“Accanto al problema di far funzionare la macchina It, c’è oggi il dovere di sperimentare la potenza delle nuove tecnologie per le quali, non essendoci alcuna storia pregressa, non c’è use case che possa dire se va bene o no, per esempio, passare al mobile, al social o investire in un progetto IoT”.
È così che si esprime al massimo della sua concretezza il concetto di It bimodale che Massimo Pezzini, Vp & Gartner Fellow, ha ribadito pochi giorni fa dal palco dell’Ibm Tech Day. “Vero è – aggiunge l’analista italiano – che non si può pensare di rivoluzionare tutto; la bimodalità oggi si esprime in specifici contesti dove la curva di apprendimento si sviluppa attraverso la sperimentazione all’interno di ‘nicchie’ progettuali, spesso anche mediante nuovi approcci collaborativi con le Lob, prima di essere poi estesa all’interno dell’It nel suo complesso”.
Attenzione però a non confondere il concetto di It bimodale con l’idea di ‘convivenza forzata’ tra vecchi sistemi legacy e nuove tecnologie indirizzando il budget solo verso queste ultime; “immobilizzare gli investimenti sulla parte core dell’It è una trappola che può portare a ‘debiti tecnici’ tra le due anime del bimodal It”, osserva Pezzini. “Senza dimenticare che non investire nell’evoluzione dei sistemi legacy potrebbe compromettere anche l’efficacia dei nuovi progetti che guardano al cloud, alla mobility o agli analytics, per i quali c’è bisogno di adeguate infrastrutture di supporto”.
Anche il data warehouse diventa ibrido
“Liberarsi dall’It non significa che si può fare a meno dell’It, vuol dire svincolarsi dalla dipendenza dall’on-premise abilitando un utilizzo self-service della tecnologia per dare più opportunità agli utenti”, commenta a tal riguardo anche Walter Aglietti, Big Data Technical Leader and Technical Manager di Ibm Software Group.
Per riuscire concretamente a svincolarsi dall’It lasciando al dipartimento l’onere della governance servono tool abilitanti, che nella visione di Ibm partono dal data warehouse, anch’esso sempre più tendente all’ibrido come Ibm dashDB, un data warehouse completamente gestito e disponibile in cloud pensato per applicazioni di analytics.
“dashDB rappresenta uno dei tasselli del concetto di logical data warehouse all’interno del quale Ibm fa ricadere prodotti e strategie volte ad una reale convergenza tra sistemi on-premise e in cloud, tra cui dashDB Local (un software-defined data warehouse ottimizzato per ambienti di private cloud), Ibm DB2 e tutti gli ambienti di in-database analytics (anche open source come Hadoop)”, specifica Fabrizio Napolitano, Analytics Architect di Ibm Italia. “Lungo tutti questi ‘mattoncini’ tecnologici si estende Common Analytics Sql, un engine comune per l’accesso, l’utilizzo, l’analisi dei dati che abilita una vera e propria soluzione ‘portabile’ di hybrid data warehouse”.