L’industria manifatturiera ha aiutato la crescita economica e consentito il miglioramento degli standard di vita negli ultimi tre secoli nei paesi avanzati e continua ed essere fattore di crescita nelle economie in via di sviluppo. Nonostante l’avanzata impetuosa di paesi come India, Cina e Indonesia, che hanno conquistato posizioni di rilievo fra i primi 15 paesi manifatturieri al mondo, l’Italia continua ad occupare una posizione di rilievo: oscilla fra la sesta e la quarta economia per valore aggiunto prodotto, come evidenzia un recente studio McKinsey Manufacturing, the future: the next era of global growth and innovation. Nella stessa analisi si evidenzia che i fenomeni, accentuatisi nell’ultimo decennio, che vedono affacciarsi sul mercato nuove aree geografiche, sono al tempo stesso una sfida e un’opportunità, visto che porteranno alla ribalta quasi 2 miliardi di nuovi potenziali consumatori evoluti. Per il nostro Paese, come per le maggiori economie avanzate, l’industria continua a rappresentare un insostituibile driver per l’innovazione, l’esportazione e l’incremento della produttività. Mentre si stanno dimostrando illusorie e di breve respiro le scelte di esternalizzare in parte o totalmente le attività produttive che avevano come principale obiettivo la riduzione dei costi.
Negli Usa, per esempio, la tendenza al rientro delle attività manifatturiere è iniziata da qualche tempo. Come prevede un’analisi di Boston Consulting Group, entro il 2015 per molti beni destinati ai consumatori del Nord America sarà più conveniente produrre negli Usa che in Cina.
Secondo lo scenario tracciato da McKinsey avranno però spazio nella nuova era solo le imprese agili e integrate in vaste reti di collaborazione e partnership, capaci di usare le informazioni e le analisi dei dati altrettanto bene di come sanno utilizzare i talenti e le macchine per fornire prodotti e servizi ai diversi mercati globali. Per muoversi in modo agile in questo ambiente, le aziende devono sviluppare nuove metodologie e capacità operative. Nuove modalità di raccolta dati e strumenti di analisi possono servire per valutare le opportunità in nuovi mercati, per gestire meglio le supply chain, portare l’innovazione e distribuire i servizi. Ma per utilizzare tecnologie come i big data e le analytics, le imprese devono costruire nuovi sistemi per la collaborazione cross-funzionale e cross-geografica.
“È in atto un chiaro trend di lungo periodo che ha natura industriale e che negli ultimi decenni ha sempre più interconnesso le realtà produttive e di impresa su modelli operativi e di business comuni: stiamo passando da un mondo sconnesso a uno sempre più interconnesso”, conferma Daniele Rizzo, Cio del Gruppo Autogrill.
Aldo Chiaradia, It Director Gruppo Prada, conferma l’accelerazione dell’ampliamento del perimetro di business, indispensabile per contrastare la crisi cercando sempre nuovi mercati, che impone all’It di garantire il supporto al business in paesi sempre più difficili, visto che i più facili sono già coperti:“La sfida per l’It è fornire in tempi sempre più brevi sistemi compatibili con la legislazione dei singoli paesi, l’integrazione con la legislazione italiana e quelle internazionali per garantire il flusso delle merci, la coerenza fra i listini, l’apertura di casse fiscalmente compatibili con il retail locale…”.
Un’analisi di dettaglio sul ruolo dell’innovazione e delle tecnologie è stata svolta dalla stessa McKinsey.
Pur essendo focalizzato nel settore dei consumer packaged goods, lo studio contiene alcune indicazioni sui trend di contesto di cui i Cio devono tenere conto nello sviluppare le strategie It, valide a nostro parere per la maggior parte dei settori industriali che si rivolgono al mondo consumer. McKinsey, identifica sette aree chiave nelle quali le aziende possono indirizzare un cambiamento del business utilizzando l’It come abilitatore di nuove capacità commerciali e operative: le relazioni dirette con il cliente, i servizi ‘mobile’ e basati sulla localizzazione, l’analisi predittiva, l’ottimizzazione della supply chain, la riduzione dei tempi di passaggio dall’idea al prodotto, la sicurezza e la tracciabilità, la sostenibilità (figura 1).
Di seguito approfondiamo alcune di queste aree.
Relazioni dirette con il cliente
Molte aziende hanno trovato il modo di andare direttamente sul consumatore finale offrendogli servizi e non solo prodotti. Kraft, ad esempio, ha creato un servizio disponibile su web e un’app che consente ai clienti di condividere ricette. Johnson & Johnson’s BabyCenter mette a disposizione una comunità on line dove genitori si scambiano consigli e raccomandazioni sui prodotti. Questi sono solo due esempi, ma fra le aziende analizzate da McKinsey ci sono molteplici modalità di interazione con il cliente finale.
In ogni caso, secondo Rizzo, uno dei ruoli dell’It è “dare supporto al processo di innovazione per aiutare la spinta alla vendita e alla proposta al cliente tramite l’utilizzo delle tecnologie”. L’It di Autogrill sta ad esempio favorendo nuove modalità di relazione con il cliente, sia mettendo a disposizione di chi ha il contatto diretto tutte le tecnologie più avanzate sia promuovendo, in collaborazione con altre funzioni, un programma di seminari interni per favorire la cultura dell’innovazione.
Secondo Gianluca Giovannetti, Cio del Gruppo Amadori, “la creazione di nuove relazioni con il cliente in logica bidirezionale, che vada definitivamente a superare la logica unidirezionale della pubblicità figlia degli anni ’80, è una delle aree in cui, in questa fase, è necessario avere coraggio e avviare il cambiamento”. La diffusione dei social media va sfruttata, a suo parere, non solo al fine dell’affermazione del brand ma soprattutto per prestare attenzione ai segnali e ai messaggi dei clienti, per tradurli in valore e utilizzarli anche in un’ottica di reingegnerizzazione dei processi aziendali.
Servizi mobili e basati sulla localizzazione
L’interazione con il cliente finale può essere amplificata utilizzando la diffusione massiccia di smartphone e tablet con la possibilità di raggiungere il cliente ovunque. Levi Strauss usa per esempio i social media per offerte con specifiche localizzazioni, con risultati molto incoraggianti in termini di interazione diretta a persone che si recano nei punti vendita.
Ma le soluzioni mobile assumono importanza crescente all’interno della stesse aziende produttrici. Un caso classico è quello dei tablet e app forniti ai merchandiser per fare verifiche sul campo nei punti vendita e sugli scaffali facendo confronti con i concorrenti, con l’obiettivo di riorientare le strategie commerciali.
Ancora Giovannetti ci ricorda il vantaggio per la produttività aziendale e per il singolo lavoratore nel potere accedere al patrimonio informativo da qualunque luogo e in qualunque momento: “Dopo un primo esperimento di Byod ben gestito e riuscito, in termini di governanace ed execution, lo stiamo inserendo ora all’interno di un progetto più ampio che, in accordo con l’area Hr, verrà proposto con un’azione di marketing interno”.
Analisi predittiva e disponibilità delle informazioni
Oggi le aziende hanno cominciato a utilizzare sempre più l’analisi predittiva per prendere decisioni. Si rendono infatti conto che il modo in cui le informazioni sono usate nel mondo del business è fondamentalmente cambiato e vedono negli analytics il punto centrale del vantaggio competitivo dei prossimi anni. “Concordo con quanto sostiene Gartner sulla necessità crescente di analisi dei big data – sottolinea Chiaradia – Un’azienda sarà più competitiva e capace di vincere sul mercato rispetto ai suoi competitor sulla base degli algoritmi predittivi che avrà creato al suo interno sfruttando la mole mostruosa di dati a disposizione”
Giovannetti conferma la grande attenzione ai temi della previsione della domanda e, più in generale, il ruolo delle informazioni giuste al posto giusto è sempre più al centro dell’attenzione. “È evidente che prendere decisioni sarà difficile se il nostro sistema non riuscirà a rendere accessibili e disponibili una serie di informazioni alle organizzazioni”, conferma Rizzo, ricordando che l’It di Autogrill sta mettendo a punto la proposta di un nuovo information plan, che ha l’obiettivo di supportare l’azienda a tutti i livelli dell’organizzazione aziendale grazie a nuove disponibilità di informazioni che oggi non possiede. Nel caso di Autogrill l’information plan deve tener conto della riorganizzazione aziendale che consolida le principali divisioni a livello europeo e deve dunque andare a ridefinire il proprio information model.
Ottimizzare la supply chain
Le aziende manifatturiere si stanno sempre più orientando verso supply chain demand-driven per minimizzare le scorte, migliorare la performance del servizio, ridurre la rottura degli stock (i casi in cui non si può soddisfare l’ordine per assenza di merce in magazzino). L’obiettivo è trovare l’equilibrio ottimale fra due rischi: eccesso di merci a magazzino potenzialmente invendute e impossibilità di soddisfare la domanda per carenza di merci. Ma questo approccio richiede di sviluppare nuove modalità capaci di integrare dati di domanda near-real-time con le previsioni tradizionali e lo sviluppo di nuovi sistemi It per facilitare lo scambio di dati con clienti e distributori.
L’ottimizzazione della supply chain è anche uno dei nodi per la riduzione dei costi e il miglioramento del servizio. Nel caso di Amadori, per esempio, un progetto di ingegnerizzazione sulla logistica distributiva, in cui svolge un ruolo rilevante la componente software, ha conseguito risultati positivi, come, per esempio, l’aumento dei punti di consegna raggiunti quotidianamente senza aumentare i costi dei trasporti.
Fai la cosa giusta… con meno
Tornando alle imprese italiane dell’industria e della distribuzione, dobbiamo considerare il tema dei costi il “convitato di pietra”, finora non sufficientemente evidenziato. A differenza di altri paesi produttori, le nostre imprese devono confrontarsi con mercati globali sempre più competitivi avendo alle spalle una domanda interna in contrazione o, in ogni caso, di cui non si prevede la crescita in tempi brevi.
Ma forse, come evidenzia Chiaradia, il punto non è tanto la riduzione della spesa It, quanto un riequilibrio fra componente opex (spesa operativa), generalmente eccessiva, e quella capex (spesa per investimenti). “La prima sfida per l’It è capire dove spendere per fare investimenti che abbiano come beneficio la riduzione dei costi di gestione dell’It stesso”, dice.
“L’It è chiamato a fare la sua parte sia nella nell’ottimizzazione interna sia per favorire i processi di efficienza dell’impresa”, conferma Rizzo. Ciò impone, alla base, la razionalizzazione delle strutture industriali portata all’estremo e una trasformazione finalizzata all’ottimizzazione dei processi di business, per la quale la tecnologia è un abilitatore chiave.
Una risposta di Autogrill è stata la revisione organizzativa che consolida molte funzioni europee di linea, come il marketing, gli acquisti, la logistica che cambia il modello operativo dell’azienda e dei suoi processi.
La possibilità, grazie a tecnologie come cloud, mobile, analytics e social, nonché dei “nuovi” Erp che recepiscono queste tecnologie, di connettere processi precedentemente isolati, non solo offre grandi possibilità di reingegnerizzare e ottimizzare i processi, ma anche di aprire la strada a nuovi processi e modelli di business (si veda in figura 2 l’impatto delle tecnologie sul business).
“È vero che ci sono meno risorse, ma proprio per questo vanno usate per fare le cose giuste”, conclude Giovannetti.