Il pianto dei fornitori

Pubblicato il 02 Mar 2004

stefanoubertifoppaok-piccol

L ’occasione è stata una cena di lavoro in quel di Bologna. Al tavolo, per una piacevole chiacchierata a tutto campo sull’attuale situazione e sulle prospettive del mercato Ict italiano e internazionale, due figure di rilievo nell’ambito dei fornitori del comparto Erp. Ne è emerso un confronto, molto franco, sulle attuali difficoltà che i player di tecnologia incontrano nel rapportarsi con gli utenti sul mercato nazionale nonché un’analisi dei principali cambiamenti macro-economici e competitivi in atto a cui le imprese dovranno far fronte in una dimensione del business sempre più globalizzata. Dell’incontro riportiamo alcuni spunti perché crediamo che mettano ben in chiaro cosa significhi oggi vendere in un mercato difficile.
Se da un lato, infatti, abbiamo per il 2004 una concomitanza di indicatori che prevedono una crescita economica stabile e certa sui mercati europeo e americano, dall’altro, nei diversi mercati nazionali, questa deriva positiva non si è ancora del tutto manifestata. Anzi, nell’esperienza di rapporti diretti con utenti da parte di società di primo livello come quelle incontrate a cena, si rileva che certi atteggiamenti di attesa, anche di refrattarietà all’innovazione tecnologica come leva per lo sviluppo competitivo, sono duri a morire; anzi, si sono rafforzati passando attraverso la fase di stagnazione degli ultimi 2-3 anni.
Uno dei principali punti di difficoltà nel rapporto attuale tra fornitori e utenti riguarda il valore che oggi viene assegnato all’It da parte degli utenti. Si tratta di un valore ancora basso, che viene con sempre maggiore difficoltà sopportato dai fornitori in quanto spinge l’offerta a proporre prezzi sempre più contenuti erodendone i margini. Senza contare l’aumento del costo della trattativa, che cresce in rapporto alla durata delle trattative stesse, le quali, per l’allungarsi delle liste con proposte alternative di nuovi fornitori, tendono ad aumentare in tempo e complessità. Su questo punto i miei interlocutori sono pienamente d’accordo. “Gli utenti italiani non vedono ancora il valore strategico della tecnologia, privilegiando il fattore prezzo. In queste condizioni diventa difficile portare avanti discorsi di soluzioni Ict strategiche”.
Da qui a parlare delle difficoltà dei fornitori Ict il passo è stato breve. La crisi sul versante dell’offerta ha toccato negli ultimi mesi livelli preoccupanti, con migliaia di persone estromesse dalle aziende. Persone, hanno sostenuto i nostri interlocutori, che necessariamente devono riproporsi sullo stesso mercato Ict tentando di vendere competenze in modo autonomo, con il conseguente proliferare di singoli consulenti che applicano tariffe insostenibili da parte di molti fornitori. Inoltre, nella competizione tra imprese, è diffuso il ricorso al dumping sui prezzi. Le aziende attorno al mio tavolo si sono trovate in gara contro offerte a una frazione della loro proposta. E l’utente ha scelto la più conveniente perchè proveniente da fornitori ugualmente rinomati e in grado di garantire una paragonabile qualità.
Che in tutto questo ci sia una sottile vena di “vendetta” da parte di utenti che per anni hanno più o meno subìto un’azione di vendita altamente aggressiva, spregiudicata e onerosa, per arrivare, spesso, a progetti talvolta sottoutilizzati o distanti dalla soluzione del problema per cui erano stati avviati, questo è stato onestamente ammesso dai nostri interlocutori. ”Ma così – hanno anche detto – si rischia di fermare il Paese”.
Se da un lato la logica di valutazione sul prezzo è un riferimento primario duro a morire nell’utente italiano, va detto che un’altra tipicità della nostra impresa è la volontà di avere tutto molto personalizzato. “Che senso ha personalizzare le funzioni di fatturazione? Dove sta il valore aggiunto per il business?” si chiedevano i nostri amici. Servirebbe più pragmatismo. Sotto questo aspetto, la cultura anglosassone fa scuola. Ma i fornitori di tecnologia che operano sul mercato italiano si trovano proprio nel difficile ruolo di proporre soluzioni altamente ingegnerizzate e strutturate, e in quanto tali difficili da “ritagliare” nelle loro funzioni base, a interlocutori che invece sono portati a privilegiare un approccio “su misura” e “creativo”, tipico della cultura mediterranea.
Come se ne esce, allora, da tutto questo? Guardando a ciò che potrà essere l’impresa nei prossimi anni. Una realtà che dovrà saper innovare costantemente processi e prodotti, considerando le tecnologie Ict sempre più strettamente correlate alla sua capacità di fare business e di essere competitiva. Si abbandonerà, comer riferimento, il parametro del prezzo per concentrarsi sull’efficacia della soluzione Ict nel dare all’impresa la capacità di rispondere a una domanda sempre meno prevedibile e a mercati sempre più internazionalizzati. Anche rispetto a questo si è discusso animatamente. E’ venuto il tempo, per le imprese italiane di ragionare non solo ‘sulla difensiva’, guardando cioè ai mercati emergenti (Cina, Paesi dell’est europeo) come ad aggressivi competitor, ma di acquisire la consapevolezza (e le infrastrutture) che internazionalizzare il business significa capacità di estendere i propri mercati di riferimento anche in quelle aree emergenti da dove proviene la competizione.
In tutto questo, la tecnologia informatica gioca un ruolo centrale. E chi resterà ancorato al prezzo come riferimento primario verrà estromesso dal mercato secondo la più classica delle leggi economiche, perdendo competitività e occasioni di sviluppo; cose che accadono ogniqualvolta un periodo di recessione si manifesta, dolorosamente ma anche con il salutare effetto di “scremare” gli attori non all’altezza, portando efficienza all’intero sistema economico.

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