Il processo di convergenza tra tecnologie eterogenee e lo sviluppo dell’economia digitale tende a modificare gli assetti del mercato, i modelli di business delle aziende e la struttura stessa del settore e della spesa IT, all’interno del quale si assiste a una dinamica molto intensa di acquisizioni e fusioni tra grandi operatori.
Nei Paesi a bassa crescita della domanda, come l’Italia, tale situazione tende a generare criticità sulle imprese che si trovano a dover competere abbassando costantemente i prezzi e le tariffe dei servizi venduti non avendo, di conseguenza, la capacità di generare risorse sufficienti per effettuare la necessaria diversificazione del loro portafoglio di offerta verso tecnologie e servizi più evoluti.
Queste criticità risultano ulteriormente aggravate nel nostro Paese dalla numerosità delle imprese Ict presenti e dalla loro dimensione più ridotta rispetto a quelle degli altri maggiori Paesi. Una fotografia accurata di questa situazione è stata scattata nel Rapporto Occupazione 2006, predisposto da NetConsulting e dalla Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università degli Studi di Milano Bicocca per conto di Federcomin, AITech-Assinform e Asstel, che è stato presentato recentemente. Nel Rapporto si rileva come il numero totale delle imprese con addetti del settore Ict ammonti in Italia a 100.535 unità e, volendo considerare anche il comparto dei media in un’ottica di convergenza, a 112.600 unità.
Nonostante la numerosità delle imprese attive sia elevata in rapporto alla dimensione del mercato, il settore è stato caratterizzato negli ultimi anni da una dinamica di natalità piuttosto consistente, se paragonata con quella del settore dell’Industria e Servizi, che, tuttavia, si è ridotta nell’ultimo quinquennio ed è risultata negativa, per la prima volta, nel 2005 (-0.3%). Osservando, infatti, gli andamenti di lungo periodo si può notare come il tasso annuo medio di sviluppo delle imprese del settore Ict dal 1991 al 2005 sia stato costantemente superiore a quello del settore Industria e servizi nel suo complesso, e come nell’ultimo quinquennio la crescita sia stata quasi nulla e il divario tra i due settori si sia praticamente annullato. Nel 2005, in particolare, la contrazione è stata registrata nel comparto più importante che risulta essere quello del Software e Servizi con 62.330 imprese, seguito dal Canale Indiretto con 24.839 imprese.
La dimensione media ridotta, i bassi tassi di crescita del mercato e la difficoltà di riposizionarsi nel nuovo assetto che il settore Ict sta assumendo a livello mondiale stanno generando notevoli criticità presso le imprese italiane, e un indicatore preoccupante in tal senso è rappresentato dal fatto che nel 2005 la quota di imprese Ict in situazione di criticità è risultata pari a circa 12.000 unità equivalenti all’11% delle imprese attive totali. Queste dinamiche stanno cominciando a generare effetti negativi sull’occupazione: il numero degli addetti totali del settore Ict e Media ammonta a fine 2004 a 675.000 unità, tra dipendenti e indipendenti contro le 697.000 unità nel 2001. Nel giro di 4 anni, dunque, il settore ha perso complessivamente 22.000 posti di lavoro, concentrati soprattutto nel comparto delle Telecomunicazioni, mentre nel Software e Servizi vi è stato un saldo positivo di circa 10.000 unità (vedi figura).
Addetti per comparto del settore ICT in Italia (2001-2004) – Valori assoluti e variazioni %
Fonte: Federcomin / DIT – Rapporto Occupazione 2006
Gli addetti indipendenti aumentano sensibilmente, passando tra il 2001 e il 2004 da 143.200 a 145.800 unità, principalmente per il contributo del comparto Hardware e Assistenza Tecnica, mentre tra gli addetti dipendenti la componente in calo risulta quella relativa alle grandi imprese Ict che tra il 2001 e il 2004 hanno perso quasi 31.000 unità. Se, tuttavia, si misura la dinamica dell’occupazione utilizzando come parametro quello degli addetti a tempo pieno o Full Time Equivalent (Fte), la riduzione rilevata tra il 2001 e il 2004 è pari al 6.4%, ovvero a 35.000 unità. Volendo completare il quadro dell’occupazione nell’Ict in Italia, occorre considerare, oltre ai 634.000 addetti Fte presso i fornitori, anche i 476.000 addetti Fte che operano presso gli utenti, per un totale di 1.110.000 addetti Fte.
Questo scenario conferma come il settore dell’Ict stia attraversando una fase di riassetto strutturale caratterizzato da un insieme di fenomeni che vanno dalla concentrazione tra operatori, all’ingresso di nuovi grandi operatori provenienti da altri settori, al lancio di tecnologie innovative orientate alla convergenza, al cambiamento delle modalità di vendita di tecnologie da prodotti a servizi, in particolare nel software. Sarebbe, dunque, sbagliato se, a fronte di questi mutamenti strutturali, le imprese Ict italiane attribuissero la causa delle criticità, soltanto agli andamenti poco positivi del mercato e ne dessero una interpretazione di tipo congiunturale, adottando, di conseguenza, contromisure di breve orientate al recupero di produttività ed efficienza. Le sfide che le imprese Ict devono invece fronteggiare sono di natura strutturale e richiedono una forte capacità di riposizionamento in un contesto competitivo e di mercato che si evolve in discontinuità e con logiche nuove rispetto a tutta la storia passata.
Occorre, dunque, cambiare guardando al futuro e alle componenti emergenti del mercato, cogliendone le tante possibili opportunità, sapendo, come ricordava Bertolt Brecht, che la somma dei piccoli cambiamenti non produce un grande cambiamento.