Restano sempre attuali i temi trattati nel convegno “Internazionalizzare l’impresa attraverso Internet”, organizzato lo scorso anno a Torino (organizzato da Intermedia e dalla società di consulenza Amleto e patrocinato da Regione Piemonte, Unioncamere e dalle associazioni piemontesi degli industriali Ict) che ha indicato in Internet uno strumento capace, da un lato, di contribuire a ridurre i costi, dall’altro di acquisire attraverso il Web informazioni sui mercati e di avviare o ottimizzare le supply chain delle imprese internazionali. Diverse sono le proposte avanzate dalle Amministrazioni Pubbliche e dai privati: la Regione Piemonte propone un rilancio dell’export delle 400 mila aziende presenti nel suo territorio, di cui 385 mila hanno meno di dieci dipendenti e solo 15 mila hanno rapporti stabili con l’estero. La questione che la Regione solleva è se sia il caso di perseguire l’approccio naif che fu della New Economy, e che consisteva nel decidere intuitivamente un atteggiamento da tenere nei riguardi di Internet, oppure se la strategia d’innovazione non possa evolvere, se non in forma sistematica improntata a un oculato calcolo di rischi e opportunità, per lo meno verso decisioni pragmatiche e strettamente basate su dati aggiornati.
Il convegno torinese è stato anche occasione per presentare il libro “La Nuova Internazionalizzazione d’Impresa”, scritto da Ivano Serre per Augusta Edizioni, che mira proprio a supportare i manager su temi quali la specializzazione e la qualità dell’internazionalizzazione mediata dalle nuove tecnologie. Il libro presenta aspetti d’innovazione spinta, volta a promuovere, fra l’altro, l’e-commerce dell’auto in nome dell’interattività e della convenienza, raggiungibili tramite Internet. D’altro canto, costituisce un utile compendio delle nozioni fondamentali per gestire il cambiamento dovuto all’esigenza sempre più sentita dalle Pmi di realizzare effettivamente un’internazionalizzazione sistematica.
La voce degli industriali ICT piemontesi
Secondo Alberto Vanara, che ha rappresentato a Torino la posizione degli industriali informatici, Internet potrebbe essere una via d’uscita ai problemi regionali, qualora fossero potenziate le collaborazioni “d’eccellenza” fra Università, Politecnico, Associazioni Industriali e banche del territorio. In particolare, Vanara ha sostenuto l’importanza di iniziative quali “Torino Wireless” e delle partnership con aziende europee volte allo scambio d’informazioni sulle opportunità di business e sulla distribuzione di prodotti avviate in Piemonte in varie occasioni: tutte le attività che, dal 1996 in poi, hanno visto le 150 aziende Ict piemontesi promuovere sia la localizzazione di piccole unità di servizi all’estero sulla scia della presenza delle realtà maggiori del settore automotive, sia iniziative nella verticalizzazione di Erp per il settore turistico regionale.
Nelle speranze di Vanara, che ravvisa una carenza di comunicazione fra le iniziative pubbliche di supporto all’internazionalizzazione e il mondo privato della produzione Ict, è possibile che il Piemonte sviluppi tecnologie di nicchia per il turismo, in vista di un’internazionalizzazione meno preoccupata del quotidiano e più capace di eccellere nelle soluzioni per la sicurezza, nella firma digitale e nella crittografia, tutti campi in cui le Pmi incontrano oggi difficoltà, ma che potrebbero costituire in futuro modelli per un’internazionalizzazione italiana a maggiore profilo hi-tech.
Per quanto riguarda il problema della reciproca conoscenza fra pubblico e privato, sembra interessante l’istituzione dello sportello Sprint, www.intersportello-piemonte.it, realizzato dall’Istituto per il Commercio Estero, Regione Piemonte, Unioncamere, Finpiemonte, Sace e Simest, con l’adesione di San Paolo Imi e della Confindustria regionale. La missione di Sprint è reperire le informazioni corrette e di assistere le imprese nei progetti d’internazionalizzazione anche suggerendo nuovi strumenti per realizzare investimenti produttivi.
Superare le barriere nazionali
Grande enfasi è stata attribuita nel corso del convegno torinese “Internazionalizzare l’impresa attraverso Internet” agli aspetti giuridici e fiscali dell’e-business. Con casistiche relative all’Unione Europea e a particolari aree quali Italia, Stati Uniti, Germania e Quebec, emerge un quadro normativo che tende a considerare l’e-business una versione del commercio a distanza leggermente aggiornata alle istanze della modernità. A livello europeo, si constata una certa semplificazione delle pratiche. Al di sotto dei 75mila euro di fatturato su singolo Paese, il venditore deve semplicemente trasmettere agli uffici doganali il modello “Intrastat” senza dover affrontare particolari trafile; in caso di un fatturato superiore, si passa alle aliquote Iva dello Stato target. Per libri e file di musica, un progetto di legge mira all’abbassamento delle aliquote italiane al 10% anziché al 20, ma per ora non se n’è fatto nulla anche perché si tratta di beni diversi, dato che un libro può ricadere nel commercio indiretto qualora recapitato fisicamente all’acquirente mentre il file musicale è, di norma, scaricato dalla Rete. Le cose si complicano se il prodotto è venduto negli Usa, a causa di norme “protezionistiche” che prevedono un’aliquota Iva unica al 20% e l’adempimento di alcuni obblighi identificativi a carico dell’e-commerciante. Fuori dell’ambito tributario, il convegno di Torino ha richiamato l’attenzione sull’esigenza di una strategia proattiva che incorpori nell’operato degli attori dell’e-business un’attenzione alle soluzioni tecnologiche più idonee ad adempiere a quell’insieme di norme che, in vario modo, tendono a imporre regole di etichettatura, di tutela dei soggetti deboli, di precauzioni di varia natura e per la definizione dei contratti di acquisto anche molto divergenti da Stato a Stato.