LONDRA – “Scaviamo, perforiamo e stabilizziamo il terreno con tecnologie e attrezzature innovative. In questo momento, ad esempio, stiamo operando a Roma vicino al Colosseo per la nuova linea C della metropolitana. I lavori per la stabilizzazione della Torre di Pisa erano i nostri; ora siamo impegnati negli scavi per la nuova linea di metropolitana di Parigi. Abbiamo aperti molti cantieri in Europa e nel mondo intero. Stiamo lavorando a Francoforte per la costruzione di alcuni grattacieli, così come ad Abu Dhabi. Abbiamo di recente acquisito due nuovi cantieri negli USA, un building a Boston e la messa in sicurezza della diga Hoover Dike in Florida, e un altro in Norvegia, per la realizzazione delle gallerie ferroviarie. Lavoriamo in pratica in tutto il mondo”. Così, con alcuni esempi concreti, e con entusiasmo, inizia ad illustrarci l’attività del Gruppo Trevi, Cristina Donati, IT manager dell’Area HR della capogruppo Trevi Finanziaria Industriale, durante il recente Oracle Openworld Europa, tenutosi a Londra.
Il Gruppo Trevi è una realtà nata circa 63 anni, focalizzata sul settore delle fondazioni speciali e dell’ingegneria del sottosuolo, estendendo poi il proprio business anche alla produzione degli stessi macchinari necessari agli scavi e a particolari attività correlate (come ad esempio, cita la manager, per la realizzazione di Ground Zero a New York).
Abbiamo incontrato Donati perché l’azienda ha in corso un progetto di digitalizzazione diffusa che sta determinando una profonda ridefinizione organizzativa, di processo e anche culturale impattando trasversalmente molti ambiti del gruppo. Con l’IT manager dell’Area HR, approfondiamo non tanto le architetture e le tecnologie scelte (in questo caso si tratta della soluzione Oracle HCM Cloud – Human Capital Management), quanto i modelli fondativi e i percorsi di sviluppo strategico legati alla ridefinizione dell’area HR e di conseguenza di una nuova gestione delle risorse umane distribuite nelle società del gruppo in tutto il mondo.
“Il primo punto da considerare per spiegare la nostra scelta di avviare un progetto di profonda revisione dell’area HR è la complessità strutturale del Gruppo e del tipo di lavori che dobbiamo realizzare – dice Donati –. Un cantiere, spesso di grandi dimensioni e complessità, vede la presenza di numerosi altri soggetti che svolgono lavori fortemente specializzati”, anche se, precisa Donati, ogni tanto succede di avere invece la governance totale del progetto come avvenuto, si ricorderà, per la diga di Mosul, la più grande dell’Iraq, che Trevi ha messo in sicurezza.
“In Italia siamo circa un migliaio di dipendenti, mentre a livello mondo circa 5000 distribuiti in una ventina di società. Siamo presenti a Hong Kong, Filippine, Cina, Australia, Emirati Arabi Uniti (Dubai, Abu Dhabi), Oman, Kuwait, Arabia Saudita, Nigeria, Algeria, Argentina, Cile, Colombia e USA. Questo arcipelago di società è ricco di profili professionali e competenze molto diversificati in rapporto a lavori tra loro molto differenti. Si tratta di persone che necessitano di un’elevata agibilità, libertà e autonomia operativa per muoversi in mercati territoriali spesso nuovi e complessi” dice Donati.
Una nuova valorizzazione delle risorse umane
ZeroUno: Va quindi ricercata in questa eterogeneità di gruppo l’idea di una ridefinizione strutturale dell’area HR e di una nuova valorizzazione delle risorse umane che compongono la società?
Cristina Donati – Certamente. Ci siamo resi conto che era necessaria una maggiore e migliore governance centrale per riuscire a sfruttare meglio il grande valore di competenze presenti nel Gruppo Trevi. Poi la scelta di questo progetto deriva anche dall’opportunità di allinearci ad una fase di generale ristrutturazione sia organizzativa sia finanziaria che si estende anche a un rinnovo dell’area sistemi informativi in generale. Crediamo molto nella digitalizzazione e vogliamo portare avanti un progetto di digital transformation a 360 gradi. La parte HR è stato il primo tassello che ha avviato questa iniziativa e che prevede ora anche un cantiere aperto nell’area Erp.
ZeroUno: Quali sono stati allora gli elementi fondativi di questo progetto?
Donati: Pensare a una nuova architettura dei sistemi HR di gruppo guardando non solo alle esigenze dell’Italia ma a una dimensione globale, tenendo presente le numerose eccezioni.
Cosa stiamo cercando di costruire? Non si tratta di scegliere un sistema performante e decidere come configurarlo: vogliamo piuttosto diffondere una cultura e un linguaggio comune, quella che al nostro interno chiamiamo la nostra “bussola del cambiamento” pensata in ottica smart, ridisegnando i nostri processi. Uno dei mantra che abbiamo più volte ripetuto nei vari kick off è stato quello di non prendere le cose esattamente come le facciamo oggi e automatizzarle; dobbiamo rimetterci in discussione, pensando in chiave digital, essere ognuno owner dei propri processi. A prescindere che esista un responsabile formale o una struttura di riferimento, ogni persona deve sentirsi responsabile e attore del proprio cambiamento.
Concretezza metodologica, organizzativa e tecnologica
ZeroUno: Questo è un bell’obiettivo, ma le tappe per realizzarlo devono essere supportate da molta concretezza metodologica, organizzativa e tecnologica. Ad esempio, in termini di soluzioni applicative, cosa sta sostanziando questo percorso di trasformazione?
Donati: Abbiamo scelto di adottare la soluzione applicativa Oracle HCM Cloud, come soluzione globale. La utilizzavamo già dal 2016 ma solo per la parte performance, quindi disponevamo di un’anagrafica limitata alla raccolta degli obiettivi e per una valutazione sulle competenze dei dipendenti, ma neanche di tutti. Abbiamo portato il progetto in tutti i paesi ma sempre raccogliendo anagrafiche parziali, non riuscendo quindi ad avere i dati per una mappatura estesa e profonda delle competenze distribuite in tutto il gruppo.
La nostra iniziativa, che sta andando live proprio in questi giorni, è stata quindi quella di riattivare l’anagrafica, portandoci dietro lo storico che avevamo su altri sistemi, definire nuovi standard con cui misureremo i kpi dei nostri dipendenti su tutto il gruppo, con regole uniformi.
Il rapporto con Oracle è buono e abbiamo intenzione, nel giro di 1-2 anni, di implementare tutti i moduli della suite HCM. Siamo partiti dal core, abbiamo revisionato il modulo performance, poi implementeremo compensation, recruiting e learning e poi tutti i piani di carriera. In questo percorso ci sta accompagnando il partner Business Reply. Ma, come detto, la nostra bussola del cambiamento deve essere ripensarci in chiave digitale, ognuno deve sentirsi responsabile dei processi di cui è parte. Certo tutti i dipendenti del gruppo devono potersi riconoscere in processi uniformi. Se da Cesena vado a lavorare a Parigi, la gestione deve essere uguale. Magari posso trovare un sistema locale differente, ma un pattern comune deve esistere.
ZeroUno: La creazione di efficienza per la funzione HR, con un progetto di uniformazione esteso come questo che si riverbera poi su tutti i dipendenti del gruppo, con obiettivi di realizzare “pattern” di linguaggio e di cultura è già un grande lavoro e sarebbe un grande risultato, misurabile senz’altro, in termini di efficienza. Ma avete anche ipotizzato un ulteriore passo avanti nella creazione di valore, nell’analisi e valorizzazione delle competenze, verso una maggiore flessibilità nella gestione del know how…
Donati: Questo è proprio ciò che vogliamo fare. Attraverso l’ottimizzazione dell’HR abbiamo l’obiettivo di costruire il migliore employee journey possibile. Questo progetto è nato dalla volontà dell’HR con il supporto dell’IT e, durante il kick off del progetto, uno dei messaggi che ha lanciato il nostro direttore del personale è stato l’invito ad essere protagonisti del cambiamento, a disegnare i nuovi modelli di gestione delle risorse umane e il modo con cui interfacciarsi ai nostri dipendenti. E da come sapremo fare questo percorso, le persone si sentiranno parte o meno della cultura e degli obiettivi di questo gruppo. Un messaggio sfidante. La tecnologia è abilitante, ma dall’altra parte deve esserci la struttura organizzativa. Ascoltando le persone, vengono ridisegnati i processi e rimessi in discussione nel profondo anche alcune modalità operative della funzione HR.
Vengono definiti nuovi modelli comportamentali di valutazione che derivano dall’ascolto delle persone e che vengono poi mappati su alcuni cluster comportamentali che connotano la strategia di gruppo e i valori che la contraddistinguono. E su questo modello stiamo avviando un opportuno percorso di comunicazione. Tra un anno il ciclo si chiuderà e verranno fatte delle valutazioni.
Intanto sta partendo una campagna dedicata al tema self service. Non solo le pratiche burocratiche (iban, residenza, ecc) verranno aggiornate direttamente dalle persone, ma ci sarà anche un aggiornamento continuo sul proprio curriculum, aumentando l’integrazione con LinkedIn e altri social. Ci servirà per creare una mappa delle competenze, non solo sulla base di quanto ricercato o definito dall’azienda, ma per aprirci di più alle nostre persone e far dire a loro direttamente le loro conoscenze, le loro culture, cosa conoscono, che profili hanno, cosa desiderano. Dobbiamo anche rendere più trasparenti i criteri di valutazione e di operatività dell’HR. Ci vuole del tempo, pazienza ma è fondamentale strutturare un percorso ed essere sempre aggiornati sullo sviluppo tecnologico dei moduli applicativi. Tra l’altro la tecnologia si arricchisce sempre di nuove funzionalità e quindi, in modo anche positivo, il progetto evolve ulteriormente e spesso accelera.
I digital enabler del cambiamento
ZeroUno: Ma quali sono al vostro interno oggi i veri digital enabler di questo cambiamento? Non è semplice lavorare su una trasformazione dei processi e culturale in genere
Donati: La tecnologia ci offre la possibilità di un continuous feedback dalle persone, ma non tutte sono pronte e disponibili. Applicheremo i continuous feedback in modalità pilota e ragionata, non con tutti che possono commentare tutti. Più in generale, la direzione HR sta lavorando, di pari passo alla diffusione della tecnologia, anche sulla cultura e sulle abitudini delle persone. Deve necessariamente essere un processo sinergico e accettato, altrimenti la trasformazione digitale rischia di essere percepita come ostacolo o, peggio, come costrizione. All’interno di questo pilota troveremo le persone che saranno i nostri “agenti del cambiamento”, coloro che saranno effettivamente interessati ed attivi per far parte in prima persona di questa trasformazione strutturale del Gruppo. In ogni caso il digitale è il punto di riferimento e di spinta di questo nostro cambiamento. La tecnologia ci consente di creare nuovi standard con cui vogliamo non solo raccogliere le informazioni ma anche monitorarle.
Ci aspettiamo tantissimo, da qui a 3 anni, da un utilizzo diffuso di intelligence per creare analisi predittive. In un settore come il nostro, è difficile fare un piano dell’organico necessario per specifici fabbisogni, perché c’è molta variabilità in rapporto alle diverse tipologie di commesse. Riuscire a sviluppare un trend di analisi nel corso degli anni in base al numero dei progetti attivati e per i quali ho dovuto attingere a nuove professionalità, fare poi delle simulazioni rispetto alle tipologie di progetti e sapere in quanto tempo riesco ad attivare determinate task force e a quali competenze migliori attingere all’interno del gruppo sarebbe per noi importantissimo. Non è semplice, serve tempo e una raccolta di dati uniforme. Ma questa è la strada.