Lo studio rivela che, anche nel nostro Paese, il Cfo come “imprenditore di efficienza” e integratore di valore rappresenta il fattore chiave nei cambiamenti della funzione Afc (Amministrazione Finanza e Controllo), pur in presenza di alcuni elementi che ne limitano il potere organizzativo e decisionale in azienda.
“Il mutato scenario istituzionale, economico e tecnologico in cui le imprese si trovano a operare le spinge, inoltre, a ricercare un’accentuata integrazione informativa e manageriale delle componenti chiave della funzione Afc (asset operativi, processi, ruoli e competenze). Un’integrazione che può far leva sull’uso di tecnologie di raccolta e analisi dei dati” sottolinea Andrea Dossi, direttore area Amministrazione, Controllo, Finanza aziendale e Immobiliare di Sda Bocconi e coordinatore scientifico della ricerca.
La ricerca italiana trae spunto dalla Ibm Cfo Survey 2010, condotta con l’obiettivo di comprendere le caratteristiche della funzione Afc e il ruolo dei Cfo nelle imprese, attraverso la somministrazione di questionari e il confronto in focus group focalizzandosi si su quanto i risultati della ricerca Ibm Cfo fossero applicabili alle aziende del nostro Paese, e quali fossero i principali driver di cambiamento della funzione di Amministrazione-Finanza-Controllo.
“L’integrazione informativa è vista dai Cfo come chiave per l’efficienza amministrativa e per l’integrazione organizzativa capace di garantire competitività all’azienda”, aggiunge Marco Albertoni, Analytics Leader, Strategic Initiatives Ibm Italia.
Il Chief Financial Officer svolge un ruolo cruciale in termini di misurazione e controllo delle performance, ma diventa anche protagonista delle strategie finalizzate a una maggiore efficienza nei processi, alla gestione del rischio, alla riduzione dei costi a livello globale e all’ottimizzazione del costo del capitale.
D’altro canto, questa centralità non sempre si accompagna ad unincidenza della funzione sui processi di business e sulle decisioni chiave. Solo il 60% delle aziende italiane, ad esempio, possiede una funzione amministrazione, finanza e controllo che riassume al suo interno tutte queste competenze. Spesso inoltre nelle aziende medio-piccole si hanno Cfo dall’età media elevata, con un turnover che si attesta attorno ai 14-15 anni.
In quest’ottica la ricerca fornisce alcuni punti chiave per conseguire un incremento della visibilità del Finance nelle imprese italiane:
· un’evoluzione della funzione finance che assicuri una maggiore integrazione informativa e un’aumentata efficacia dell’informazione rispetto al business. Ciò è facilitato dall’adozione di tecnologie (come soluzioni Erp) che automatizzino la funzione amministrativa e permettano al Finance di concentrarsi sull’analisi di business (grazie a strumenti adeguati di analytics);
· indicazioni puntuali al top management riguardo alle aree in cui si genera cassa, dove si può investire e in che misura;
· un presidio costante ed efficace dell’analisi degli investimenti e del credit management;
· un’integrazione dei meccanismi di planning e budgeting con quelli di risk management, per poter comprendere quali sono rischi di business cui l’azienda si espone e comunicarli in tempo reale;
· un investimento concreto sulle persone, sullo sviluppo e gestione dei talenti nel Finance. E’ questo l’investimento forse più importante e il gap più rilevante rispetto alle esperienze internazionali, anche in considerazione della fuga di talenti che affligge il sistema Italia.
Ai Cfo si richiedono quindi contributi importanti per gestire le minacce, innovare i modelli di business, ottimizzare le risorse, anticipare performance e opportunità. La funzione Afc diventa protagonista nella definizione ed implementazione delle strategie aziendali.
La sfida può essere affrontata con un ripensamento dell’integrazione tra sistemi, processi e risorse che costituiscono la funzione, anche attraverso l’uso di tecnologie capaci di restituire real-time informazioni strategiche per il business e lo sviluppo delle risorse umane.