La preoccupazione di Gartner dai segnali raccolti nella Gartner Ceo Survey 2015 (249 Ceo, 65 Cfo, 22 Coo e 64 altri c-Level tra i quali 27 Cio sul tema “Committing to Digital” a livello nordamericano ed europeo) è che il popolo dei Business Leader “non ha compreso appieno vastità, portata e implicazioni di un mondo business massicciamente digitalizzato”: in troppi lo vedono solo “in termini di un più penetrante marketing e di aumentate vendite online, sfruttando nuovi canali quali social e mobile”. E non colgono “i profondi cambiamenti nella struttura stessa del business”, con scelte anche organizzative indifferibili per restare sul mercato.
La richiesta di indicare i tre principali Executive che il Ceo chiama a collaborare nella pianificazione a lungo o molto lungo termine ci offre una foto di gruppo della c-Suite in migrazione al Business digitale. È una spirale di Archimede perfetta, dall’Executive più gettonato (il Cfo citato dal 48%), fino al Chief Digital Officer (il Cdo, dal 5%), ultimo arrivato. Solo una minoranza di aziende, e di dimensioni medio grandi, ha ruoli come digital officer, data officer, risk officer e head of innovation.
Tra le righe, Gartner infila un messaggio di preoccupazione: i Ceo fanno sì piani a lungo termine (il 95% oltre i 10 anni), ma con l’avvento del business digitale devono coinvolgere quelli che “sanno” di digitale: nel campione di 249 Ceo, solo in 27 coinvolgono il loro Cio o Cmo. È come se Gartner facesse al Board alcune domande: supponete di essere una grande azienda retail, decidereste in assenza di queste figure se, per esempio, acquistare terra per costruire, tra 10 anni, grandi magazzini in centri commerciali suburbani o mettervi a comprare aree per costruire un nuovo data center? Va bene che le Lob siano libere di crearsi Business Unit digitali del tutto separate? O non è il caso di valutare modo e grado di farlo “a prova di futuro”, presenti Cio e Cto? L’automotive, che di qui a cinque anni sfornerà auto self-driving, quale strategia di prodotto di lungo termine su base digitale potrà continuare a sviluppare? Più in generale ancora, le versioni “digitalmente rimasterizzate” di prodotti non potranno arrivare, né attorno ai prodotti potranno decollare servizi abilitati da dati, se non si saranno strategicamente pensate, pianificate e prodotte le nuove piattaforme di business digitale. Le quali saranno l’unico argine possibile agli attacchi “disruptive” di Apple ai sistemi di pagamento, di Google all’automotive, di Amazon ai servizi cloud.
Dalla Gartner Survey viene insomma il messaggio forte che se ci si vuol cimentare con il business digitale, nella pianificazione a lungo termine tocca al Cio e al Cto fare l’evangelist del “cambiamento di pensiero” verso una matrice tecnologica.
Il modello di business
Un terzo dei Ceo sta trasformando il modello di business (19%) o prevede di trasformarlo in un biennio (15%) (figura 1). Troppo pochi, dice Gartner. Con il grado di disruption in atto in banking, automotive, retail e l’effetto atteso dall’Internet industriale, Gartner “si attendeva almeno il 50%”.
Sembra quasi, afferma la società di analisi, che il manifatturiero non si sia ancora reso conto delle implicazioni dell’IoT. O che i settori che sull’informazione lavorano, come le assicurazioni, non vedano il cambiamento arrivare dai sensori che popolano case e strade, registrando i rischi reali e attivi con crescente affidabilità.
Il Board deve persuadersi che “un cambiamento di modello di business o verrà deciso o verrà comunque forzato a due anni da nuovi entranti digitali, o da un concorrente adiacente”, insiste Gartner. Che arriva a proporre al Board di risolvere un’equazione di questo tipo: “Se Uber sta ai taxi e Airbnb sta agli hotel come X sta alla mia azienda. Chi potrebbe essere X?”. I fatturati digitali (prodotti, servizi, maketing digitale, e-commerce) sono visti dalla media dei rispondenti crescere al 41% del volume d’affari totale a cinque anni (2019). Ossia in pratica raddoppiare rispetto al 22% del 4Q14. Notevole il fatto che la crescita sia vista simile in tutti i settori di industria, una marea che alza tutte le barche.
Al fatturato digitale si correlano tre principali “aree di Business” (Information Technology, Digital capabilities e Product enhancement). Tutte e tre in cima alla lista degli investimenti che crescono nel 2015 e, dato il target a cinque anni, c’è da scommettere resteranno ben alte nel paniere anche negli anni intermedi.
Ma anche qui Gartner spezza una lancia per un coordinamento degli investimenti It, che dovrà essere affidato al Cio, il quale dovrà vegliare sulla spesa It e sui costi di governance aziendali in modo che gli investimenti non vengano sparpagliati senza coordinamento direttamente tra le Lob, con spreco di tempo e denaro.
La lista delle cinque aree su cui ciascuno nel Board ritiene prioritario investire è estremamente significativa, anche grazie alla deliberata esclusione da parte di Gartner di categorie più che mature, storiche, come Erp e Office automation da cui è chiaro non viene grande innovazione, ma al massimo ammodernamento.
In testa nel mindshare dei Board sono Customer experience, Marketing digitale e Analytics (figura 2). L’m-Commerce “continua a scivolare forse perché i Ceo trovano più difficile del previsto far comprare da cellulare”. L’additive manufacturing (3D printer e servizi) rimane a un 7%; crescono al 14% i “thinking”/intelligent computers (i Watson) e al 22% gli “smart/intelligent processes”.
Il Board ora compra cloud-based business, ha chiaro che il cloud non serve solo a tagliare i costi di server e di storage, ma è il luogo dove vengono create quelle piattaforme disruprive con cui si controlla la priopria industry o si viene controllati.
Ma la star dell’anno, schizzata al 19%, quando solo l’anno prima era quasi sconosciuta, è l’IoT. Gartner è cauto: si augura che questa esplosione di popolarità non sia “prematura” e che entro un paio d’anni soddisfi le altissime attese. All’IoT si affianca l’interesse per le smart machine che grazie ad algoritmi eseguono azioni a seconda di dati e contesto, che un’elevata percentuale di C-level (50%) considerano “mass middle-class job killer” con tutte le implicazioni sociali e macro-economiche che ne conseguono.