Attualità

Industry 4.0, una rivoluzione che oggi passa dal software

Analizzando gli ultimi dati del MEF sulle dichiarazioni dei redditi delle imprese e incrociandoli con altre ricerche si scopre qual è stato finora l’impatto della digitalizzazione sul sistema produttivo italiano. Un impatto che ha visto crescere la percezione dell’importanza dei beni immateriali, come piattaforme e applicativi, e che adesso, con la rimodulazione al ribasso degli incentivi, potrebbe essere compromesso

Pubblicato il 08 Mag 2023

transizione 4.0 industria 4.0

A partire dal 2023 sono state ridotte le aliquote previste dal piano Transizione 4.0. Nel caso del credito d’imposta per la Formazione 4.0, le agevolazioni sono state addirittura azzerata, mentre per i beni materiali si è passati dal 40% al 20% e per quelli immateriali dal 20% al 10%. Questa scelta governativa, dettata dalla carenza di risorse, non tiene conto però degli effettivi benefici che il mondo produttivo ha ottenuto finora grazie all’accesso facilitato a tecnologie di ultima generazione.

Anche se è difficile stabilire una stretta correlazione tra l’impiego delle tecnologie 4.0 e l’incremento di indicatori quali produttività e fatturato, tuttavia vi sono alcuni segnali che attestano i benefici per le organizzazioni che hanno adottato queste tecnologie. Federmacchine, ad esempio, ha comunicato che nel 2022 il consumo italiano di macchinari, anche grazie ai provvedimenti di incentivo 4.0, è risultato particolarmente vivace, attestandosi a una crescita del 17,9% e raggiungendo il valore di 31.688 milioni di euro.

3,5 miliardi di investimenti agevolati nel 2020

Se si consultano poi i dati messi a disposizione dal ministero dell’Economia e delle Finanze nel febbraio di quest’anno, riferiti alle dichiarazioni dei redditi 2021 con anno d’imposta 2020, si scopre che sono stati 157 mila i soggetti che hanno investito in beni materiali (ex super-ammortamento, perché nel 2020 le agevolazioni super-ammortamento e iper-ammortamento sono state sostituite dal nuovo meccanismo del credito d’imposta), per un ammontare di 771 milioni di euro.

Il credito d’imposta per investimenti in beni materiali 4.0 (ex iper-ammortamento) è stato dichiarato invece da oltre 15.500 soggetti per un ammontare di 1,5 miliardi di euro, mentre quello per investimenti in beni immateriali 4.0 è stato dichiarato da oltre 2.800 soggetti per un ammontare di circa 19,9 milioni di euro.

A questo va aggiunto anche il credito d’imposta per ricerca e sviluppo previsto dalla Legge 160 del 2019 che è stato dichiarato da più di 18.100 soggetti per un ammontare di 1,2 miliardi di euro. Se si sommano tutti questi importi si arriva a circa 3,5 miliardi di investimenti agevolati.

Potrebbe essere considerata una “piccola” cifra a paragone di altri investimenti generati da altri provvedimenti (per il superbonus si parla di 65 miliardi di euro), ma è lo stesso MEF a sottolineare che “gli investimenti possono aver risentito della crisi legata al Covid-19”, aggiungendo che “statistiche preliminari di utilizzo degli incentivi negli anni successivi sembrano indicare un rimbalzo significativo degli investimenti già nel 2021”.

Le tecnologie 4.0 su cui si sono orientate le aziende

L’Osservatorio Transizione Industria 4.0 del Politecnico di Milano ha calcolato che il mercato italiano dell’Industria 4.0 nel 2020 ha raggiunto un ammontare di 4,1 miliardi di euro, con una crescita dell’8% trainata soprattutto dalle tecnologie IT, che rappresentano l’85% della spesa, contro il 15% delle tecnologie OT (Operational Technologies). In particolare, gli investimenti delle imprese manifatturiere si sono concentrati in progetti di connettività e acquisizione di dati (Industrial Internet of Things) per un valore di 2,4 miliardi di euro, e negli Industrial Analytics (685 milioni, pari al 17% del mercato).

Il resto della spesa ha riguardato Cloud Manufacturing, servizi di consulenza e formazione, Advanced Automation, Additive Manufacturing e Advanced Human Machine Interface. L’Osservatorio ha previsto anche un’ulteriore accelerazione della spesa per il 2021, con un tasso compreso tra +12% e +15% tale da far superare i 4,5 miliardi di euro.

Alla luce di questi dati, è interessante notare il ruolo che assume la componente software, contemplata all’interno dei beni immateriali nei provvedimenti agevolativi 4.0, insieme a sistemi, system integration, piattaforme e applicazioni. L’elenco, presente nell’allegato B di Transizione 4.0, che sostanzialmente ha ereditato i criteri dei precedenti piani (Industria 4.0 e Impresa 4.), identifica 20 categorie.

Per citare le prime 4, si va dai software per la progettazione, definizione/qualificazione delle prestazioni e produzione di manufatti a quelli incentrati sulla progettazione e la ri-progettazione dei sistemi produttivi, dalle piattaforme di supporto alle decisioni fino a quelle per la gestione e il coordinamento della produzione.

La crescita di percezione del valore del software 4.0

Un sondaggio condotto l’anno scorso da Kantar per TeamSystem su 339 imprese manifatturiere ha appurato che la percentuale del campione che presenta un livello più alto di digitalizzazione prevede di investire maggiormente su beni strumentali immateriali. La spiegazione deriva dal fatto che le aziende che hanno intrapreso da poco la strada verso la digitalizzazione, anche grazie agli incentivi 4.0, si sono dovute dedicare allo svecchiamento del parco macchine.

Quelle che invece hanno già confidenza con le tecnologie di ultima generazione comprendono quanto software e applicazioni siano essenziali ai fini della digitalizzazione. È sempre una quota rilevante (54%) di queste imprese a ritenere che la digitalizzazione contribuisce a rendere più efficienti i processi produttivi.

In generale, comunque, tutte le realtà che hanno usufruito degli incentivi sono concordi nel riconoscere all’agevolazione una funzione chiave a supporto della loro decisione di investire. Circa la metà degli interpellati, in assenza del concorso statale, non l’avrebbe fatto.

Questa evidenza riporta il focus delle tecnologie 4.0 su una questione ancora aperta. In sostanza, da quando è stato introdotto in Italia il meccanismo di sostegno ai processi di digitalizzazione delle aziende, questo ha favorito un aumento della consapevolezza in chi poteva usufruirne. Lo si ricava dal crescente apprezzamento della parte software, la cui “immaterialità” in passato è stata forse messa in ombra dalla “materialità” di macchinari e hardware. L’auspicio, quindi, è che la rimodulazione al ribasso dei benefici 4.0 non rallenti o, peggio ancora arresti, questo trend indubbiamente positivo.

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