CANNES – ZeroUno ha partecipato al Simposio Gartner, uno dei più importanti momenti di confronto tra i professionisti dell’It, dai fornitori, agli utenti, ai partner e analisti, che ha visto la presenza di oltre 4000 delegati e un’offerta di centinaia di sessioni. In questo articolo cercheremo di proporvi il ‘succo’ di cinque giorni di confronto, ma gli argomenti che qui ci limitiamo ad accennare verranno opportunamente approfonditi da ZeroUno nel corso del 2007. Ecco allora le attese sul valore strategico dell’informazione aziendale e tre trend che Gartner stesso vede come costituenti di un comune denominatore ”trasversale” alla molteplicità di temi affrontati.
L’informazione strategica aziendale
Gartner afferma che il 60% dei Ceo si aspetta che “in 5 anni i Cio rispondano dell’informazione strategica aziendale” (non a caso una delle “top” 10 tecnologie emergenti è l’Enterprise Information Management che, semplificando, è gestire l’intero ciclo di vita dell’informazione d’impresa, beninteso con Business intelligence relativa). Un Cio, quindi, responsabile non del sistema informativo, ma dell’informazione, chiave primaria per innovare a partire dall’inventare e disegnare nuovi modelli di business.
Secondo gli analisti, si affermano nuovi modelli di delivery per l’It: il modo con cui dispieghiamo, usiamo e paghiamo l’It viene rimodellato dall’orientamento dei servizi It direttamente verso il business; dalla virtualizzazione dell’infrastruttura; dalla necessità di reazione in tempo reale, dall’urgenza di differenziarsi con l’innovazione dalla concorrenza che incalza a livello It come di impresa nel suo insieme. Diventa sempre maggiore il coinvolgimento del business sui processi IT e sulle tecnologie che li supportano. Soprattutto è già in corso la consumerizzazione dell’It, tema che ZeroUno ha già affrontato in numerosi servizi, tra i più recenti la storia di copertina del numero di ottobre: gli utenti finali, all’interno delle stesse aziende, sfruttano e sempre più sfrutteranno tecnologie e servizi da consumatore Internet, importando approcci di comunicazione e collaborazione alternativi a quelli dell’Is aziendale.
Sfruttare strategicamente la ‘consumerizzazione’
La consumerizzazione è “il trend più importante ad impatterà l’It nei prossimi 10 anni”, ha detto Peter Sondergaard, Senior Vp e capo della ricerca Gartner, “provare a controllarlo è futile”. Invece, il problema drammatico di un It sotto doppia pressione (utenti e business) e con risorse limitate a disposizione dell’innovazione (dato che i due terzi del budget IT è a tutt’oggi concentrato nelle attività quotidiane e nella manutenzione) va affrontato come opportunità.
Serve una decisione di rottura, e infatti la raccomandazione è inequivocabilmente aggressiva, ossia considerare una divisione nella strategia It: concentrarsi sulle attività determinate centralmente e di valore per l’impresa, e lasciar andare, al mercato o all’utente aziendale – beninteso controllandone, ma in modo anche qui rivoluzionato, la sicurezza – attività di comunicazione o collaborazione tipo “Instant Messaging, Skype, podcasting, wi-fi, blogging, MySpace, YouTube, Wiki, microapplicazioni Web 2.0 e quant’altro nascerà, che hanno grande potenziale di aumentare la produttività del knowledge worker aziendale”, ha specificato Sondergaard. La raccomandazione riguarda anche spendere di meno sugli asset fisici e investire di più sulle risorse umane. Perché nell’ottica della biforcazione obbligata di cui sopra, la “nostra generazione è quella di emigranti digitali cui spetta preparare la strada ai digitali nativi che escono oggi dalle università con tutte le conoscenze tecnologiche e che prenderanno il nostro posto fra una decade o due”, ha sottolineato il capo della ricerca Gartner.
Dove sono le donne nell’It?
Dal simposio è poi emerso un grido d’allarme sulla presenza femminile nell’It. Una rappresentanza non soddisfacente già oggi (solo in Usa al 20%, in Emea al 6%, ancor meno nel resto del modo) e, ahimè, declinante, se sono corrette le proiezioni Gartner al 2012 di un 40% della forza lavoro femminile It che emigrerà verso linee di business, processi aziendali, R&d o imprenditoria. Il che è allarmante, in un mondo che va verso le relazioni, i team, le comunità e le decisioni collettive (approcci per i quali un’inchiesta Catalyst Inc. riconosce le donne più adatte) o se si riflette che le decisioni di acquisto sono influenzate al 90% da donne, mentre oltre l’80% dei prodotti e servizi It è disegnato da uomini: una ricetta per “far fallire” l’It. Kathy Harris, Vp e distinguished analyst Gartner, sottolinea che la sola soluzione è cambiare il gioco, riconoscere che promuovere diversità e complementarietà non è una “iniziativa Hr”, ma risponde a un’esigenza in ogni tipologia di business. Quanto più un contesto è globalizzato, poi, tanto più trascurare metà della base di talenti frustra gli obiettivi di crescita sul mercato.
Per un It più verde
Un altro tema affrontato nel Simposio è stato quello che racchiude aspetti ecologici, ossia il green It: l’It, come settore, deve agire oggi per essere parte della soluzione, non del problema. Innanzi tutto, legate al green It ci sono opportunità: di gran lunga prime, le comunicazioni, i meeting virtuali e il software collaborativo che consente per esempio team remotizzati di sviluppo, che consentono di ridurre il bisogno di viaggiare e gli impatti delle emissioni degli aerei; il rimpiazzo e il riciclo dell’hardware, poi, sono un business di per sé. Ma i problemi per mettere l’It su una traiettoria “verde” stanno nei tassi di crescita composti annui (Cagr) non solo dei consumi di Kw (+120%, e già con un costo del Kw schizzato in su del +280%), ma del numero di server installati (+80%) e dello spazio occupato (+40%). Riguardano il riuso del calore dai data centre, e l’uso di materiali da risorse rinnovabili o riciclabili (nei prossimi cinque anni Gartner prevede 374 milioni di Pc da rottamare). Il green It è una responsabilità sociale corporate, che tocca però al Cio indirizzare, ragionando sull’intero ciclo di vita “dalla culla alla tomba” sia delle risorse consumate dall’It che dei prodotti fisici che crea (se l’azienda è un vendor). Raccomandazioni tante: la prima è di fare un risk assessment valutando i costi, in termini di immagine, della scelta di non far niente; la seconda riguarda le opportunità di marketing che derivano dall’adesione alla normativa sulla gestione ambientale (ISO 14000) e poi via via misurare i consumi dei propri data centre, sfruttare tecniche di virtualizzazione, valutare i propri fornitori sulla loro aderenza alle direttive in materia.
Mark Hurd, Ceo Hp
Come da tradizione, al Simposio è presente una personalità di spicco del mondo dell’offerta che tiene una “Mastermind keynote”. Quest’anno è la volta di Mark Hurd, Ceo Hp, che risponde sul palcoscenico alle domande di due analisti Vp Gartner (Ray Paquet e Andy Butler). “Scontata” la domanda d’esordio: Mercury. C’è la conferma delle intenzioni di HP di chiuderne anzitutto l’acquisizione (ancora in corso) e di integrare con il software Mercury, che ottimizza la tecnologia per il business (Bto), la propria offerta “complementare” OpenView. L’Hp di Hurd punta alla leadership nella governance dell’It e … “della sicurezza, con ulteriori acquisizioni ove appropriato”, sottolinea il Ceo. Alla domanda sui piani Hp per la virtualizzazione, Hurd risponde che i piani sono riassumibili nel portare i data centre Hp nel mondo da 87 a 3, in tre anni. E se questo è quanto l’azienda ha intenzione di fare sui propri sistemi, è evidente l’impegno in quest’area anche per i clienti; il Cio di Hp, infatti, ha gli stessi obiettivi di tutti i Cio (ridurre i costi, migliorare la qualità dell’informazione e ridurre i rischi), ai quali si aggiunge un quarto compitino: far tutto usando solo tecnologia Hp, il che implica “l’obiettivo di trasferire in prodotti e servizi Hp i risultati di questo progetto”. Ma dati della ricerca Gartner mostrano una “fiducia” in calo nei confronti di Hp per la strategia prodotti-servizi a supporto della real-time infrastructure (mentre puntano su Ibm in 38 clienti contro i 36 del 2004, sono 8 i clienti che puntano su Hp sui 17 del 2004, seguono tutti gli altri vendor). Hurd ammette che “offrire grande tecnologia e supporto eccellente non basta” e che c’è stata una scarsa capacità (marketing e vendite) di comunicare l’eccellenza su cui Hp sta lavorando per espandere le proprie forze, “ma non a spese dei partner di canale”.
Ken Harvey, Global Cio Hsbc
Al Simposio c’è stato anche un “Mastermind” a rappresentare una storia di successo aziendale. E che storia. Ken Harvey, Global Cio di Hsbc, intervistato sul palco dallo stesso Peter Sondergaard e da Susan Landry, Managing Vp Gartner per il settore Finance, ha raccontato la “banca globale Hsbc, quella della pubblicità in tutti gli aeroporti”; e si è raccontato, a partire dai “suoi due obbiettivi”: gestire in modo efficiente le operazioni It (con un budget di 2,6 miliardi di sterline e uno staff di 28.000 persone distribuito “un terzo per ciascun continente” nelle Americhe, in Europa e in Asia Pacifico); e sfornare soluzioni innovative che differenzino il brand Hsbc, puntando all’It come contatto strategico, ubiquo e rigorosamente multicanale (oltre che multilingua) con i clienti, laddove una tecnologia men che di eccellenza svaluta il brand, che in un contesto globale “è tutto”. Una molteplicità di temi sinteticamente delineati, tutti su problematiche allo stato dell’arte: dalle scelte architetturali alla misurazione dell’impatto dei servizi It sul business interno o esterno; dalla strategia di contenimento dei costi infrastrutturali all’obiettivo di ridurre il costo per transazione del 10% annuo; dalle scelte per sfruttare la remotizzazione a favore della produttività progettuale, al guanto di sfida lanciato agli stessi outsourcer sui guadagni di efficienza.
Il valore della seconda ondata Internet (Web 2.0)
Basta cercare in wikipedia per trovare che il termine Web 2.0 (coniato in una serie di conferenze da O’Reilly Media ancora nel 2004) “si riferisce a una supposta seconda generazione emergente di servizi basati su Internet – come siti di social networking, wiki, tool di comunicazione e folksonomie (l’antinomio di tassonomie) – che sono strumenti di collaborazione e condivisione fra utenti della rete”. Alla definizione segue una lunga pagina Web che ne descrive il coacervo di contenuti che è comunque un buon investimento leggersi. Gartner qui ha fatto bene il suo mestiere, in sessioni dedicate e molte sessioni su tematiche connesse a Web 2.0, ne ha messo in risalto una triplice valenza, tecnologica, sociale e di business. Immaginiamo lo “spazio” Web 2.0 decomponibile in questi tre contenitori.
Quello della tecnologia Web contiene aspetti architetturali e di piattaforma sia operativa che per sviluppo regolati da sette principi: una Web oriented Architecture (Woa) che si può concepire come la Soa applicata al mondo Web con un paradigma, il Representational State Transfer (Rest); logica data-driven; contenuto sindacato; semantica ricca bottom-up (folksonomy); “mashabilità”, in sostanza la componibilità applicativa sul web; client “ricco” (“veloce abbastanza e just in time” ad es. con Advanced Java and Xml – Ajax); e capacità di costruire su esempi (Build by example).
Il contenitore della comunità Web che riguarda gli aspetti sociali che concernono quindi le persone, le loro relazioni e i dati, e i principi di partecipazione, collaborazione, condivisione sociale e trasparenza.
Infine l’importante contenitore di ciò che può farne il business, il business Web: l’aspetto fondamentale è che il business recepisca che già lavora e sempre più lavorerà in un ecosistema, con effetti sia sui processi che sui modelli di business, e, di più, di valore. Principi a cui adeguarsi “per non sparire”: innovazione continua, modelli di business aperti, offerte collaborative. Ne riparleremo…
E Microsoft, può di nuovo riassorbire l’ondata ed estendersi?
È la domanda centrale su Microsoft, e anche il titolo della sessione dedicata da Gartner a valutarla come vendor. A proposito, giudizio complessivo: positivo, con 3 aree su 15 “strong positive”, la solidità finanziaria, il client e il supporto allo sviluppo, ma ben 6 solo “promising”, una su tutte, la stessa “people-ready”, la strategia Microsoft, oggetto delle più recenti campagne pubblicitarie, che pone le persone al centro dell’azienda. Sulla domanda centrale Gartner si rifugia nella condizione che Microsoft faccia una scelta chiave, decidere se fare il leader o il follower su Web 2.0 e Software as a Service (ma di fatto la vede come quella messa meglio, emerge chiaro in una sessione su “Scontro di titani sulla collaborazione: Microsoft e Ibm”, in cui Microsoft è vincente ai punti – anche Ibm ha i suoi problemi).
Un’altra sfida davanti a Microsoft è come evolvere il rapporto con gli Isv partner, con una comunità che lavori in reale partnership. Nell’insieme c’è tutta un’atmosfera di giudizio sospeso sulla Microsoft del “dopo” Bill Gates, che è ben riassunta da un “All bets (scommesse) are off” con cui la presentazione si apre: le assunzioni hanno bisogno di essere ripensate, le priorità cambieranno, l’unica certezza è che ci saranno sorprese. Non a caso, pensiamo, Bill Gates ha sentito il bisogno di “tornare in campo” rilasciando un’intervista al Financial Times l’8 novembre, in cui parla del tempo che serve al business per assimilare l’ondata Web 2.0, ma dove sembra prender tempo anche per Microsoft. Ne parliamo in Rassegna stampa.