Il Rapporto sullo stato del Decennio Digitale sostituisce, da quest’anno, l’indice DESI. Il nuovo documento individua i progressi digitali dei paesi europei dividendoli in quattro ambiti: competenze, infrastrutture, imprese e servizi pubblici.
Una larga parte è dedicata alle raccomandazioni che ogni Stato deve considerare prima di adottare investimenti e percorsi strategici nazionali. Alla base c’è la necessità di far fronte comune e intensificare gli sforzi per raggiungere gli obiettivi concordati con il Programma di Politica del Decennio Digitale 2030 (DDPP) entrato in vigore il 9 gennaio 2023.
Molti i limiti da colmare come la carenza di semiconduttori, la piena connettività e la maggiore diffusione di tecnologie innovative per le imprese. E l’Italia? Nessun passo avanti sulle competenze digitali. La fornitura di servizi pubblici ai cittadini e alle imprese è inferiore alla media europea, meglio, invece, infrastrutture ed imprese.
Competenze digitali: gli obiettivi 2030
Solamente il 46% della popolazione italiana possiede competenze digitali. Un dato che continua a essere al di sotto della media europea (54%). Si fatica a sfruttare a pieno le opportunità del digitale come cittadini e come imprese. Mancano profili professionali nuovi e aggiornati all’interno delle aziende. La percentuale di laureati in ambito ICT è di 1,5%, con una media europea del 4,2%. Le donne che abbracciano materie STEM sono solamente il 16% in Italia e il 18,9% in Europa.
La carenza di competenze digitali è, di fatto, un elemento critico che accomuna l’intera Europa seppure con percentuali e modalità diverse. Due gli obiettivi europei entro il 2030: l’80% delle persone con almeno competenze di base e 20 milioni di nuovi specialisti IT. Tra le azioni urgenti la necessità di aumentare i professionisti della sicurezza informatica. “Lo sviluppo di nuove tecnologie, come l’informatica quantistica e l’intelligenza artificiale, va ad aggiunge complessità al panorama delle minacce e introduce nuovi rischi per i quali è necessaria ulteriore preparazione” si legge nel rapporto.
Le imprese italiane e il digitale che migliora
Una larga parte delle PMI italiane ha almeno un livello base di intensità digitale in linea con la media europea (70% rispetto alla media UE del 69% nel 2022). A determinare questo traguardo sono l’uso maturo della fatturazione elettronica e il valore dell’e-commerce, che nello scorso anno ha determinato un fatturato del 14%.
Ma, mentre l’adozione del cloud ha riguardato oltre la metà delle nostre imprese, siamo indietro su big data e intelligenza artificiale. Non solo: l’Italia sostiene aziende innovative in 13 programmi cofinanziati dalla rete di innovazione europea (EDIH), ma non basta. La possibilità per start-up e aziende di crescere è ancora molto limitata.
Allo stato attuale sarà difficile raggiungere tutti e tre gli obiettivi del Decennio Digitale legati alla trasformazione digitale delle imprese: 75% di servizi basati su cloud, big data e/o intelligenza artificiale; 90% di PMI con almeno un livello di intensità digitale; un miglior accesso ai finanziamenti con il doppio di aziende unicorno.
La sovranità europea passa dal Chip Act
L’Unione Europea fa affidamento sui paesi extra UE per l’80% dei prodotti digitali a cui si aggiungono servizi, infrastrutture e proprietà intellettuale. Stati Uniti e Europa dipendono del 75% e del 90% per la produzione di semiconduttori dall’Asia.
Per affrontare un tema legato alle dipendenze strategiche e in particolare, alla progettazione e assemblaggio dei semiconduttori, l’UE ha introdotto il Chip Act, entrato in vigore, ad un anno dalla sua approvazione, il 21 settembre 2023. Il regolamento servirà a spingere la produzione di chip (la stima è passare dal 10% al 20% del valore della produzione mondiale entro il 2030) nei settori più importanti e sensibili come la sanità.
Tra gli interventi previsti quelli per le aziende europee che vogliono migliorare la capacità produttiva, attraverso i cosiddetti impianti di produzione first-of-a-kind, integrati (IPF) oppure fonderie aperte dell’UE (OEF) che offrono la propria capacità produttiva ad altri attori industriali o società fabless.
Il Chip Act si integra con altre iniziative europee già in corso nel settore dei semiconduttori, come per le certificazioni energetiche e di sicurezza. Allo stesso tempo, prevede un meccanismo di coordinamento per prevenire una crisi in caso di carenza di semiconduttori. Tra le raccomandazioni presenti nel rapporto, l’invito ai Paesi ad essere parte attiva per una cooperazione internazionale sul tema.
Connettività tra aspettative di cittadini e imprese
In Europa, l’investimento pro capite nella fibra e nel 5G è pari a 104 euro contro i 260 del Giappone, i 110 in Cina e i 150 negli Stati Uniti. Il 9% della popolazione che vive in zone rurali non ha copertura da rete fissa e il 65,3% delle aree rurali non sono coperte dal 5G. L’Europa è in ritardo rispetto agli Usa, dove il 96% della popolazione è coperta dal wireless di nuova generazione.
Secondo il rapporto, per raggiungere gli obiettivi del decennio digitale (100% di copertura) gli Stati devono “ridurre i costi di implementazione, incentivare e massimizzare gli investimenti privati, favorire riutilizzo delle infrastrutture esistenti, stimolando al tempo stesso la concorrenza”. L’Italia migliora, nonostante anche in questo ambito sia al di sotto della media europea. La copertura 5G è stata fornita all’80% delle famiglie sulla banda di spettro 3,4-3,8 GHz. La fibra (VHCN) al 54% con un balzo di 10 punti percentuali tra il 2021 e il 2022.
Edge e quantum computer fari per l’Italia?
Mentre l’Italia partecipa ai fondi IPCEI su infrastrutture e servizi cloud di prossima generazione e lancia TeRABIT, una infrastruttura basata su fibra ottica per lo scambio di dati ad alta velocità, molti operatori stanno iniziando a implementare un edge più decentralizzato in infrastrutture cloud, in particolare per superare potenziali problemi di congestione e ottimizzare il servizio video.
Eppure, il modello decentrato dell’edge, seppur fondamentale, è ancora in una fase precoce e molto lontano dall’obiettivo 2030 di 10.000 nodi edge sicuri e sostenibili. L’Italia, però, può vantarsi di essere è all’avanguardia nel calcolo ad alte prestazioni (HPC) e nell’informatica quantistica. Il 25% dell’industria quantistica ha sede in Europa, eppure il livello di investimenti e finanziamenti è meno del 5% di quelli a livello globale. Anche in questo caso il rapporto è categorico: cooperazione internazionale e un quantum federato e compatto sono inevitabili.