda fin dalla nascita 10 anni fa. “Il nostro programma quinquennale di sostenibilità che scadrà nel 2022 va a coprire gli obiettivi nell’Agenda 2030 su temi come parità di genere, istruzione di qualità, riduzione della disuguaglianza”, dice ricordando il volontariato dei dipendenti, fortemente incentivato dall’esempio dei dirigenti.
Si riuscirà in futuro a capire come, grazie alle infrastrutture, la resilienza si possa trasformare in anti-fragilità, come auspica Epifani?