Un amico ingegnere che si occupa di impianti di climatizzazione mi raccontava che qualche tempo addietro una grande azienda italiana cliente aveva commissionato un progetto di rinnovo di 8 centrali termiche obsolete nelle proprie sedi. Successive valutazioni economiche del progetto avevano via via ridotto il piano di investimenti fino al punto di congelarlo. Poi l’improvvisa rottura di un impianto in piena stagione aveva costretto a sostituirlo in emergenza, con inevitabile aggravio di costi e disagi.
Non si tratta di un caso isolato; il lungo periodo di recessione economica attraversato dall’Europa, e in particolare dall’Italia, ha certamente effetti concreti sulle decisioni di investimento in vari settori, compreso quello dell’Information Technology. Secondo l'ultimo rapporto Assinform 2014, dopo un triennio di contrazione media annuale dell'1,1% la spesa It nel 2013 ha subìto in Italia un’ulteriore preoccupante riduzione del 4,4% rispetto all'anno precedente. Sono stati adottati anche qui gli stessi criteri di selezione delle caldaie?
Fortunatamente gli investimenti in Information Technology non sono sempre assimilabili a quelli adottati per una utility. Lo stesso studio Assinform evidenzia una profonda demarcazione tra segmenti di mercato It “perdenti” (Sistemi enterprise tradizionali, Sviluppo e assistenza tecnica, Personal Computer) e “vincenti” (Contenuti e pubblicità digitali, piattaforme web, Cloud, Tablet e Smartphone). In altre parole, l’It non riveste solo una funzione di “utility”, ma è anche una leva di crescita e sviluppo del business. La continua crescita delle vendite E-commerce anche in Italia (11,3 miliardi di Euro nel 2013 frutto di una crescita media costante del 18% negli ultimi 4 anni), in netto contrasto con la recessione che negli stessi anni insiste sui canali tradizionali, ne è una prova.
Sono solo alcuni numeri della rivoluzione digitale in atto, trainata da milioni e milioni di individui sempre più connessi ovunque con i loro device, pronti a consumare nuove informazioni in modo semplice, immediato e accattivante, cambiando per sempre il mondo dell’informatica.
Questa rivoluzione trasforma i mercati, le organizzazioni, determinando vantaggi competitivi per alcune aziende o sistemi paese rispetto ad altri. Trasforma anche l’Enterprise It biforcandone nettamente i percorsi e le prospettive. I settori nati o evoluti verso modelli digitali sperimentano una fase di crescita. quelli ancorati a un modello tradizionale affrontano stagnazione e contrazione.
I tradizionali confini nazionali vengono inoltre superati da nuovi scenari internazionali come dimostra, per esempio l’impatto di Amazon su alcuni segmenti del commercio al dettaglio, o di Uber o Car2Go [app per il noleggio auto e car sharing ndr] nel trasporto urbano. Praticamente nessun settore, nel lungo termine è al riparo. La velocità di adattamento al nuovo scenario diventa quindi un fattore di sopravvivenza.
La crescita del sistema nazionale di Imprese e Pubblica Amministrazione si gioca quindi anche sulla capacità di impiegare e investire su risorse digitali. Questa trasformazione dipende anche, a mio parere, dalla necessaria trasformazione del sistema It enterprise e da una nuova interpretazione del ruolo dei Cio, come parte di un più ampio contesto di società digitale connessa.
Nella realtà quotidiana molti Cio si trovano a fronteggiare contesti apparentemente contraddittori. Sono oggetto di richieste di tagli ed efficienza della spesa It. A volte sono misurati sulla loro capacità di risparmio. In parallelo, sono parte della sfida di programmi di trasformazione digitale in contesti caratterizzati da aspettative crescenti, spesso condizionati dalla limitata disponibilità di competenze sia interne che esterne alle loro organizzazioni.
Il silenzioso, progressivo trasferimento della responsabilità decisionale (e dei relativi budget di spesa) dai dipartimenti It ai dipartimenti utente è un fenomeno diffuso e ormai riconosciuto anche a livello di ricerca, così come l’emergere di nuove problematiche di interazione tra i dipartimenti It e – per esempio – le strutture commerciali; unità sempre più “costrette” a collaborare interrompendo lunghe tradizioni di mutuo, splendido isolamento.
Tutti questi aspetti rendono evidente come la digitalizzazione sia un processo sociale prima che tecnologico, dove i dipartimenti It sono sempre più solo uno tra gli stakeholder del “sistema”. Servono clienti digitali, colleghi digitali, direttori generali digitali, e forse anche investitori digitali per promuovere e realizzare questa profonda trasformazione digitale; e serve anche un Cio "digitale" adatto al nuovo contesto.
Rimane d'altra parte il dominio tradizionale del Cio, fatto di transazioni, continuità di servizio e infrastruttura da gestire, ovvero una eredità organizzativa difficile da conciliare con i nuovi scenari digitali.
Scenari che impongono a mio parere la considerazione di decisioni da parte dei Cio su alcuni ambiti fondamentali:
– La relazione con gli altri stakeholders della trasformazione digitale, rivalutando i modelli di collaborazione verso le altre funzioni interne così come il grado di apertura verso altri contributori esterni del processo di digitalizzazione (vendor, associazioni professionali, start-up, agenzie di comunicazione, mondo della ricerca, ecc.).
– Le tecnologie su cui puntare e gli investimenti da promuovere rispetto a ciò che va ridimensionato, dove sono da ponderare le opportunità di industrializzazione, semplificazione e la riduzione di costo di servizi maturi, in contrapposizione rispetto a nuove capability rilevanti per il futuro fabbisogno delle rispettive organizzazioni (per esempio Mobile, Cloud, Internet of things, rinnovo di sistemi “core”, ecc.), oltre alla stessa condivisione dei criteri del valore e del ritorno sugli investimenti informatici con le rispettive organizzazioni.
– Le competenze chiave da sviluppare anche nei dipartimenti It, dove profonde necessità di aggiornamento su tecnologie e metodologie emergenti (Enterprise architecture, Information analytics, cloud infrastructure, mobile, ecc.) possono condizionare la capacità di supportare un piano di trasformazione.
– Il modello organizzativo dell’It, a partire dal riconoscimento della natura duale dell’IT (operazioni vs. Sviluppo, commodity vs. Innovazione), dei differenti modelli di competenze, governance e funding, considerando le appropriate conseguenze nei rispettivi contesti organizzativi
Si tratta di affrontare una rivoluzione, potenzialmente destabilizzante per organizzazioni e soggetti non nativi digitali come il sottoscritto. I valori del confronto, dell'apertura, della contaminazione multidisciplinare offerti da programmi come Finaki vogliono aiutare a condividere un percorso, promuovere un approccio di sistema ed aumentare le nostre possibilità di successo in questa sfida. Che può avere risvolti entusiasmanti.
*Daniele Rizzo, Presidente Comitato di Programma Finaki 2015 e Chief Information & Business Processes Officier Europe di Autogrill