Ict e Italia: un Paese di serie B

Un recente studio del World Economic Forum rivela che tutti i principali parametri considerati mostrano l’Italia come un paese gravemente inadeguato e in ritardo nelle proprie capacità di sfruttare le opportunità offerte dall’Ict.

Pubblicato il 01 Ott 2011

L’Italia? Un Paese di serie B, per quanto riguarda l’attenzione, le risorse dedicate e le condizioni di contesto messe in campo per favorire un pieno sviluppo dell’Ict e il suo utilizzo per affrontare le sfide economiche, sociali e culturali.
Questo il giudizio che si può senza alcuna esagerazione ricavare dalla ‘fotografia’ scattata dal World Economic Forum (WEF) e dalla prestigiosa business school francese Insead nello studio ‘The Global Information Technology Report 2010-2011’. La fotografia emerge da una ricerca e da un impianto metodologico di notevole serietà, concretizzati in oltre 400 pagine dedicate non solo all’approfondimento dei temi critici, tecnologici e di scenario, dell’evoluzione dell’Ict ma anche alla definizione del cosiddetto ‘Network Readiness Index Report’. Questo ‘Index Report’ raccoglie ben 138 schede di sintesi dedicate ad altrettanti Paesi e che descrivono attraverso una gran quantità di dati, numeri e percentuali, il modo in cui questa evoluzione si concretizza, anno dopo anno, nelle realtà regionali e nazionali del mondo.
Questi dati vengono ricavati dalle indagini di organizzazioni internazionali (per esempio l’Onu e la World Bank) e dall’Executive Opinion Survey condotta ogni anno dal World Economic Forum tra alcune migliaia di executive che operano nei diversi Paesi in cui il Forum è attivo. Questi dati vengono poi ‘macinati’ ed elaborati per definire e valorizzare una serie di indicatori che consentono di valutare il modo in cui i diversi Paesi utilizzano concretamente l’Ict.
Questa valutazione si esprime su tre dimensioni:
– il contesto politico, regolatorio e infrastrutturale in cui l’Ict è operante in ogni Paese;
– la preparazione e le competenze di individui, aziende e Pa nell’utilizzo dell’Ict;
– l’attuale effettivo utilizzo dell’Ict da parte di individui, aziende e Pa.
Va positivamente sottolineata la presenza di numerosi item riguardanti il contesto in cui in ogni Paese l’Ict si trova concretamente ad operare; non è frequente, in altre indagini sulle stesse tematiche, trovare riferimenti e valutazioni su aspetti come, citiamo a caso: lo stato della ricerca pubblica e privata, la diffusione dell’insegnamento della matematica nella scuola dell’obbligo, la diffusione di cultura scientifica, il livello di protezione della proprietà intellettuale, i tempi mediamente necessari per avviare un’attività imprenditoriale e il relativo contesto regolatorio in un determinato paese e così via. Sta proprio in questo approccio articolato e multidisciplinare e in questo sforzo di inquadramento il contributo più interessante e di valore che si può trovare in questo Rapporto.

Le direzioni del prossimo futuro
Cadendo quest’anno il decennale della sua pubblicazione, è evidente che buona parte degli articoli di commento presenti nella prima parte del Rapporto siano dedicati all’analisi dell’evoluzione che ha caratterizzato l’Ict e il suo utilizzo in questo periodo. Sarebbe improbo provare a sintetizzare queste analisi; più semplice, visto lo spazio disponibile, presentare la ‘vision’ espressa nel Rapporto dei punti che caratterizzeranno le direzioni di marcia che l’evoluzione dell’Ict prenderà nei prossimi anni.
Questa ‘vision’ è sintetizzata nell’acronimo Slim.
S di Slim sta per ‘social’, perché “l’Ict sempre più si intreccia con il comportamento delle persone e delle reti sociali, con orizzonti che si espandono oltre i tradizionali temi dell’automazione e dei processi per comprendervi un precisa focalizzazione sui temi umani e sociali”.
L sta per ‘local’, a sottolineare la crescente importanza dell’aspetto legato al contesto geografico, e l’affermazione dell’Ict come strumento in grado di connettere le persone, i processi e gli stessi oggetti (il riferimento è alle tecnologie dell’Internet delle cose’) sulla base di specifiche geografie, fino a consentire la realizzazione di servizi ad hoc, differenziati proprio sulla base dei diversi contesti locali.
I sta per ‘intelligent’ perché tecnologie sempre più raffinate consentiranno di memorizzare, analizzare e usare in modo via via più semplice ma anche raffinato le conoscenze disponibili come solide basi al servizio di individui e organizzazioni per decidere e agire.
M sta per ‘mobile’, un’evoluzione resa possibile soprattutto dalla grande diffusione della telefonia cellulare e dai paralleli, enormi progressi in campi disparati (dalle interfacce naturali agli schermi, alla diffusione delle tecnologie wireless e della banda larga) che renderanno l’Ict sempre più mobile e accessibile.

Il ranking della "network readyness"
Come si diceva, la parte che è inevitabilmente destinata ad attirare l’attenzione dei lettori è quella riguardante le tante classifiche sullo stato di ‘network readiness’ delle differenti regioni geografiche e di ciascuno dei singoli 138 paesi analizzati. Limitandoci anche qui a una presentazione sintetica, nel ranking generale brillano come sempre i Paesi del Nord Europa e quelli dei paesi asiatici di più recente affermazione sul piano economico internazionale. In pratica, tra i primi 20 Paesi più attrezzati in termini di ‘network readiness’ troviamo 11 Paesi europei (non c’è l’Italia) con le nazioni scandinave ai primissimi posti (tabella 1).
Per quanto riguarda i paesi asiatici, nella classifica dei top ten troviamo Singapore, Taiwan e Corea del Sud. I due grandi colossi asiatici realizzano performance di valore differente: mentre la Repubblica Popolare Cinese, dopo anni di progressivo avanzamento, arriva oggi a consolidare i propri sforzi conquistando il 36° posto, diverso è il discorso riguardante l’India che perde qualche posizione rispetto al passato, classificandosi al 48° posto. È evidente che nel posizionamento dei singoli Paesi sia piuttosto importante la dimensione ‘popolazione’. Questo vale sia per il posizionamento relativamente basso di giganti come Cina e India sia per quello estremamente positivo di 8 dei 10 Paesi presenti nella ‘top ten’ che, a parte Stati Uniti e Canada, sono tutti Paesi di popolazione e dimensioni ridotte, o almeno relativamente ridotte.

Il caso dell'Italia
Non c’è dubbio però che l’aspetto più interessante che il Rapporto presenta per il lettore italiano sia costituito dalla ‘scheda’ dedicata al nostro Paese. Una scheda da cui emergono dati e numeri che mostrano un Paese davvero in condizioni critiche, per quanto riguarda l’Ict. Capita a ogni ‘classica’ scadenza (per esempio la presentazione dei rapporti di Assinform, di Assintel oppure dell’Agcom) che dai diversi relatori ufficiali venga sottolineato il posizionamento critico che il nostro Paese occupa rispetto a una serie di indicatori (tipici il rapporto tra spesa Ict e Pil, oppure la bilancia commerciale del settore, oppure il tema della banda larga ecc.) con la ormai consueta conclusione sui “rischi di finire tra i Paesi di serie B” nel ranking riguardante lo sviluppo dell’Ict. Quello che emerge dal Rapporto sulla ‘Network Readiness’ è ben più grave: per quanto riguarda il livello di penetrazione e difusione dell’innovazione e della cultura Ict nei diversi comparti della vita economica e sociale, il nostro Paese in serie B ci si trova già, e neppure ai primissimi posti e sarà il caso che chi di dovere si impegni a fondo per riportarlo in tempi brevi ai livelli che gli competono, in quanto Paese che, bene o male, resta ancora tra i quelli economicamente più avanzati.
Nell’ambito del gruppo dei 15 principali paesi dell’EU, che in generale occupano i primi posti del ranking generale della Network Readiness, l’Italia è inquadrata nel gruppo dei paesi meno avanzati, insieme alla Grecia.
Nel ranking generale del ‘Networked Readiness Index Report’ , l’Italia figura al 51° posto (su 138 paesi complessivamente) con un peggioramento di tre posizioni rispetto a un anno fa, mentre solo 4 anni fa figurava al 38° posto. Per quanto riguarda il posizionamento nelle singole macro categorie di valutazione, l’Italia è al 51° posto per quanto riguarda la ‘componente ambientale’ (82° per il contesto di mercato, 62° per le condizioni politiche e normative di contesto, 38° per lo stato delle infrastrutture); al 64° posto per quanto riguarda la componente livello di preparazione e competenze’ (62° per la preparazione dei singoli individui, al 46° per la preparazione nel mondo business, al 113° per la preparazione nel mondo Pa). È nell’ultima categoria di classificazione, quella dell’effettivo grado di utilizzo dell’Ict, che il nostro paese raggiunge le migliori performance relative, classificandosi al 49° posto (38° posto per le capacità di utilizzo dell’Ict da parte dei singoli individui, 51° posto per le capacità di utilizzo in ambito business e all’80° posto per quanto riguarda l’utilizzo effettivo di Ict in ambito Pa.).
Per curiosità, tra i 71 singoli item che vanno a comporre l’indice di posizionamento del nostro paese, quelli che ottengono i punteggi migliori riguardano lo sviluppo del modello economico distrettuale (nel segmento di valutazione delle condizioni di mercato), il livello di concorrenzialità del mercato della telefonia e di Internet e il grado di diffusione della telefonia cellulare.
In ogni caso, la valutazione di sintesi che il Rapporto fa dello stato di ‘readiness’ del nostro Paese è che l’Italia deve “rafforzare le condizioni di contesto del proprio mercato, sviluppando la diffusione e le capacità generali di utilizzo delle nuove tecnologie da parte dei diversi soggetti protagonisti (individui, aziende e P.A.) e mettendo questi temi al centro dell’impegno dell’intero Paese”. È l’ennesimo invito a “darci una mossa”.


Networking Readiness: L'Italia in sintesi

Posizionamento generale 51° (su 138 paesi considerati)

  • Componente ‘environment’ 51
    – Condizioni di mercato 82
    – Contesto politico e regolatorio 69
    – Stato delle infrastrutture 38
  • Componente ‘readiness’ 64
    – Readiness degli individui 62
    – Readiness del mondo business 46
    – Readiness della P.A. 113
  • Componente ’utilizzo concreto di Ict' 49
    – Livello di utilizzo degli individui 38
    – Livello di utilizzo delle aziende 51
    – Livello di utilizzo della P.A. 80


‘Network Readiness Index’. La Top Ten (2010-2011)

  1. Svezia
  2. Singapore
  3. Finlandia
  4. Svizzera
  5. Stati Uniti
  6. Taiwan
  7. Danimarca
  8. Canada
  9. Norvegia
  10. Corea del Sud

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