Il digital marketing come chiave per l’innovazione in azienda

Il cambiamento delle abitudini di acquisto dei beni di consumo è sempre frutto di un mix di fattori che include elementi come la situazione economica di un paese, i trend socio demografici che lo caratterizzano e, oggi più che mai, le tecnologie di comunicazione che via via si affermano nell’utilizzo quotidiano. Oggi il digital marketing può davvero svolgere un ruolo trainante all’interno delle politiche aziendali, ma solo se il management è in grado di interpretarlo per quello che è: un formidabile elemento di dialogo e di costante sperimentazione quotidiana con il mercato.

Pubblicato il 14 Ott 2014

Il marketing ha conosciuto grande fortuna dal secondo dopoguerra a oggi grazie alla crescita esplosiva del settore retail. La sua definizione è mutata con il tempo a sottolinearne l’evoluzione che va di pari passo con i cambiamenti della società [1]. La diffusione in tutte le famiglie dell’apparecchio televisivo ha rappresentato un’occasione formidabile per instaurare un canale di comunicazione diretto fra le aziende produttrici di beni e servizi e i loro potenziali clienti. Poi è arrivato il World Wide Web che, in 25 anni (il World Wide Web fu lanciato da Tim Berners-Lee il 12 marzo 1989 presso il Cern di Ginevra), ha davvero cambiato il mondo e anche il “modo” in cui lo percepiamo. Con l’incremento costante del numero di utenti, oggi ormai prossimo ai tre miliardi, era inevitabile che il marketing, sempre attento ai nuovi trend, diventasse uno dei settori a più alto tasso di cambiamento. Web marketing, social media marketing, guerrilla marketing, viral marketing… le nuove declinazioni della disciplina che Philip Kotler (pioniere del marketing sociale) fece evolvere da funzione aziendale a processo di gestione dell'intera impresa portano a identificare competenze specifiche, oggi imprescindibili in qualunque strategia aziendale. Le imprese che affrontano seriamente il digital marketing hanno bisogno di persone competenti su diversi fronti che si fondono con il marketing tradizionale: psicologia, social media management, storytelling, web analysis… i tempi dell’approccio “fai da te” sono finiti e non c’è più spazio per l’improvvisazione.

Cavalcare l’onda

La mutazione sostanziale che il web ha innescato, quasi fosse un gene capace di introdurre una reazione a catena inarrestabile, non è però legata agli aspetti più propriamente commerciali del mercato, bensì al modo in cui le persone si relazionano con esso, con le aziende e fra loro stesse. È qui che entra in gioco l’elemento fondamentale del web social: la relazione fra gli utenti.

Nei suoi primi anni di sviluppo, i contenuti della rete erano prodotti per la gran parte da aziende, enti e professionisti che avevano capito l’importanza di essere online e che, per questo motivo, avevano investito tempo e risorse per iniziare un percorso rivoluzionario che avrebbe portato a creare enormi aspettative. Per tutti gli altri utenti, il web era sostanzialmente un grande contenitore nel quale effettuare ricerche. Solo con l’avvento dei blog, prima, e dei social network, poi, si diffuse il web collaborativo, nel quale chiunque, senza alcuna cognizione tecnica, poteva pubblicare contenuti di ogni tipo concretizzando appieno il sogno di Tim Berners-Lee: la condivisione della conoscenza.

Questa trasformazione, oggi più che mai in corso, ha consentito a milioni di persone di cavalcare l’onda della società dell’informazione. Si sono così affermati blogger, opinion leader e influenzatori di ogni genere e in ogni campo. Molti di essi hanno centinaia di migliaia, o addirittura milioni di fan e follower che sono profondamente influenzati da quanto viene condiviso e da loro stessi commentato online.

Prima di tutto la reputazione

Figura 1. I 10 modelli di intimità nella comunicazione. Fonte: Massimo Giordani

A monte della vendita di un prodotto occorre avere quella che gli americani chiamano “reputation”. Il fatto che la qualità di un prodotto o di un servizio deve corrispondere alle promesse del venditore può sembrare scontato, ma l’esperienza ci insegna che in molti casi ciò non accade. Prima dell’era web le possibilità di protestare per un cliente insoddisfatto erano davvero modeste e le reti delle relazioni personali molto più limitate rispetto ad oggi. Il malcontento di un acquirente si traduceva quasi sempre in un semplice commento con i famigliari o con i colleghi di lavoro.

È evidente come la situazione sia cambiata profondamente. I livelli di intimità nelle relazioni interpersonali si sono moltiplicati, dai più superficiali, come l’espressione di un “mi piace” su facebook, ai più profondi, come una videoconferenza (figura 1).

Questa differenziazione delle modalità di comunicazione ha ampliato a dismisura le opportunità di contatto e, quindi, di relazione sociale. Ciò è accaduto grazie alla proliferazione degli strumenti e delle piattaforme che, nel corso degli anni, si sono via via evolute fino a creare un continuum digitale nel quale viviamo costantemente immersi. Essere always on e possedere una rete sociale di migliaia di persone rende davvero semplice diffondere un passaparola che, se negativo, è capace di minare la reputazione di un prodotto o di un’intera azienda.

È proprio su questo piano che il marketing odierno deve lavorare con priorità assoluta. Creare e mantenere una reputazione di alto livello richiede investimenti, tempo, coerenza, capacità di servire il cliente. Distruggerla è molto più facile.

Sempre più mobile

Fra gli elementi che più stanno contribuendo a mutare il marketing vi è la proliferazione dei dispositivi tascabili connessi a Internet. Per avere un’idea di cosa significhi questo trend basta guardare i dati pubblicati nel white paper “Cisco Visual Networking Index: Global Mobile Data Traffic Forecast Update, 2013–2018. Il grafico (figura 2) evidenzia una crescita media annua del traffico dati generato in mobilità pari al 61% nel quinquennio 2013-2018. Si tratta di un valore formidabile, espressione di un fenomeno, la connessione a Internet “on the road”, esploso con la diffusione degli smartphone.

Figura 2. Traffico mobile globale. Previsione per aree geografiche. Fonte: Cisco Visual Networking Index: Global Mobile Data Traffic Forecast Update, 2013-2018

È chiaro che il marketing non poteva che trarre nuovi stimoli da questa rapida evoluzione delle modalità di fruizione del web. Ecco che si è iniziato a ragionare su modalità di visualizzazione idonee agli schermi più piccoli; di qui il boom delle app e dei siti responsive che si adattano alle diverse risoluzioni dei device mobili. Non solo, l’integrazione della tecnologia Gps ha favorito lo sviluppo del geomarketing, grazie alla possibilità di localizzare l’utente che accetta tale opzione nei numerosi servizi che ne fanno uso. Avere accesso a informazioni, per esempio, sugli esercizi commerciali vicini alla propria posizione è certamente una possibilità tanto più interessante quanto più ricche sono le informazioni a cui si ha accesso: offerte, dati sui prodotti disponibili, pareri dei clienti che hanno già comprato in un certo negozio.

Se a questo aggiungiamo la possibilità di incrociare il proprio profilo e i consigli della rete sociale con i dati geografici, si ottiene un perfetto strumento di marketing personalizzato che richiede una grande attenzione da parte dei marchi e dei punti vendita che intendono coglierne le opportunità.

Le funzioni di geolocalizzazione si stanno evolvendo rapidamente e sono già disponibili tecnologie che operano perfettamente anche nelle aree interne degli edifici, dove il segnale dei satelliti Gps non arriva e dove non sono presenti reti wi-fi. Il sistema iBeacons, per esempio, attraverso piccoli ed economici dispositivi bluetooth, consente di localizzare con una precisione inferiore al metro uno smartphone abilitato a dialogare con questo standard.

Tecnologie come questa aprono scenari di estremo interesse per il marketing in quanto consentono di “far dialogare” i prodotti sullo scaffale di un punto vendita direttamente con lo smartphone del potenziale acquirente.

Un futuro quotidiano

La rapidità dell’evoluzione tecnologica ma anche dei trend sociali capaci di recepirla e di inglobarla nelle abitudini quotidiane, aumenta enormemente gli spazi creativi del marketing che mai come oggi trova elementi per la sperimentazione e per la creatività.

La recente introduzione di dispositivi come i Google Glass [2] se assumerà i contorni di un trend paragonabile alla diffusione degli smartphone, potrà ulteriormente spingere verso un marketing ultrapersonalizzato che sfrutterà sistemi di realtà aumentata [3] applicati al potenziamento della shopping experience.

Il digital marketing può davvero svolgere un ruolo trainante all’interno delle politiche aziendali, ma solo se il management sarà in grado di interpretarlo per quello che è: un formidabile elemento di dialogo e di costante sperimentazione quotidiana con il mercato.

NOTE

[1] L’ultima definizione data dall’American Marketing Association nel 2013 recita: -Il Marketing è l'attività, insieme di istituzioni e processi per creare, comunicare, offrire e scambiare le offerte che hanno valore per i clienti, partner, e la società in generale.- (Wikipedia).

[2] I Google Glass sono l’elemento di punta di un settore in forte sviluppo, quello dei wearable device, cioè dei dispositivi indossabili che incorporano sistemi elettronici avanzati.

[3] Con il termine realtà aumentata si intende un insieme di tecnologie capaci di aggiungere livelli informativi digitali all’ambiente in cui ci si trova. Esempi classici di realtà aumentata sono le numerose applicazioni che consentono di visualizzare informazioni su un monumento o un luogo semplicemente inquadrandolo con la fotocamera dello smartphone

*Massimo Giordani, architetto, è fondatore della digital agency Time & Mind, direttore del dipartimento Marketing Turistico e Territoriale Aism, membro del comitato scientifico di Ires Piemonte e della Fondazione Organismo di Ricerca GTechnology. Docente a contratto presso il Politecnico e l'Università di Torino.

Fra le pubblicazioni, si citano: AA.VV., Le nuove frontiere del marketing, IPSOA, Milano, 2013; Massimo Giordani (a cura di), Marketing e valorizzazione territoriale: scenari e opportunità, Time & Mind Edizioni, Torino, 2011; Giuseppe Iacobelli (a cura di), Fashion Branding 3.0, Franco Angeli, Milano, 2010; Vito di Bari (a cura di), Web 2.0, Il Sole 24 Ore Edizioni, Milano, 2007.

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