L’Agenda digitale, che aveva sonnecchiato nella lunga attesa che l’Agenzia per l’Italia digitale, l’organismo incaricato della sua promozione, diventasse operativa, è tornata agli onori delle cronache con la nomina di Francesco Caio, manager di lungo corso in settori hi-tech e oggi Ceo di Avio, nel ruolo di “Mr. Agenda digitale”. La nuova governance dell’Agenda, annunciata dal premier Enrico Letta con un tweet, è stata formalizzata in un capitolo dedicato del "Decreto Fare", che contiene le misure più urgenti varate dal nuovo Governo per la crescita economica e il rilancio del Paese. Nello stesso provvedimento compaiono alcune indicazioni generiche su domicilio digitale, razionalizzazione dei centri di calcolo, fascicolo elettronico sanitario e “liberalizzazione” degli accessi wi-fi in linea con i principali Paesi europei.
Il rischio è però che ancora una volta, esaurita la polemica sulle nomine, ci si dimentichi dell’emergenza digitale. Ma il Paese non può più attendere, come evidenzia anche il posizionamento pessimo dell’Italia nel recente scoreboard sull’Agenda digitale pubblicato dalla commissione europea.
La principale novità è l’annuncio della presa in carico di Enrico Letta, con il supporto di Caio e di un team di esperti, dell’Agenda digitale.
“Questa scelta – sostiene Alessia Mosca, parlamentare del Pd, responsabile Ricerca e Innovazione tecnologica – individua la strategicità del tema Agenda digitale, posta direttamente sotto la responsabilità della presidenza del consiglio, ma al tempo stesso ne conferma la trasversalità rispetto a tutti gli ambiti di azione e di governo e dunque non la assegna a un unico ministro”.
“Francesco Caio è una persona di grande valore ed è senz’altro positivo che il presidente del consiglio si faccia carico direttamente dell’Agenda digitale”, concorda Antonio Palmieri, parlamentare del Pdl, responsabile internet e nuove tecnologie, confermando una posizione largamente condivisa da tutti gli schieramenti fra i politici amici del digitale fin dalla precedente legislatura.
Pur riconoscendo il valore della scelta di Caio, Linda Lanzillotta, senatrice di Scelta Civica, da sempre sostenitrice della necessità di una rapida attuazione dell’Agenda, evidenzia però la necessità di assegnare adeguati poteri e vera indipendenza al neo-commissario, esprimendo qualche dubbio sulla possibilità di portare a termine un compito così delicato e impegnativo in una logica part-time, visto che Caio non verrà retribuito per l’incarico, ma continuerà a svolgere il suo ruolo in Avio.
“Caio è la persona giusta – conferma Carlo Alberto Carnevale Maffè -, ma non è giusto che faccia il volontario, che significa di fatto anche lavorare part-time”.
“Meglio avere Caio part-time che Tizio a tempo pieno”, commenta con una battuta Paolo Gentiloni, parlamentare Pd, da sempre attento all’innovazione digitale (è stato ministro delle comunicazioni nel governo Prodi). Per Gentiloni il problema di fondo è portare a termine il lavoro svolto dalla scorsa legislatura che lascia l’Agenda digitale come un’opera incompiuta. “È stato prodotto molto lavoro preliminare, ma la norma ereditata, pur non del tutto soddisfacente, non è emendabile [ndr: essendo già stata approvata dalla precedente legislatura]”, dice l’ex ministro sostenendo che le proposte del parlamento erano più avanzate di quelle poi effettivamente recepite dal Governo Monti.
“Oggi – sottolinea Palmieri – la priorità è dare corso ai 38 decreti attuativi che la scorsa legislatura ha lasciato in sospeso (e senza i quali il digitale resta sulla carta). Ora sono in carico al governo e ai singoli ministeri, mentre il parlamento, che può essere eventualmente interpellato, ma solo per i pareri, dovrebbe, da parte sua, sollecitare l’emanazione dei decreti attuativi. Si può fare in 40 giorni se c’è la volontà: molti sono già scritti, ma fermi non si sa dove e perché”.
Bisogna inoltre chiarire meglio, secondo Palmieri, che fine farà l’Agenzia per l’Italia digitale e come si rapporterà al team coordinato da Caio.
Viva la nuova governance!
In realtà il Decreto Fare non smantella l'Agenzia, anche se, secondo i rumors, è a rischio la conferma, come direttore generale, di Agostino Ragosa che, in attesa dello statuto, svolgeva il ruolo di commissario. Viene ridotto a 130 il numero massimo di dipendenti (20 in meno), ma la vera novità è, secondo Gentiloni, che l’Agenzia “non riporterà a una molteplicità di amministrazioni e, invece di un’incerta definizione di braccio operativo, dovrà agire di concerto con Palazzo Chigi, che ne definisce il coordinamento”.
L’Agenzia va dunque interpretata “come uno strumento dell’attuazione e non meramente una stazione appaltante”. Come, si legge fra le righe, l’aveva interpretata Ragosa. Questa impostazione va ad affrontare, secondo Gentiloni, uno dei limiti della precedente impostazione in termini di architettura del sistema, pur nel mantenimento della cabina di regia, formata dai sei ministri coinvolti (Coesione territoriale, Economia, Istruzione e Ricerca, Pa, Salute, Sviluppo economico), affiancati da un rappresentante delle regioni e uno dei sindaci (e questa è una novità), ma presieduta dal presidente del Consiglio o da un suo delegato. Questo ultimo ruolo potrebbe essere svolto dallo stesso Caio che presiederà come commissario per l’attuazione dell’Agenda digitale un tavolo permanente, formato da esperti in materia di innovazione tecnologica e da esponenti delle imprese private e delle università.
Prima la strategia e i contenuti
I critici sostengono però che la nuova governance non riuscirà davvero a concretizzare più velocemente l’Agenda digitale. “Il problema principale dell'Agenda Digitale italiana è che ancora non è stata definita una strategia complessiva”, sostiene Flavia Marzano presidente degli Stati Generali dell’Innovazione, rimandando ai punti evidenziati nella Carta di intenti. “Ad oggi esistono certo dei provvedimenti, alcuni dei quali importanti, ma tutti insieme parziali e nessuna governance può essere efficace senza una strategia – aggiunge -. La nomina di Caio in astratto è dunque un aspetto positivo, ma il testo del decreto sembra far intendere che il punto chiave (per fare che cosa, per quale Agenda) non sia stato affrontato. Il rischio è anche che si veda il tema del digitale come un tema meramente tecnologico”. A suo parere, la “resurrezione” della cabina di regia, anche in possibile contrapposizione con un normale Comitato Interministeriale, non sembra portare valore aggiunto.
“È vero che il provvedimento contiene solo segnali non esaustivi rispetto a un programma che dovrebbe vedere nel digitale uno strumento che aiuti davvero il Paese a risalire la china”, ammette Mosca che aggiunge: “Aspettiamo fiduciosi che Caio e il suo gruppo di lavoro, secondo il mandato ricevuto, entro 90 giorni facciano una proposta complessiva”.
Ma quali sono le priorità? Per Palmieri, premesso che tutti i decreti di attuazione sono importanti, si dovrebbe dare la precedenza a quelli capaci di rendere davvero operativa la legislazione sulle start-up, “indispensabile per dare speranza a tanti giovani e meno giovani”, dice. Altrettanto importanti l’attuazione dell’e-Government e il tema delle infrastrutture, in particolare l’emanazione del Regolamento per gli scavi che definisce le micro-trincee per la posa della fibra ottica. Sulla stessa lunghezza d’onda, Gentiloni ritiene necessario definire l’impegno di Cassa depositi e prestiti su un tema strategico come la banda ultra-larga.
Mosca punta sulla diffusione del wi-fi, che il Decreto Fare affronta esclusivamente in una logica di liberalizzazione dell’accesso, anche come condizione per il superamento del digital divide. Ma per superare davvero il divario “servono anche interventi di tipo culturale [ad esempio attività di formazione per i dipendenti aziendali, ma anche eventi o altro tipo di iniziative volti a promuovere presso i cittadini le conoscenze informatiche, ndr] – sostiene Marzano -; per cui non esistono indicazioni da parte del presente governo, nonostante uno dei ritardi italiani maggiori sia proprio sulla cultura digitale”. Affermazione che il Digital agenda scoreboard europeo conferma in pieno.
“Altri due temi che considero prioritari sono un intervento di incentivazione per l’e-commerce e l’Agenda digitale rosa, di cui poco si parla”, aggiunge Mosca. "Il primo, infatti, darebbe un impulso positivo, in questo momento di crisi, soprattutto alle imprese medio-piccole, per poter accedere ed essere competitive sui mercati esteri; il secondo, invece, può consentire, grazie alla tecnologia, di rivedere organizzazione e tempi di lavoro, favorendo una maggiore partecipazione delle donne".
E dunque, per vedere il "bicchiere mezzo pieno", qualcosa si sta muovendo, ma c’è estrema necessità di accelerare i tempi di attuazione portando i necessari correttivi, perché, non ci stanchiamo di ripeterlo: l’Agenda digitale rappresenta una condizione fondamentale per la ripresa del Paese.