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Il ruolo della cultura aziendale nel cambiamento



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Il processo di trasformazione culturale è lento e graduale. Ma ci sono alcune tecniche che possono accelerare questo cambiamento. Le cose da sapere e le domande da porsi 

Pubblicato il 13 mar 2025

Nicole Mantegari

Digital Transformation & Change Consultant

Marco Perona

Professore ordinario – Università degli studi di Brescia



cultura aziendale

Questo articolo rappresenta il terzo contributo di una piccola serie, realizzata da docenti e professionisti, sul tema della gestione del cambiamento tecnologico in ambito industriale, combinando conoscenze teoriche ed esperienze sul campo.  

Nei precedenti articoli sono stati discussi: l’impatto sulle persone delle tecnologie e del cambiamento a base tecnologica, e come gestire il cambiamento e la resistenza al cambiamento nelle organizzazioni aziendali.

In questo articolo invece prendiamo in esame il ruolo della cultura aziendale nell’indirizzare e facilitare il cambiamento. Nel prossimo articolo esploreremo il ruolo della leadership nel cambiamento organizzativo.

Cos’è la cultura aziendale

Le aziende cercano sempre più spesso di facilitare il cambiamento culturale per adattarsi a un mondo in continua evoluzione. Tuttavia, la cultura aziendale è difficile da modificare e da gestire, poiché può diventare rigida e impalpabile. Nonostante ciò, rappresenta uno strumento essenziale per guidare le organizzazioni in contesti complessi e dinamici.  

La crescente importanza delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale, imponendo ritmi di cambiamento sempre più rapidi e profondi, confermano questa necessità. La dinamicità e complessità dei mercati, le frequenti acquisizioni e fusioni, l’aumento delle aspettative dei clienti e dei dipendenti e la forte concorrenza globale, oltre alle sempre crescenti normative, stanno trasformando il modo di lavorare.

L’adozione di nuove tecnologie in azienda richiede spesso importanti investimenti infrastrutturali: tuttavia la corretta applicazione di tali tecnologie non dipende solo dagli investimenti realizzati, ma anche dalla cultura aziendale.

La cultura aziendale è un sistema complesso che combina fattori tangibili e intangibili, influenzando il comportamento organizzativo e i risultati aziendali. Essa è modellata da elementi chiave come le decisioni di leadership, i sistemi di misurazione delle prestazioni, le pratiche di gestione delle persone, la strategia aziendale, la struttura organizzativa e il contesto competitivo.

Questi fattori determinano le manifestazioni della cultura, visibili nei valori, nelle credenze, nel clima aziendale, nelle norme, nei simboli e nella filosofia dell’azienda. I valori e le credenze costituiscono il cuore della cultura aziendale, fornendo direzione e motivazione ai dipendenti. Questi si traducono in manifestazioni concrete, tra cui rituali, miti aziendali e interazioni quotidiane.

La cultura aziendale è quindi l’insieme di norme sociali e valori condivisi che rendono un’organizzazione unica e distinguibile. Tra gli elementi che caratterizzano la cultura aziendale troviamo, ad esempio e senza pretesa di completezza: l’organizzazione degli spazi, la gestione delle risorse umane, lo stile comunicativo, l’impegno sociale, lo stimolo all’innovazione, lo stile di management, l’accettazione degli errori, etc.

La cultura aziendale influisce sulle dinamiche lavorative, dal modo in cui vengono prese le decisioni a come vengono gestiti i rapporti tra colleghi e con clienti e fornitori. In definitiva, la cultura aziendale non è solo un concetto astratto, ma un elemento determinante per la competitività dell’organizzazione.

Caratteristiche della cultura aziendale

La cultura aziendale è condivisa tra tutti i membri dell’organizzazione ed è pervasiva rispetto ai valori ed ai comportamenti, alle decisioni ed alle relazioni. Essa è durevole, nel senso che tende a consolidarsi nel tempo; ed implicita, giacché si manifesta senza bisogno di essere scritta o esplicitata.

Rispetto al cambiamento, la cultura è un fattore fondamentale perché determina anche lo stato mentale dell’organizzazione, quello che si definisce universalmente come mindset, ovvero la sua attitudine “caratteriale”, il suo modo di ragionare, di porsi di fronte alle scelte.

Una cultura particolarmente conservativa e prudente, in genere, affronta il cambiamento secondo uno schema di cautela o resistenza, una cultura dinamica e aperta vede nel cambiamento uno spazio di opportunità da esplorare.

Un ulteriore aspetto che riguarda la relazione tra cultura e comportamenti derivati, altrettanto importante nel cambiamento, è relativo alla modalità con cui un’organizzazione è capace di apprendere nuove routine, nuove modalità di lavoro, nuovi modelli decisionali.

La capacità di installare nuove abitudini è un fattore determinante per un’organizzazione che vuole affrontare il cambiamento con successo. Le nuove abitudini, habits (dal latino habitus, atteggiamento), hanno la possibilità di sedimentarsi, consolidando a loro volta nuove strutture culturali, necessarie alle sfide evolutive dell’impresa e divenendo ambiente culturale dove, appunto, “abitare”.

Alleato od ostacolo?

La cultura aziendale può quindi essere un potente alleato del cambiamento oppure il principale ostacolo all’innovazione a base tecnologica, perché influenza profondamente i comportamenti umani. Essa è difficile da cambiare, poiché è radicata in abitudini e valori condivisi: pertanto, affinché un cambiamento organizzativo sia duraturo, i nuovi comportamenti devono prima radicarsi nelle norme sociali e nei valori condivisi. In caso contrario, tendono a regredire non appena vengono meno le pressioni iniziali del processo di trasformazione.

Se le nuove pratiche introdotte in un’iniziativa di trasformazione non sono allineate alla cultura esistente, il rischio di regressione è elevato. La cultura diventa parte integrante del modo in cui le persone operano e, senza una strategia adeguata, i cambiamenti rischiano di essere effimeri.

Due sono i fattori fondamentali per consolidare i nuovi approcci nella cultura aziendale:

1. dimostrare concretamente i benefici del cambiamento: è infatti essenziale evidenziare in maniera oggettiva come determinati comportamenti e atteggiamenti abbiano contribuito a migliorare le performance aziendali. Se i dipendenti devono dedurre autonomamente tali connessioni, possono facilmente giungere a conclusioni errate;

2. garantire al consolidamento un tempo adeguato: perché il cambiamento sia duraturo, è fondamentale che venga interiorizzato e adottato dalle persone che ricoprono ruoli di leadership all’interno dell’organizzazione, indipendentemente dalla presenza di un cambio generazionale. In alcune realtà, infatti, la successione ai vertici può non avvenire per decenni, per cui è cruciale concentrarsi sullo sviluppo delle attuali figure di leadership e sulla loro capacità di perpetuare e radicare i cambiamenti all’interno dell’organizzazione.

Il processo di trasformazione culturale

A differenza delle mutazioni casuali che avvengono in natura, nelle aziende il cambiamento può essere sia intenzionale sia accidentale. In entrambi i casi, quando un’azione genera un vantaggio competitivo, essa innesca un processo che può portare alla nascita di una nuova cultura organizzativa. Tuttavia, se la trasformazione tecnologica può essere rapida e dirompente, la trasformazione culturale è sempre un processo lento e graduale.

Frasi come “Abbiamo cambiato la cultura in un anno” riflettono un’idea irrealistica. Soprattutto nelle organizzazioni più grandi, il cambiamento può riguardare alcuni comportamenti, mentalità o abitudini, ma difficilmente l’intera cultura aziendale può essere cambiata in un periodo così breve.

Il cambiamento culturale nasce quando un gruppo significativo di persone si rende conto delle opportunità offerte da un nuovo scenario e sviluppa un senso di urgenza nel coglierle. Sviluppare un senso di urgenza è fondamentale per mantenere un’organizzazione dinamica e reattiva ai cambiamenti.

Quando i leader e i dipendenti percepiscono l’importanza di agire rapidamente, l’azienda evita la stagnazione e riesce ad adattarsi alle sfide del mercato con maggiore efficacia. Un senso di urgenza ben gestito stimola l’innovazione, accelera i processi decisionali e motiva le persone a lavorare con maggiore impegno e proattività. Senza questa spinta, le organizzazioni rischiano di rimanere bloccate in abitudini obsolete, perdendo competitività.

Ad esempio, nel corso del periodo pandemico, le norme di distanziamento sociale preposte al controllo dei contagi hanno impedito per lungo tempo di svolgere le normali attività lavorative in presenza, come tradizionalmente fatto. Molte organizzazioni hanno quindi dovuto necessariamente rivedere il proprio modo di lavorare, introducendo dosi massicce di lavoro a distanza, anche quando era necessario riunirsi e collaborare, sia tra colleghi sia con i clienti. In soccorso di tale necessità sono venute le tecnologie di video-conferenza ed i relativi applicativi, che sono stati enormemente sviluppati ed arricchiti in pochissimo tempo.

Molte persone abituate allo svolgimento di riunioni solo in presenza, e profondamente convinte della superiore efficacia di tale modalità di tenere le riunioni (tra questi anche chi scrive…) si sono ricredute sulla possibilità di organizzare riunioni efficaci anche on-line. Il risultato finale è che lo svolgimento di riunioni online, e talvolta anche in mobilità, è entrato nell’uso comune ed è ormai completamente accettato come modalità di realizzazione di incontri di lavoro efficaci.

All’inizio della pandemia, i timori iniziali principali riguardavano la mancanza di interazione diretta e di comunicazione non verbale tra le persone, le difficoltà tecniche e la poca familiarità con le piattaforme digitali oltre alla percezione che il lavoro remoto riducesse la produttività e la collaborazione: tuttavia, con il tempo e grazie all’adattamento forzato, molte aziende hanno implementato programmi di formazione, migliorato la dotazione tecnologica e sperimentato nuove modalità di interazione virtuale.

Questa transizione ha portato a un cambiamento culturale significativo, con il riconoscimento di vantaggi concreti, tra cui:

  • maggiore flessibilità, in quanto la possibilità di lavorare da qualsiasi luogo ha ridotto i tempi di spostamento e aumentato l’equilibrio tra vita lavorativa e privata; 
  • accresciuta efficienza operativa poiché le riunioni sono diventate più brevi e focalizzate, anche grazie a strumenti di collaborazione avanzati (lavagne digitali e breakout rooms…) 
  • inclusività e accessibilità legate alla possibilità di coinvolgere team internazionali e persone impossibilitate a spostarsi. 

L’adozione del lavoro a distanza non è stata solo una questione tecnologica, ma ha richiesto un cambiamento nella cultura aziendale e nella leadership. Le aziende più resilienti hanno preso la palla al balzo, investendo in nuove forme di gestione dei team, basate su fiducia, tolleranza dell’errore, obiettivi chiari e strumenti di collaborazione efficaci.

Questo processo di cambiamento può poi essere rafforzato dal riconoscimento e dalla celebrazione dei primi successi, che motivano ulteriormente il gruppo e lo spingono a generare nuove azioni. Con il tempo, il successo continuo contribuisce alla creazione di una nuova mentalità, che si diffonde sempre più all’interno dell’organizzazione. Se questa dinamica non viene interrotta, si formano nuove abitudini individuali che, gradualmente, si trasformano in abitudini collettive, portando così a un cambiamento culturale.

Nelle prime fasi, la nuova cultura è fragile e rischia di essere sovrastata da quella precedente. Tuttavia, se i nuovi comportamenti vengono rafforzati attraverso formazione, incentivi economici, riconoscimenti e l’esempio concreto del top management, la trasformazione culturale si consolida nel tempo, fino a diventare parte integrante dell’organizzazione.

Il cambiamento e i “cultural hacks”

Visto il funzionamento dei processi di trasformazione culturale delineato precedentemente, è possibile indicare alcuni aspetti che possono aiutare un’organizzazione a sostenere un cambiamento fino a radicarlo nella cultura aziendale.

Il cambiamento:

  1. avviene sin dall’inizio perché nasce dai valori, dalle credenze e dalle decisioni fondamentali che guidano un’organizzazione fin dalle sue origini. È il risultato delle scelte iniziali dei fondatori, delle strutture organizzative impostate e dei primi comportamenti adottati. Questi elementi formano la base su cui si sviluppano norme, simboli e pratiche lavorative, influenzando il modo in cui le persone interagiscono e prendono decisioni strategiche e si adatta al cambiamento; 

2. deve produrre risultati concreti perché i nuovi approcci si consolidano solo quando è evidente che generano benefici superiori rispetto ai metodi precedenti per l’organizzazione e/o per i suoi membri;

3. si radica nelle parole e nei comportamenti perché il supporto verbale e la comunicazione costante sono essenziali per rafforzare i nuovi valori: in alcuni casi, sostituire figure chiave inadatte o indisponibili a proporlo ed a sostenerlo può essere l’unico modo per assicurare la continuità del cambiamento;

4. le decisioni sulla successione sono fondamentali perché se i processi di selezione e promozione non vengono adeguati per riflettere la nuova cultura, la vecchia mentalità tornerà a prevalere.

È importante ricordare che la cultura aziendale non può essere modificata con dichiarazioni d’intenti, ma attraverso azioni e decisioni concrete, miglioramenti tangibili e il tempo necessario affinché le persone riconoscano i vantaggi del nuovo approccio.

Per accelerare il processo di cambiamento, si possono usare i cosiddetti “cultural hacks. A differenza delle iniziative tradizionali, che spesso sono lunghe e complesse, i cultural hacks sono piccoli interventi mirati che hanno un impatto immediato sui comportamenti e sulle abitudini dei dipendenti, che possono includere ad esempio: modifiche agli spazi di lavoro, nuove pratiche di comunicazione e simboli che rappresentano un cambiamento culturale.

I cultural hacks costituiscono quindi un metodo adatto a realizzare piccoli cambiamenti incrementali, mentre non si possono – invece – condurre in questo modo cambiamenti troppo radicali, che rischierebbero di modificare in maniera troppo rapida e profonda la cultura aziendale, venendo rigettati dalla maggior parte dei membri dell’organizzazione, decretandone il fallimento.

Un caso emblematico di successo

Un esempio concreto dell’utilizzo dei cultural hacks proviene da uno stabilimento produttivo della filiera automotive con alti livelli di assenteismo e problemi di qualità. Attraverso l’implementazione del sistema World Class Manufacturing e di una serie di interventi mirati, nel 2012 l’impianto si è aggiudicato l’Automotive Lean Production award come miglior stabilimento d’Europa. Per realizzare questo turnaround in un tempo limitato sono stati utilizzati diversi cultural hacks tra cui:

  • Il cambio delle tute da lavoro: tradizionalmente, i dipendenti indossavano tute blu, legate, nell’immaginario collettivo, al lavoro manuale e sporco. L’introduzione di tute da lavoro bianche ha incontrato inizialmente resistenze, poiché i lavoratori temevano di sporcarle rapidamente: a tale obiezione la dirigenza ha risposto che il livello di pulizia dello stabilimento sarebbe migliorato al punto da mantenere le tute pulite. Questo cambiamento simbolico ha trasmesso un forte messaggio di disciplina, qualità e cura dell’ambiente di lavoro, trasformando lo stabilimento in un luogo estremamente pulito e ordinato. 
  • Trasparenza negli uffici dirigenziali: le porte in legno degli uffici dei dirigenti, portatrici di un messaggio di gerarchia e separazione, sono state sostituite con porte in vetro. Questo ha favorito un clima di trasparenza e accessibilità, migliorando la comunicazione tra dirigenti e operai e rafforzando il senso di appartenenza all’organizzazione. 
  • Gestione della resistenza al cambiamento: circa 300 dipendenti particolarmente resistenti al cambiamento sono stati trasferiti in una sede separata dedicata alla logistica, dove hanno potuto gestire autonomamente il proprio ambiente di lavoro. Questo spostamento ha ridotto la loro influenza negativa sui colleghi e ha permesso al resto dei dipendenti di adottare le nuove pratiche con maggiore entusiasmo. 

Un modello di cambiamento basato su cultura e leadership

Come abbiamo visto, il cambiamento culturale è un processo lungo e complesso, che non può essere imposto dall’alto né realizzato attraverso mere dichiarazioni verbali: al contrario, affinché il cambiamento sia efficace, deve essere supportato da azioni concrete, dal coinvolgimento attivo dei dipendenti e da un monitoraggio costante dei progressi.

La cultura aziendale definisce il contesto in cui la leadership può prosperare. Tuttavia, come vedremo nel prossimo articolo, se non esistono le giuste competenze manageriali, qualsiasi tentativo di cambiamento culturale rischia di fallire. Infatti, spesso non è solo la cultura in sé a determinare il successo della leadership, ma la qualità del management che guida l’organizzazione. Quando i manager mancano di competenze chiave come la capacità relazionale e l’empatia, la cultura aziendale ne risente e la leadership non può fiorire come dovrebbe. In altre parole, anche il livello manageriale oltre alla cultura, può favorire o ostacolare la crescita della leadership. Il vero problema spesso risiede nella preparazione manageriale delle persone, che influisce direttamente sulla capacità di influenzare e sostenere la cultura aziendale.

Comprendere il legame tra questi due elementi è essenziale per costruire organizzazioni resilienti e capaci di affrontare il futuro.

Il cambiamento organizzativo di successo richiede quindi un approccio integrato che consideri la cultura aziendale come fondamento, per garantire che le nuove pratiche siano sostenibili nel lungo periodo e che adotti la leadership diffusa, per mobilitare le persone a tutti i livelli. Le aziende che adottano questo modello non solo riescono a implementare il cambiamento in modo efficace, ma creano anche ambienti di lavoro più coinvolgenti, innovativi e resilienti: ma di questo parleremo nel prossimo capitolo.

Checklist di riflessione

Per aiutare il lettore a riflettere sugli argomenti trattati ed applicarli nella propria realtà, abbiamo preparato una lista di domande da considerare. Queste domande potranno fungere da guida nel valutare come implementare al meglio i cambiamenti discussi in questo articolo.

“La cultura aziendale è definita dai peggiori comportamenti accettati dalla direzione”:

  1. Quanto è chiaro a ogni singolo manager come dovrebbe essere la nuova cultura? 
  1. Quali sono i fattori chiave a favore e contro la cultura desiderata? 
  1. Quali cultural hacks si potrebbero adottare? 

“Molti processi di cambiamento falliscono non perché i dipendenti non sono disposti a collaborare, ma perché i manager non vogliono o/e non sono in grado di facilitare e modellare il cambiamento.”

  1. Quanto sono uniti tutti i manager dietro l’immagine target? 
  1. Hanno tutti i manager il potenziale e le competenze per rendere possibile il cambiamento?  
  1. Chi ha bisogno di quale tipo di supporto? 
  1. Qualcuno eventualmente non è adeguato? 

Co-autori

  • Federico Adrodegari – Assistant Professor Vice Direttore Università degli Studi di Brescia 
  • Luca Argenton – Co-founder e CEO Digital Attitude 
  • Lino Codara – Professore Associato in Sociologia dei processi economici e del lavoro Università degli Studi di Brescia 
  • Anna De Carolis – Assistant Professor Politecnico di Milano 
  • Filippo Muzi Falconi – CEO Methodos 
  • Mario Rapaccini – Professore di Innovazione e Imprenditorialità Università degli Studi di Firenze, Co-Founder & Advisor SmartOperations 
  • Riccardo Palumbo 
  • Giovanni Sgalambro – Co-founder e CEO Accompany, Adjunct professor of “Organizing & Leading Change” Unicatt, Co-founder e Past President Assochange 
  • Stefan Wilda – Coach SITC (Swiss Institute for Training and Coaching) e Ernst Christian 

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