“Le aziende che guideranno nei prossimi anni l’economia sono oggi in fase di incubazione. Siamo di conseguenza attenti al mercato delle nuove realtà che riteniamo guideranno quella discontinuità sostenuta dalla tecnologia a cui Google guarda”, sostiene Fabio Fregi, Country Manager di Google for Work in Italia, la divisione che ha la responsabilità di portare anche in ambito business la tecnologia utilizzata da centinaia di migliaia di utenti consumer.
Soprattutto in Italia, secondo Fregi, l’unica possibilità per creare nuovi posti di lavoro può derivare dalle nuove aziende e dalla capacità di quelle tradizionali di affacciarsi su nuovi mercati, senza gli investimenti che si facevano in passato, grazie a Internet: “Ricordo che nel 2013, nonostante la recessione, l’e-commerce è aumentato del 22% – argomenta – L’uso del Web come canale non convenzionale attraverso il quale esprimere la propria eccellenza ha consentito di aumentare la produzione e assumere personale a molte aziende, anche piccole che rappresentano il tessuto imprenditoriale del nostro Paese”.
Google non ha servizi professionali interni, ma lavora esclusivamente attraverso i partner, molti dei quali sono piccole imprese nate da pochi anni e startup, verso le quali si rivolgono alcune iniziative riconducibili alla voce Google for Entrepreneurship. L’iniziativa si muove sostanzialmente su due versanti:
- il supporto agli ecosistemi favorevoli all’innovazione con la creazione di campus e competition; a questo proposito è stata aperta da poco a Londra Google Ventures, che punta a investire 100 milioni nelle startup tecnologiche europee;
- l’offerta di strumenti per abilitare le imprese a un nuovo modo di lavorare fra cui Google cloud platform for startups che mette a disposizione voucher da 5mila fino a 100mila dollari per l’utilizzo di risorse cloud.
Google ‘presenta’ le startup ai Cio
Un importante sostegno alle piccole imprese innovative e alle startup del settore It è la creazione di un canale verso i clienti business di Google: “Stiamo portando i nostri partner, generalmente piccole realtà nate come startup con il paradigma del cloud, a contatto con aziende di varie dimensioni non preparate sui nuovi paradigmi tecnologici e sociali. Questo consente ai primi di crescere e confrontarsi con realtà consolidate e alle seconde di aprirsi all’innovazione e a nuove competenze non presenti al loro interno”, spiega Fregi.
Il fatto che sia un’azienda come Google a ‘presentare’ realtà piccole e innovative le rende credibili anche agli occhi dei Cio di aziende importanti: “Il Cio, stretto fra le necessità di lavorare con la tecnologia e aprirsi all’innovazione e quella di dare continuità ai servizi in azienda, rischia di avere un approccio tendenzialmente conservativo anche nella scelta dei partner, visto che il Ceo gli chiede innanzi tutto affidabilità – spiega il top manager di Google – Secondo la nostra esperienza, però, l’interlocutore aziendale accetta nel 90% dei casi di lavorare con aziende innovative che non conosce perché troppo piccole e troppo giovani se queste vengono presentate da realtà conosciute, mentre solo nel 10% dei casi viene richiesto di farle lavorare sotto il cappello di aziende più tradizionali e rassicuranti”.