La ricerca, giunta alla quarta edizione, rapporta 66 nazioni tramite una serie di indicatori a riflettere le aree critiche, giudicate fondamentali perché un settore IT sia fortemente innovativo: l’ambiente economico complessivo, l’infrastruttura IT disponibile, il capitale umano, l’avanzamento della ricerca e sviluppo, il sistema giudiziario e gli incentivi offerti dal settore pubblico allo sviluppo industriale nel Paese in questione.
Al vertice di quest’edizione 2011 si trovano ancora una volta gli Stati Uniti, seguiti da Finlandia, Singapore, Svezia e Regno Unito. Il nostro Paese guadagna una posizione nella classifica globale, grazie a migliori valutazioni sull’ambiente economico (parametro valutato 74,7 su una scala espressa a percentuali), sulla ricerca e sviluppo (25,4%) e sul sistema legale (valutazione 80%).
Lo studio di quest’anno rivela che le nazioni tradizionalmente forti nell’IT mantengono le rispettive posizioni di leadership; in parte anche perché “vantaggio genera vantaggio”: con anni di investimenti esse hanno costruito solide basi per l’innovazione e ora continuano a raccoglierne i frutti. Ma il campo della competizione globale si fa più affollato: nuovi contendenti, specie nelle economie in via di sviluppo, si stanno impegnando a fondo per raggiungere gli standard fissati dai capofila.
“Lo studio IT Industry Competitiveness Index dimostra al di là d’ogni dubbio che investire sulle fondamenta dell’innovazione tecnologica nel ungo termine paga, e molto bene” , commenta Matteo Mille, Presidente di Bsa Italia. “Risulta inoltre chiaro che nessuna nazione detiene a priori il monopolio della tecnologia all’avanguardia: ci sono formule che hanno dimostrato la propria efficacia, e chiunque è libero di avvalersene nella sfida per il successo. Per questo affermiamo che la tendenza, per quanto attiene la competizione nell’IT, è verso un mondo pluricentrico”.
“L’Italia, abbiamo visto, gode di buone valutazioni sul proprio sistema economico e legale, e sta lentamente migliorando nell’investimento in ricerca e sviluppo, anche se grazie all’investimento delle imprese private”, prosegue Mille. “Il nostro Paese riceve 50 su 100 sulle infrastrutture IT, 47% sul capitale umano e 63,2%sui supporti pubblici allo sviluppo industriale, su cui sarà opportuno concentrare gli sforzi nei prossimi anni. Come dimostra l’esperienza internazionale, l’impegno sarà ben remunerato. Nel momento in cui l’economia globale inizia la ripresa, è più importante che mai che i governi assumano visioni a lungo raggio dello sviluppo industriale”, conclude Mille. “I decisori politici ed aziendali non possono permettersi di guardare a questo problema su basi annuali, o rischieranno l’arretramento complessivo delle nazioni che rappresentano. Occorre prendere in considerazione un arco di sette-nove anni circa, e investire di conseguenza, al fine di ottenere vantaggi sostanziali in termini di competitività nell’ IT”.
Per approfondimenti, l’IT Industry Competitiveness Index completo può essere scaricato a questo link, insieme alle tabelle interattive dei posizionamenti Paese per Paese, dettagliati profili nazionali, case study di settore e video interviste con esperti di informatica.