ROMA – L’innovazione della PA “si può fare se si fa squadra e si mettono in rete le imprese, la Pa e le persone di buona volontà come i tremila campioni digitali, volontari che portano avanti iniziative sul territorio per far crescere il digitale in Italia”, ha detto Riccardo Luna, Digital Champion italiano, introducendo il Convegno di apertura del Forum PA 2015 che si è svolto nei giorni scorsi.
Ma per fare di più e più in fretta, trasformando le eccellenze locali in innovazione diffusa, serve anche un spinta dall’alto che risolva ad esempio lo storico nodo degli appalti che, nell’attuale configurazione, porta ritardi senza aumentare la trasparenza. In particolare serve l’accelerazione del percorso del ddl in discussione in parlamento finalizzato a riscrivere e semplificare la normativa sugli appalti pubblici, che disciplini la materia in modo specifico per i servizi.
I primi casi di eccellenza vengono dal paradigma open, innanzitutto per i dati, come testimonia l’esperienza di OpenExpo, il portale che, nella bufera degli scandali sugli appalti, ha consentito di rendere pubbliche tutte le informazioni su spese e stato dei lavori di Expo 2015. “È un esempio di accountability – ha sottolineato Giovanni Menduni, del Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale del Politecnico di Milano, fino a poco tempo fa responsabile innovazione del Comune di Firenze – Nello sviluppo del progetto, più che grandi segreti abbiamo incontrato grande disgregazione delle informazioni. La cultura open data aiuta invece a migliorare i processi interni, non solo a recuperare credibilità”. Con la stessa impostazione sono stati realizzati i portali Soldi pubblici per mettere on line tutte le spese della pubblica amministrazione e Italia sicura per evidenziare le criticità del territorio e indicare cosa sta facendo il Governo per ridurre i rischi.
La Regione Piemonte è da tempo impegnata sul progetto open data che mette a disposizione di imprese e cittadini i dati prodotti dalle Direzioni Regionali, in ottemperanza alle normative sulla riusabilità del dato (assenza di vincoli di privacy ecc.), nei formati standard opportuni. Per permettere ai cittadini una fruibilità dei dati semplificata, inoltre, “è stato deciso di raccontare il territorio per immagini utilizzando proprio gli open data; grazie a un concorso sono state prodotte oltre 100 infografiche e realizzate 24 mappe, disponibili in rete, che raccontano i principali territori piemontesi con la prospettiva di estendere a livello nazionale l’esperienza con un italian visual contest”, ha spiegato di Fabio Malagnino, del Consiglio regionale di Regione Piemonte.
L’impulso all’adozione degli open data è venuto per Matera anche dalla candidatura a Città Europea della Cultura 2019. “Abbiamo creato, grazie agli open data, ambienti per facilitare la collaborazione fra le comunità online locali, l’amministrazione e la società civile, verificando l’interesse dei cittadini non solo per i dati sulla spesa pubblica, ma anche relativi ai beni culturali del territorio”, ha sottolineato Francesco Piero Paolicelli, OpenData Manager del Comune di Matera. Qui è stato anche realizzato il più grande CoderDojo italiano (iniziativa insegnamento del coding ai bambini) che ha coinvolto 4.500 bambini su 6mila in età scolare. “Matera ha inserito nel suo dossier di candidatura una sezione dove ha dichiarato di voler essere esempio per l’Europa nell’apertura digitale. Questa componente ha avuto un ruolo non secondario nella vittoria: l’Europa ha infatti apprezzato la nostra volontà di proporci non solo in nome della cultura classica, ma anche di quella digitale”.
Il rilancio delle vocazioni economiche del territorio grazie al digitale è stata la scommessa del Veneto che ha investito 2 milioni di euro per aprire 20 FabLab (laboratori generalmente attrezzati con stampanti 3D per offrire servizi di digital fabrication) pensati anche come centri di aggregazione e co-progettazione per chi produce cultura digitale. “Abbiamo fatto un’azione di government to business: il digitale favorisce la ripresa del manifatturiero producendo ritorni anche a favore della crescita dei servizi online”, ha detto Gianluigi Cogo, coordinatore dei progetti Agenda Digitale Veneto e responsabile del progetto #pmicloud.
Ma bastano le spinte dal basso e un crescente spirito di cooperazione fra amministrazioni e aziende che molti degli interventi hanno evidenziato per recuperare i ritardi del Paese, in particolare in ambito infrastrutturale?
Un programma di infrastrutture e servizi per la digitalizzazione del Paese
Simone Battiferri, Direttore Divisione Business di Telecom Italia e Presidente Olivetti prevede il 75% di copertura con fibra ottica per il 2017 e oltre il 95% con tecnologia Lte, in anticipo sul piano strategico 2015-2017 dell’azienda, anche se il ritardo del Paese resta. “Siamo indietro rispetto ad altri Paesi, non tanto sull’infrastruttura quanto soprattutto sulla domanda su cui si deve lavorare”, ha sostenuto facendo il confronto con la Francia, dove l’80% dei cittadini usa Internet (contro il 50% degli italiani), il 75% dei quali usa applicazioni e-gov (contro il 30% degli italiani).
Una visione un po’ diversa arriva da Anna Pia Sassano, responsabile Architetture Digitali e Servizi per la Pubblica Amministrazione di Poste Italiane, un buon osservatorio grazie a 13mila uffici e 100mila persone sul territorio, con il 50% dei cittadini italiani che sono clienti e l’altra metà che in qualche modo usufruisce dei servizi. “Da Poste, che rappresenta un microcosmo del Paese, si vede che la digitalizzazione è già arrivata – ha sostenuto – I cittadini sono già digitali: vogliono servizi semplici e subito. Per questo stiamo rivedendo tutti i nostri servizi per renderli più semplici e fruibili”.
Battiferri, da parte sua, ha sottolineato: “La digitalizzazione nel Paese coincide con la diffusione della banda larga. Come Telecom facciamo investimenti ingenti anche per la costruzione di infrastrutture di data center e di piattaforme su scuola, sanità digitale, identità digitale”.
L’identità digitale è uno dei grandi temi all’attenzione. Anche Poste ci sta lavorando, come ha sottolineato Sassano, che ha ricordato che lo Spid (Servizio Pubblico Identità Digitale) rappresenta un modo per il cittadino di essere immediatamente riconosciuto in sicurezza su qualsiasi strumento, in qualsiasi situazione e che gli consentirà di fruire dei servizi anche passando per diverse applicazioni e differenti attori.
Fate presto, le tecnologie e i soldi ci sono
Una delle cause di ritardo additate, quando si debbano portare avanti grandi progetti, è indubbiamente il sistema degli appalti. “Stiamo utilizzando paradigmi produttivi superati: invece delle gare ci vorrebbe un TripAdvisor dei servizi”, è stata la provocazione di Sassano.
“In 18 mesi è stato creato il California cloud che mette a disposizione di tutti (Pa, cittadini, imprese) un’infrastruttura efficiente e sicura senza la necessità di crearne una in proprio”, ha sottolineato Biagio De Marchis, Vice Presidente di Ibm. Inevitabile il confronto con il bando Spc (Sistema pubblico di connettività). “L’abbiamo pensato molto bene, ma da allora sono passati più di 24 mesi”, è la considerazione di De Marchis che ritiene i ritardi l’inevitabile conseguenza di una normativa troppo complessa, nonostante il buon lavoro svolto da Consip. Una delle richieste di Assinform, nell’ambito della revisione del codice degli appalti, per evitare l’eccesso di conflittualità, è che chi fa ricorso si faccia carico anche dei costi per lo Stato.
Per giustificare i ritardi non regge invece l’alibi della mancanza di soldi. “Stiamo mantenendo la promessa fatta nel 2013 di mettere a disposizione 90 miliardi di euro nel triennio – ha sottolineato Andrea Novelli, Direttore Generale di Cassa Depositi e Prestiti – Quando ci sono idee e buoni progetti le risorse arrivano non solo da Cdp, ma anche da altri investitori”. Cdp soccorre le amministrazioni per finanziare gli investimenti con il debito (che è il suo ruolo istituzionale), ma anche rendendo il debito esistente più sostenibile per usare i risparmi in nuovi investimenti e aiutandole ad analizzare e valorizzare il loro patrimonio. Si percepisce complessivamente un certo ottimismo visto che convergono da un lato l’impegno del Governo per la digitalizzazione, con il consolidamento di strumenti come Agid e la concreta attuazione di pilastri importanti come la fatturazione elettronica (che ha prodotto dal 31 marzo 6milioni di fatture digitali verso la Pa), dall’altro un movimento dal basso delle aziende, delle associazioni e dei cittadini. Ma il tempo stringe.