Digital360 Awards

Il CIO come mediatore tra AI generativa e l’uomo

Impensabile schermarsi a lungo dalle novità sull’AI generativa. Impensabile non affrontare l’argomento in un incontro per CIO. Nel prossimo futuro bisognerà scegliere se farlo in modo proattivo, consapevoli di come questa tecnologia cambierà il modo di lavorare di tutti, non solo il proprio. Ecco perché la si considera disruptive, e da accompagnare e diluire all’interno di tutta l’organizzazione.

Pubblicato il 12 Apr 2023

CIO mediatore

L’intelligenza artificiale è tra noi da molto tempo, quella generativa da meno, ma ora gode della fama di protagonista di una delle più trasversali e prolungate “hype” mediatiche del momento. Proprio questo suo essere “sulla bocca di tutti”, obbliga a fare una riflessione, come persone e come organizzazioni. Ingabbiati in un percorso collettivo dominato da eventi esterni, i CIO possono prendere in mano la situazione e diventare mediatori. Tra entusiasmi e diffidenze, sta a loro discernere ciò che è concreto, importante e utile per la propria realtà, nel presente e per il futuro. L’ennesima sfida sul filo della cronaca internazionale, condivisa tra CIO e leader dell’innovazione, riuniti nel nome dei Digital360 Awards, per la prima tappa di un percorso lungo fino al prossimo autunno, condiviso con il CIO Summit.

Fluidità aziendale per diluire l’AI generativa

La prima cosa certa da cui partire è che, per restare competitivi, bisogna essere disposti a cambiare. Invece di porsi il problema di come trovare e accogliere nuove competenze, le organizzazioni devono diventare meno piramidali e più adattive. Le dinamiche e le gerarchie interne, qualsiasi schema seguano, lo devono abbandonare per far spazio all’AI generativa. Questa nuova tecnologia non diventerà il futuro CEO dell’azienda e nemmeno il nuovo CIO o un collega “super dotato”.

Se ben introdotta, tenderà invece a diluirsi in ogni area di competenza, addossandosi tutti i task a basso valore aggiunto. Perché così avvenga, chi ha a che fare con la tecnologia potrà reinventarsi, vedendo valorizzato il proprio ruolo. Potrebbe anche ritrovarsi con molto più tempo libero, da intendere non come un preavviso di licenziamento, ma come un nuovo task. Annoiarsi, per essere “generativi”, più dell’AI e come solo l’uomo sa fare.

Così descritto, sembra un cambio di mindset quantico e complesso. L’idea dei CIO è quella di far sì che le organizzazioni lo compiano interagendo direttamente con la nuove tecnologie. Più di tanti corsi e discorsi, spesso sono gli strumenti di ogni giorno a plasmare i nostri comportamenti. Se l’organizzazione si mostra abbastanza fluida da adattarsi alla nuova AI, sarà la tecnologia stessa a indurre un cambiamento adattivo.

Annoiarsi e sperimentare, per lasciar spazio al futuro

L’introduzione dell’AI generativa in azienda non va affrontata come si trattasse di un nuovo strumento tecnico da insegnare. Non ci vogliono corsi o vademecum, la migliore maestra sarà la libertà di sperimentare. Ciò non vale solo per i CIO, i CTO e il top management, ma per tutti. Le persone dovranno sapersi costruire la propria esperienza, partendo dalle risorse messe a disposizione dall’IT. Sarà un processo lungo e intenso, ma è l’unico che risulta irreversibile e garantisce un’innovation adoption di successo.

Date le caratteristiche dell’AI generativa, si dovrà prestare molta attenzione all’interlocuzione tra uomo e macchine. Sarà necessario, infatti, imparare a saper chiedere nel modo giusto e saper istruire l’AI, mettendo l’intera organizzazione attorno allo stesso tavolo, HR compresa. L’integrazione di un elemento come l’AI generativa esige un lavoro in squadra totalizzante. La tecnologia riguarda tutti, nella quotidianità, ma non va subita. È necessario introdurla e utilizzarla, consapevoli anche dei suoi costi e dell’impatto sulla sostenibilità. L’applicabilità la conosce solo il business e quindi è essenziale che il business la senta come sua, in questo cambiamento. Si potrebbe parlare di un’adozione tecnologica diffusa, senza iter prestabiliti e corale, al di là della IT governance “ufficiale”. I CIO hanno parlato di diluizione, raccomandando (e raccomandandosi) di lasciare che il futuro si faccia spazio in tutta l’organizzazione, prendendo forma anche nelle mani dei colleghi privi di background specifico.

Il CIO come mediatore tra tecnologia e uomo

In una sorta di nuova era dell’uomo ludens, l’AI generativa non ci chiede un upgrade tecnologico. Ciascuno si deve e si può reinventare e il CIO ha proprio il compito di permettere che tutti siano liberi di farlo, innescando e vegliando da lontano sul cambiamento. Le “manie di controllo”, quasi per assurdo, vanno messi da parte, per lasciare che l’AI generativa applicata si plasmi nelle mani di qualsiasi collega accetti la scommessa proposta da questa inevitabile innovazione.

Senza calcoli sulla produttività, soprattutto all’inizio, è necessario fornire tecnologia e regole chiare, lasciando all’organizzazione la libertà di creare. Si può tranquillamente parlare di democratizzazione, e l’artefice di tale processo potrà essere solo il CIO. Proprio chi ricopre questo ruolo, è oggi chiamato ad accompagnare l’introduzione della tecnologia passando dall’essere un provider a diventare un broker con qualche missione speciale, ma non impossibile.

Una sarà quella di vegliare sui più sensibili al cambiamento, perché non si autoescludano e non restino isolati. Un’altra sarà rappresentata dal gap generazionale che, però, in questo caso, potrebbe non pesare come per altri step tecnologici. Trattandosi di un’evoluzione a tutto campo, non vince solo chi è disinvolto con le nuove tecnologie. Vince chi ha voglia di sperimentare un nuovo modo di lavorare, meno ripetitivo e più creativo. Meno attaccato a regole certe e più focalizzato sugli obiettivi.

Ai CIO il compito di far capire tutto ciò ai propri colleghi, coinvolgendoli e responsabilizzandoli. Rinunciando al ruolo di detentore delle chiavi delle risorse IT e distribuendole. Potrà raccoglierne benefici per sé e per l’azienda, conquistando un nuovo ruolo di mediatore e guida al cambiamento. Molto meglio di quello di custode di algoritmi e dispositivi, destinati ad essere sempre sostituiti in pochi anni.

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