MILANO – Startup, qualcosa si muove anche in Italia. Questo è scaturito da una tavola rotonda organizzata durante il Global Entrepreneurship Congress (GEC2015), evento dedicato alle startup svoltosi a Milano a metà marzo. Il dibattito ha visto la partecipazione di alcune associazioni di diverse nazioni (Francia, Germania, Spagna e Italia) dedicate a sviluppare e supportare l’ecosistema delle startup. Per il nostro Paese era presente l’associazione Italia Startup, rappresentata dal Segretario Generale Federico Barilli.
“È stato un evento molto interessante – ha dichiarato al termine Barilli – perché è la prima volta che nell’ecosistema delle startup succede che si ritrovino insieme un’associazione francese, una tedesca e una spagnola”.
Startup: confronto tra nazioni
Ciascuna ha raccontato lo stato dell’arte delle diverse realtà nazionali ed è stato possibile mettere a confronto le diverse organizzazioni, le filiere e i modelli associativi. “In questo momento, per due motivazioni diverse – ha proseguito Barilli – sia i tedeschi sia i francesi sono un po’ più avanti di noi sull’ambito della rappresentanza delle startup: l’associazione tedesca è nata come aggregazione delle startup e dà meno rilevanza a investitori e incubatori pur avendoli tra i loro soci, mentre quella francese aggrega investitori, soprattutto venture capital, e startup già piuttosto consolidate e strutturate. Noi, viceversa, in Italia stiamo ancora costruendo il database di startup; per contro abbiamo due componenti, assenti nel modello francese e presenti, ma in una logica di sponsorizzazione, in quello tedesco, che sono incubatori e acceleratori, con una presenza consistente (circa 25 soggetti), e anche imprese che entrano per effettuare investimenti industriali (matching, open innovation). Un altro aspetto caratterizzante la nostra associazione è l’internazionalizzazione; molto infatti stiamo facendo per creare le condizioni affinché le startup possano allargare i propri orizzonti sui mercati esteri, elemento oggi essenziale per consolidare la loro crescita”.
La Francia ha una focalizzazione sulle regole e la normativa fiscale, mentre l’associazione tedesca è molto determinata nel fare networking e pubbliche relazioni per far conoscere il mondo delle startup agli stakeholder nazionali e al mondo industriale. “Sicuramente, le 3.500 startup che sono iscritte al registro nazionale sono un segnale inequivocabile che questo mondo è attivo, che continua a esserci voglia di creazione di nuove imprese. Certo la quantità di denaro a disposizione per gli investimenti è ancora bassa rispetto agli altri Paesi”, ha ammesso Barilli.
Attualmente, delle startup iscritte al registro sono solo qualche decina quelle che superano il milione di fatturato e qualcuna raggiunge i cinque milioni, ma aumentano le realtà che stanno diventando delle piccole imprese. Complessivamente le 3.500 startup creano un fatturato intorno ai 7-800 milioni e oltre 10mila posti di lavoro.
“Positiva, inoltre, la crescita dell’interesse dell’industria italiana, ma anche internazionale, per queste nuove realtà”, ha aggiunto Barilli.
Tasso di mortalità? “Non ho dati certi; ritengo che una su due sopravviva, ma solo due su dieci mostrano una crescita vera anno su anno e rispondono dunque alla definizione di startup, dando un senso al suffisso ‘up’”, ha risposto Barilli.
Il Who’s Who delle startup italiane
Alla tavola rotonda ha partecipato anche Andrea Rangone, Responsabile degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano e Consigliere di Italia Startup, che ha presentato un aggiornamento del rapporto The Italian Startup Ecosystem: Who’s Who, mostrando una fotografia attuale del mondo delle startup italiane e confrontandolo anche con altre realtà internazionali.
“Dopo un decennio di vuoto spinto, di oblio, finalmente negli ultimi 3 anni anche in Italia in questo mondo delle startup, dell’imprenditorialità hi tech qualcosa sta succedendo – ha detto Rangone – e la spinta principale è stata sicuramente l’attenzione politica che, a partire dal Governo Monti [decreto Sviluppo bis, ndr], ha attivato qualche cosa anche da noi. Ormai si è avviato un circolo virtuoso che coinvolge tutte gli attori dell’ecosistema: una maggiore attività politica, l’attenzione dei media, un maggior numero di investitori e di imprenditori, più attenzione da parte delle università. È chiaro – ha proseguito – che siamo appena all’inizio, per cui ci sono ancora diversi elementi di criticità, come gli investimenti al momento scarsamente disponibili: evidenti sono le differenze rispetto ad altre realtà estere, in Italia gli investimenti sono una frazione rispetto ad altri Paesi”.
I numeri infatti parlano chiaro: gli investimenti istituzionali nelle startup high-tech in Italia sono 1/8 rispetto a Francia e Germania, 1/5 in confronto al Regno Unito e la metà di quelli registrati in Spagna.
“Siamo dunque indietro – commenta Rangone – ma qualche cosa di buono sta succedendo anche su questo frangente: nei prossimi anni, anche grazie all’intervento del Fondo Italiano d’Investimento, che ha messo a disposizione 150 milioni di euro per finanziare i fondi di venture capitalist, potremo muoverci in senso positivo, rendendo possibile la creazione di imprese che creeranno nuova occupazione e nuovo Pil”.
Già oggi comunque esistono diverse realtà che sono cresciute, nelle quali ci sono stati investimenti importanti e che hanno avuto exit (tramite acquisizione da parte di aziende consolidate o che si sono quotate in Borsa) interessanti. Lo studio ne mette in evidenza una decina: Gentium (acquisita per 732 milioni da un gruppo farmaceutico irlandese), Bravofly Rumbo Group (578 milioni), Octo (450 milioni), Ethical Oncology Science (330 milioni), Okairos (250 milioni), Intercept (185 milioni), facile.it (100 milioni), axélero (71 milioni), Triboo Media (64milioni).
Rangone ha anche sottolineato l’impegno del Politecnico di Milano nel sostenere le startup, ovviamente tutte hi-tech (digitali, IT, biotecnologie, energy , Hi care, meccatronica, …): “Abbiamo tre programmi. Il primo è Polihub, un incubatore che attualmente ospita una cinquantina di startup; il secondo è Startup Program, gestito dal MIP [la business school del Politecnico, ndr], un programma di empowerment imprenditoriale che segue gli startupper dal punto di vista gestionale; il terzo è Startup Boosting, un programma di mentorship (legato agli Osservatori); in questo caso vengono affiancate alcune startup dagli analisti degli Osservatori per aiutarle a raggiungere i loro obiettivi di business”.